Abraham Lincoln's iPod would have needed a lot of memory to accommodate his eclectic tastes.

#1 Comandamento: ascoltare!

Una ( o forse di più?) lezione da Abramo Lincoln, Mixed d'Eccezione!

 

La demagogia è la capacità di vestire le idee minori con parole maggiori.

 

Conobbi Abraham Lincoln Abramo Lincoln, che si voglia, negli anni delle elementari frequentate presso la scuola Americana in Nigeria, e fu amore a prima vista! L’attrazione fu talmente forte da spingermi ad ingurgitare tutto ciò che riuscivo a trovare su di lui ed a stressare mamma (grande lettrice ed appassionata di storia americana) a raccontarmi tutto ciò che sapeva su di lui.

 

Ciò che mi colpiva in lui, evidentemente, era il grande carisma che trapelava dalle sue capacità decisionali: ho sempre, ed ho tutt’ora, un grande feeling con le personalità forti, fluide nel loro intersecarsi in qualsiasi realtà, ma decisamente autorevoli nelle loro prese di posizione e che non temono di fare due passi indietro se necessario.

 

Nel tempo, crescendo, ho imparato a conoscerlo meglio ed a confrontarmi con altre sue peculiarità che poi, hanno fatto di lui un grande uomo, un grande leader e un grande Mentore. Devo dire che, insieme a Warren Buffet e a Napoleon Hill (che poi hanno trito e ritrito i grandi classici e filosofi greci), mi hanno  tirato fuori dagli impicci una miriade di volte.

 

 

Per tante buone ragioni, Abraham Lincoln, è considerato uno dei più grandi Presidenti nella storia degli Stati Uniti d’America: un esempio, un modello di leadership che dimostra tratti e caratteristiche essenziali per i dirigenti e i leader aziendali di oggi. E non è solo l’esempio incoraggiante di un leader assertivo, ma è soprattutto un essere umano di qualità, che merita di essere studiato.

 

 

Ciò che però mi ha fatto trascorrere notti insonni è un quesito apparentemente banale e cioè cosa ha innescato in lui la vocazione nel voler abolire la schiavitù e la tratta disumana degli esseri umani, diversi dal bianco, cosiddetto caucasico?

 

Il mio Amico/Mentore Lincoln nasce nel Febbraio del 1809, in una capanna di tronchi, in mezzo ai boschi nei pressi di Hodgenville, nel Kentucky, e crebbe in quello che allora si chiamava West. Nacque, pare, da una madre, Nancy Hanks, di origini Etiopi e per questo parecchi storici ritengono fosse un Melungeon, cioè una persona bi o tri-razziale, di origine europea, afroamericana e nativa americana. Lui stesso, in uno scritto del 1859, si definì come “nero” o “dalla carnagione scura”, senza però dare un senso o un riferimento ancestrale ai termini usati. Di certo si sa che aveva la pelle molto scura e capelli ruvidi e che le sue sembianze aveva  alimentato così tante polemiche che Lincoln venne soprannominato “Abraham Africanus il primo” dai suoi avversari e furono disegnate delle vignette che lo raffiguravano come un nero. Per di più si vociferava che suo padre, Thomas Lincoln I, non potesse essere suo padre perché era sterile fin dall’infanzia, a causa delle conseguenze di una malattia che obbligarono i medici a castrarlo.

 

Era un uomo temprato dal duro lavoro nei campi e da molte privazioni, ma fu, in gran parte, un autodidatta. La sua istruzione formale, da parte di diversi insegnanti itineranti, fu intermittente e rimase molto incompleta, anche perché la sua durata totale avrebbe potuto corrispondere sì e no a quella di un singolo anno scolastico normale; tuttavia rimase sempre un avido lettore e mantenne un interesse permanente per l’apprendimento. La famiglia, i vicini di casa e i compagni di scuola della prima giovinezza ricordavano che Abraham leggeva e rileggeva moltissimo i classici come le favole di Esopo, la Bibbia, Robinson Crusoe e l’autobiografia di Benjamin Franklin. Riuscì comunque a diventare un avvocato e poi il 16º Presidente degli Stati Uniti d’America, il primo ad appartenere al Partito Repubblicano. ll suo volto è stato scolpito nella roccia del Monte Rushmore, insieme agli altri tre presidenti statunitensi, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt e George Washington. Per la sua attività di guardiano del bestiame si imbarca frequentemente su navi-merci verso New Orleans, dove viene colpito e scosso dalle condizioni degli schiavi. Fu, quindi, il presidente che pose fine alla schiavitù, prima con la Proclamazione dell’Emancipazione (1863), che liberò gli schiavi negli Stati dell’Unione, e poi con la ratifica del Tredicesimo Emendamento della Costituzione Americana, con il quale nel 1865 la schiavitù venne abolita in tutti gli Stati Uniti. A Lincoln è riconosciuto il merito di aver allo stesso tempo preservato l’unità federale della nazione, sconfiggendo gli Stati Confederati d’America (favorevoli al mantenimento della schiavitù) nella Guerra di secessione americana.

 

 

L’autorevolezza di Lincoln è stata rafforzata dalla sua abilità di oratore, e il Discorso di Gettysburg, il più significativo e famoso da lui pronunciato, è considerato una delle pietre miliari dell’unità e dei valori della nazione americana. Alcuni sostenitori dei “diritti degli Stati” (in particolare coloro che guardavano con favore alle posizioni dei Confederati), hanno considerato Lincoln un autoritario, che sospese le libertà civili e la segretezza della votazione, fece giustiziare i dimostranti contrari alla guerra, e soppresse il diritto di secessione, per il quale lo stesso Lincoln aveva discusso nel 1848. Altri critici enfatizzano il credo di Lincoln nella supremazia bianca (si veda il Dibattito Lincoln-Douglas del 1858) e l’iniziale appoggio alla schiavitù.

 

 

In realtà, Abraham Lincoln guidò il Paese durante uno dei periodi più significativi della storia degli Stati Uniti: la Guerra Civile. La schiavitù era al centro del conflitto. Tra il 1500 e il 1820 circa dodici milioni e mezzo di persone arrivarono nella terra appena scoperta delle Americhe. Solo due milioni e mezzo erano europei. Quasi dieci milioni sono stati gli schiavi rapiti principalmente dall’Africa. Una parte significativa dell’economia in crescita nel periodo tra il 1500 e il 1920 dipendeva dal lavoro agricolo su larga scala fornito dagli schiavi. Durante le elezioni presidenziali del 1860 il Partito Repubblicano, guidato da Abraham Lincoln, sostenne la messa al bando della schiavitù negli Stati Uniti. Il divieto è stato percepito come un’aggressione anticostituzionale dagli stati del sud che dipendevano molto dal lavoro forzato. Quando il Partito Repubblicano si assicurò la maggioranza dei voti elettorali e Lincoln fu eletto primo presidente repubblicano nel 1861, sette stati con economie basate sull’agricoltura formarono la Confederazione e si separarono dall’Unione. Lincoln si impegnò ad andare in guerra per proteggere l’unione federale nel 1861. Ne seguì la guerra civile tra gli stati confederati e dell’Unione. Molti percepivano Lincoln come un leader moderato, riflessivo e pacato che guidava in modo deciso, ma con una mano morbida.

 

 

Il valore fondamentale della cultura americana è l’individualismo, la prospettiva che sottolinea l’indipendenza, l’autosufficienza e la libertà individuali. Si può costruire un argomento per ciascuna delle parti della guerra civile per applicare questa affermazione. Gli stati confederati hanno difeso la loro indipendenza, autosufficienza e libertà individuale di usare la schiavitù a sostegno della loro economia primaria. L’Unione ha difeso i diritti fondamentali degli schiavi ad essere indipendenti, autosufficienti e liberi. Lincoln era fermo nella sua convinzione, ma affrontò le barriere create dalle conseguenze sociali ed economiche dell’abolizione della schiavitù negli stati confederati. L’ascolto efficace dipende spesso da ciò che accade nella testa e nel cuore di chi comunica, piuttosto che da ciò che avviene all’esterno. Lincoln aveva bisogno di capire cosa stava succedendo nella testa e nel cuore di tutte le parti coinvolte al fine di creare un ambiente di ascolto di gruppo che potesse abbattere le barriere al processo decisionale.

 

Abramo Lincoln è un appassionato spettatore di opere teatrali e ama in particolar modo Shakespeare; è facile vederlo presenziare nei teatri. In una di queste rappresentazioni, un attore molto noto all’epoca e amico del direttore dei Servizi Segreti Confederati, punta l’indice in direzione del Presidente e lo minaccia in modo silente. Lincoln, alla fine dello spettacolo vuole incontrarlo ma l’attore si nega.

 

Si tratta di John Wilkes Booth, un sudista contrario al suffragio per gli ex-schiavi, che invece Lincoln voleva garantire con una legge specifica.

 

In molte occasioni i due incrociano gli sguardi ma, il 15 aprile 1865, al grido di Sic semper tirannis (Così debbono finire sempre i tiranni), l’attore uccide il Presidente e fugge, probabilmente poco ostacolato dalla sorveglianza. Le parole pronunciate dall’omicida fanno riferimento a quelle di Bruto quando pugnalò Cesare e sembra che Booth stesso, nell’affermare di averlo fatto per vendicare il popolo del Sud, ebbe a dire una volta catturato: “Mentre tutti si scagliano contro di me, sono qui in preda alla disperazione. E perché? Per aver fatto ciò che Bruto si onorò di aver fatto. E solo perché ho colpito a morte un tiranno vengo considerato alla stregua di un volgare tagliagole“.

 

Evita la fama, se vuoi vivere in pace(Abramo Lincoln)

 

 

 

Quali sono le lezioni imparate da Lincoln e come possiamo applicarle?

 

 

Come la maggior parte dei leader, Lincoln ha affrontato punti di vista e personalità contrastanti, eppure è conosciuto come un uomo che ha saputo ascoltare e prestare attenzione alle persone. Le persone erano libere di opporsi al suo punto di vista senza timore di ritorsioni. Naturalmente, ascoltare non era sempre un’indicazione dell’accordo di Lincoln. Ascoltava semplicemente le idee in contrasto, elaborava ciò che aveva sentito e poi prendeva rispettosamente la sua decisione finale. Anche i leaders di oggi possono modellare il loro comportamento in modo simile, favorendo un dialogo aperto consentendo agli altri di offrire idee e suggerimenti. Leggendo molto su di lui e guardando il film sulla sua vita, sono riuscita a identificare alcuni comportamenti che il Leader Lincoln ha avuto la capacità di utilizzare nel suo ruolo. Questi comportamenti vanno tenuti in considerazione perché da lui utilizzati sempre in un contesto infelice e ad alto rischio. Come dicevo più in su, Lincoln si è trovato nel ruolo di Leader in una pagina degli USA costellata dalla guerra civile.

 

 

Ha dimostrato un’innata capacità di guidare, mettendo da parte il suo ego in funzione delle emozioni e dei bisogni di coloro che lo seguivano, soprattutto in situazioni di grande tensione. C’è un aneddoto che è un fulgido esempio della sua straordinaria attitudine alla leadership.

 

 

Era il 1863 e nei primi giorni di luglio, si stava combattendo la Battaglia di Gettysburg, una delle più celebri della guerra di secessione americana. Dopo alcuni sanguinosi scontri, l’esercito dell’Unione, guidato dal generale Meade, aveva preso il sopravvento sull’armata dei Confederati del generale Lee. E così, questi ultimi battevano in ritirata, ripiegando verso la Virginia, in assetto difensivo. Ma arrivati sulle rive del Potomac, i Confederati rimasero intrappolati. A causa delle forti piogge, le acque erano in piena ed era impossibile attraversare il fiume. Così Lincoln, fiutando una grande occasione, diede ordine al suo generale di attaccare immediatamente il nemico, senza che fosse convocato il consiglio di guerra.

Ma Meade esitò. Decise di convocare comunque il consiglio e nel frattempo le condizioni climatiche migliorarono. A quel punto, Lee riuscì ad attraversare il Potomac e a mettere in salvo le sue truppe.
L’Unione, invece, perse la grande occasione di sferrare l’attacco che, molto probabilmente, avrebbe messo fine per sempre alla guerra civile.

 

Lincoln era furioso.

 

Il generale Meade gli aveva telegrafato le sue scuse per l’errore tattico commesso, ma non bastava.

Il Presidente, allora, dopo aver sbollito la rabbia, ma ancora fortemente contrariato, decise di scrivere una lettera al suo generale. Un messaggio dignitoso, come nel suo stile, ma intriso di una profonda e misurata severità.

 

Quale fu, secondo voi, la reazione di Meade, una volta ricevuta la lettera?

 

Nessuno può saperlo.

 

Perché non la ricevette mai.

 

Fu ritrovata nei documenti personali del Presidente, dopo la sua morte.

Ma perché Lincoln scelse di non inviarla? Aveva tutte le ragioni per farlo.

Eppure, da vero leader quale era, capì che con quelle parole, avrebbe certamente soddisfatto e messo a tacere il senso di frustrazione e il risentimento che erano dentro di lui.

Ma allo stesso tempo, si rese conto che avrebbe creato una situazione di tensione, facendo perdere sicurezza e fiducia alle truppe in uno dei suoi uomini più valorosi.

Era riuscito a mettere da parte il suo ego e ad entrare in completa empatia con l’uomo che gli aveva recato un grandissimo danno, contravvenendo ad una sua disposizione.

 

Meade era già a conoscenza del suo errore, queste parole di critica, seppur assolutamente giustificate, avrebbero potuto soltanto sortire un effetto di pressione e delegittimazione e avrebbero fatto crollare l’influenza di Lincoln nei suoi confronti.

E a lungo termine, il Presidente ebbe ragione.

Due anni più tardi, infatti, l’esercito dell’Unione vinse la guerra e il valoroso generale Meade torno nella sua Philadelphia, dove visse fino al 1872, anno della sua morte.

 

La chiara dimostrazione che:

 

Se un uomo è deciso a dare il massimo di se stesso, non ha tempo da perdere in liti personali e non può permettersi le eventuali conseguenze, come perdere la calma e l’autocontrollo. É meglio cedere il passo ad un cane piuttosto che essere morsicato per una questione di principio. Anche se lo si ammazzasse, nessuno riuscirebbe a togliere il morso.

 

 

La lezione #1: Ascoltare gli altri e poi decidere

 

C’è un bel spunto cinematografico, che ha aggiunto sale e sostanza alla figura di questo uomo. Si tratta del film “Lincoln” del 2012, diretto da Steven Spielberg. E’ un film incredibile (come è la sua storia) ed ha orientato il mio focus su alcuni comportamenti che sono l’esempio pratico di un Leader veramente influente.

 

Nella scena di apertura del film Lincoln di Spielberg, pioggia e nebbia inghiottono un accampamento dell’esercito dell’Unione e Lincoln è seduto su una panchina che parla con due soldati neri. Il presidente inizia la conversazione con un semplice:

 

– “Come ti chiami, soldato?”

 

I soldati rispondono e conducono in una conversazione che discute la disuguaglianza all’interno dell’esercito dell’Unione. Il secondo intervento di Lincoln nella discussione è:

 

–  “Da quanto tempo sei un soldato?”

 

Ascolta con attenzione e parla soprattutto per fare domande. La scena ritrae un lato di Lincoln disposto a trascorrere del tempo prezioso in quella che sembra essere una conversazione diretta, banale e senza complicazioni. Rappresenta un uomo che è in grado di parlare e sfruttare l’opportunità di predicare e motivare le truppe con il suo messaggio, ma sceglie di porre domande semplici e ascoltare. Sembra rilassato, senza fretta e con il tempo di ascoltare. Un momento cruciale per essere un ascoltatore efficace è quando un’altra persona sta discutendo con te un problema di cui si sente fortemente. Lincoln avrebbe potuto passare del tempo a raccontare ai soldati l’importanza dei principi per cui stavano combattendo. Avrebbe potuto ripetere alcune delle sue parole dal discorso di Gettysburg sottolineando l’importanza della libertà e dell’uguaglianza. Invece, ha scelto di ascoltare fornendo agli uomini i riflettori della conversazione e il messaggio non detto che erano abbastanza significativi da essere ascoltati, con pazienza, dal loro comandante in capo.

 

La conversazione di Lincoln con i soldati fornisce anche un assaggio delle complesse dinamiche e dell’ambiguità che Lincoln ha affrontato. La maggior parte delle decisioni implica scelte tra due o più opzioni plausibili, possibili e meritevoli. Almeno questo è il caso per le persone che hanno rifiutato l’illecito. La domanda è: qual è la scelta migliore? Lincoln non stava affrontando domande o risposte ben definite. Raramente era una scelta semplice tra due valide opzioni. I due soldati che combattevano per l’uguaglianza, infatti, stavano soffrendo la disuguaglianza all’interno del loro esercito.

 

– “La seconda fanteria di colore del Kansas ha ucciso un migliaio di soldati ribelli, signore. Sono stati molto coraggiosi. E guadagnando tre dollari in meno ogni mese rispetto ai soldati bianchi” ha detto un soldato e Lincoln ha risposto:

 

– “Ne sono consapevole”,  solo dopo una breve pausa. Lincoln non si sentiva obbligato a giustificare o spiegare perché esisteva la discrepanza. Ha semplicemente riconosciuto la situazione ed ha espresso la sua empatia attraverso le sue poche parole. La sua convinzione sul tema della schiavitù e dell’uguaglianza era forte, ma ha riconosciuto le sfide e i passi necessari per raggiungere il suo obiettivo finale.

 

Lincoln è stato abbastanza paziente da trasmettere il messaggio non detto e abbastanza forte da capire che non tutte le domande richiedono una risposta giustificata dettagliata. Ascoltare e riconoscere a volte può essere la risposta più forte.

 

 

 

 

 

In un’altra scena del film, Abraham Lincoln e il suo gabinetto stanno discutendo la possibilità di attaccare Fort Wilmington, un modo per prendere Richmond e finire inevitabilmente la guerra. Come Leader di quella squadra politica, Lincoln si sedette e ascoltò con molta attenzione, mentre i suoi colleghi, membri del gabinetto, esprimevano le loro opinioni sul futuro della guerra. Ogni persona nella stanza era certamente qualificata per far parte di quella conversazione. Alla fine, Lincoln parlò restringendo e orientando i loro ampi punti di vista e di opinioni, verso una visione ottimizzata e prevedibile. Un punto di vista diretto, che fosse in linea con i suoi obiettivi personali. Che si trattasse del suo gabinetto, dei direttori delle campagne, dei familiari, dei soldati dell’Unione, dell’assistenza o dei colleghi politici, Lincoln ha sempre tenuto molto aperto l’orecchio, per poi orientare gli altri. Per condurre quelle persone con successo, ha dovuto ascoltare attentamente le opinioni degli altri. Ma non ha mai lasciato che qualcun altro prendesse le sue decisioni per lui. Sebbene a volte le voci degli altri potessero essere molto rumorose e molto persuasive, alla fine ha preso le decisioni di sua spontanea volontà. Lui decideva e se ne assumeva la responsabilità.

 

 

Lincoln era, dunque, un grande ascoltatore. Un leader non deve solo avere l’abilità di condividere le proprie idee, ma di coltivare le idee degli altri. Questo spesso include la qualità dell’empatia. Lincoln ha avuto il tempo di coltivare relazioni personali con i suoi subordinati in modo da poter imparare da loro. Ha mostrato loro rispetto anche quando le loro opinioni differivano e ha chiarito che apprezzava le loro opinioni. L’enfasi di Lincoln nel sollecitare le idee degli altri e la sua preoccupazione per loro è illustrata bene in una storia che Paul Johnson registra nel suo libro Heroes.

 

Dopo la caduta di Richmond, la capitale confederata, e lo stesso giorno in cui Robert E. Lee si arrese finalmente, Lincoln andò dal suo segretario di stato, con il quale spesso non era d’accordo e che non gli piaceva particolarmente. Seward era riuscito in qualche modo a rompersi sia il braccio che la mascella. Lincoln lo trovò non solo costretto a letto, ma incapace di muovere la testa. Senza un attimo di esitazione, il presidente si distese per tutta la lunghezza sul letto e, appoggiandosi sul gomito, avvicinò il viso a quello di Seward, e tennero una conversazione urgente e sussurrata sui prossimi passi che l’amministrazione avrebbe dovuto compiere. Poi Lincoln parlò a bassa voce con l’uomo agonizzante finché non si addormentò. Lincoln avrebbe potuto facilmente usare la scusa dell’incapacità di Seward per evitare del tutto di consultarlo. Ma non era quello il suo modo. Invariabilmente faceva la cosa giusta, per quanto facilmente si sarebbe potuta evitare. Di quanti altri grandi uomini si potrebbe dire questo?

 

Lincoln aveva trovato il tempo e attenzione per le persone.

 

 

Lezione #2: Lincoln era un grande comunicatore. Usava la narrazione per emozionare.

 

Lincoln era un comunicatore che ha intrecciato ad arte la sua visione per un’America libera con le priorità dei suoi connazionali. Spesso è difficile prendere decisioni esecutive che siano le migliori per il successo a lungo termine quando sono in conflitto con interessi a breve termine. Lincoln era un oratore del popolo. In altre parole, ha semplificato la sua visione e l’ha presentata in un modo che trasmettesse la sua comprensione delle persone e supportasse il suo scopo più ampio.

 

 

Una comunicazione efficace è quella che parla ad ogni livello della nostra consapevolezza: a partire dal livello razionale fino a quello emozionale. Il famoso discorso Getty Address, che durò solo due minuti, fu MOLTO efficace. Questo perché Lincoln seppe parlare a tutti i livelli in modo chiaro, preciso ed essenziale. Non lo si può fraintendere, perché le sue parole sono selezionate proprio per lo scopo che esse hanno all’interno del periodo. Non ci sono fronzoli, avverbi inutili, figure retoriche fuori luogo. La sua grande capacità di comunicare stava nel fatto che veniva identificato come il tipico americano del suo tempo, che accompagnava una certa semplicità di fondo con l’autenticità delle sue azioni, delle sue parole, delle sue condotte. Quindi, anche un uomo di grande moralità.

 

 

Nei momenti cruciali in cui oppositori o opposte fazioni sono, tra loro, in disaccordo su una serie di argomenti, piuttosto che affermare semplicemente la sua posizione, il Leader Lincoln, usa la narrazione. Le storie che raccontava andavano da un racconto sul dipinto di George Washington, che veniva appeso in una dependance ad un argomento non correlato, agli Assiomi di Euclide. Utilizzava una vasta e molteplice serie di aneddoti o esempi. L’utilizzo di storie come tecnica di influenza, all’interno di qualsiasi gruppo o organizzazione, è un fattore determinante. Offre la possibilità, a chi ascolta, di connettersi e relazionarsi personalmente con le informazioni. Inoltre, il punto di vista è trasferito al proprio interlocutore con una modalità che non è conflittuale, ma ironica e personalizzata. Di solito, quando tentiamo di influenzare gli altri entrando in sintonia con l’argomento che stiamo proponendo, il rischio è di diventare e usare toni troppo seri. Il Presidente Lincoln aveva capito che, in un ambiente conflittuale e tremendamente serio, un simile atteggiamento non avrebbe provocato alcun cambiamento positivo. Le sue storie arrivavano sempre con un finale definitivo, collegando la decisione a una situazione molto analoga che si era già verificata. Per non parlare del fatto che, suscitare risate da parte dei tuoi pari, rafforza il loro consenso. È molto difficile essere efficaci se si perde il favore della propria rete di follower.

 

 

Come sfruttare queste caratteristiche communicative nella pratica:

 

Una comunicazione efficace, come quella di Lincoln, è caratterizzata da:

 

Un Linguaggio che invita alla partecipazione. Le tre parole più potenti che un leader può pronunciare sono: “tu” e “noi”. Queste parole connettono, portando gli altri all’ovile e coinvolgendoli nel tuo messaggio.

 

Passione per la materia. Quando parli, sei svogliato, disimpegnato o addirittura noioso? Se ti manca la passione e l’entusiasmo per il tuo messaggio, il tuo pubblico se ne accorgerà. Scava a fondo e lasciati appassionare dal messaggio che vuoi trasmettere in modo che gli altri possano percepire e adottare quell’energia.

 

Ascolta il macro e il micro messaggio. Nella comunicazione, spesso c’è un messaggio oltre il messaggio. Ad esempio, “Come stai?” è una domanda comune a cui la maggior parte risponde: “Sto bene”. Tuttavia, di solito c’è di più, quindi i leader devono ascoltare non solo le parole, ma anche il tono, il tono e la consegna complessiva delle parole per ottenere il vero messaggio.

 

Crea uno spazio per un dialogo aperto. Invitare gli altri a esprimere le proprie idee e opinioni, anche se possono differire dalle tue, favorisce un ascolto migliore. Fallo ponendo domande aperte, “Hai qualcosa di specifico in mente?” o “Dimmi di più sui tuoi pensieri su questo”. Questo ti dà una prospettiva più ampia e aiuta gli altri a sentirsi ascoltati e riconosciuti.

 

In poche parole, si hanno decisamente più chance di avere successo in un rapporto con un’altra persona, quando oltre ad avere un alto livello di competenza ai fini dell’obiettivo, si aggiungono le qualità umane, emotive, emozionali. È più facile, quindi, che chi è in grado di comunicare dimostrando più onestà, affidabilità ed empatia, riesca ad ottenere la fiducia e l’apprezzamento dell’altro in maniera più immediata e duratura. A parità di competenze, c’è un abisso in capacità di influenza tra i leader che comandano a bacchetta, imponendo il loro potere decisionale, e quelli che sono disponibili al dialogo e al confronto funzionale all’altro. Perché la differenza, sottile ma importante, è proprio questa qui: non ragionare in funzione di sé stessi, ma pensare in funzione dell’altro.

 

 

 

 

Lezione #3: Lincoln era un maestro delle sue emozioni. E tu?

 

Lincoln ha sopportato una grande sofferenza psicologica durante la sua presidenza, anche se, in realtà, si dice soffrisse di depressione. Molti dei più intimi confidenti di Lincoln volevano mettere da parte la Proclamazione dell’Emancipazione e il famoso 13° Emendamento. Ritenevano che, la fine della guerra fosse più importante. Il Leader Lincoln, grazie ad una visione più ampia, trovò che la vera guerra fosse la guerra alla dignità umana. Voleva l’intero pacchetto: porre fine alla schiavitù e porre fine alla guerra. Era una questione di dove posizionare il proprio sguardo nella linea temporale: a breve o a lungo termine? Ben pochi potevano immaginare un mondo senza schiavitù.

 

 

Ma il lavoro di un Leader è quello di rendere l’impossibile, possibile. Lincoln incarnava questo esempio.

 

La pressione della leadership può evocare paura e insicurezza nei leader di maggior successo. Certamente, la leadership non è per i deboli di cuore. Ci vuole resilienza e compostezza per gestire la gamma di emozioni negative che possono sorgere quando si affrontano le sfide. Lincoln dimostra come i leader possono affrontare le emozioni difficili senza compromettere il loro scopo o visione più ampia. Indipendentemente dalle circostanze. Aveva una visione chiara di ciò che voleva creare. Sapeva, con assoluta chiarezza, come voleva vedere cambiare gli Stati Uniti. La sua visione era sempre chiara e voleva portarla a compimento. C’è il talento di un leader in termini di orientamento del gruppo, di filosofia della leadership e di capacità di influenzare gli altri. Quella chiarezza gli ha permesso di vedere oltre le circostanze difficili e di andare avanti. Una convinzione incrollabile. Avere una visione è una cosa, ma credere che sia possibile e che accadrà è ciò che separa un leader di successo dagli altri.

 

 

 

Lezione #4: Nei momenti di crisi, meglio riflettere

 

A un certo punto della storia, Lincoln ha avuto l’opportunità di trovarsi al tavolo con tre delegati del Sud, per avviare i negoziati di pace e poter porre fine alla guerra. Lincoln sapeva che se fosse stato disposto a portarli al nord per quelle conversazioni, avrebbe potuto benissimo spingere sull’acceleratore per far deporre le armi. Ma, sapeva anche che finire in modo preventivo la guerra e invitare gli stati del Sud a tornare al congresso, avrebbe potuto far svanire la possibilità di liberare la nazione dalla schiavitù. Lui voleva tutto il pacchetto, ricordi?

 

Essendo il comandante in capo con immenso potere, era un momento di crisi; il tipo di decisione che avrebbe preso avrebbe potuto rompere la corda di una carriera e di una nazione. Per di più c’era la vita di giovani uomini in ballo. In quel preciso istante scelse di fare una cosa: riflettere in solitudine.

 

Per un uomo che teneva costantemente le altre persone al suo fianco per consigliare e guidare le sue decisioni era un fuori onda. Ma, sapeva che questa decisione era esclusivamente sua. Poteva solo arrivare a una conclusione con una mente chiara e una coscienza pulita. Da solo, perché quando si è Leader si è anche uomini soli. Quando la decisione conta di più, quando i tempi diventano difficili, i migliori Leader trovano i loro privati momenti di riflessione.

 

 

Statua di Abraham Lincoln nel Lincoln Memorial, a Washington DC

 

Lezione #5:  Motivare gli altri senza scuse e senza usare la paura

 

Cosa succede con la mancanza di lungimiranza o certezza riguardo una situazione?

 

Quando non si ha la certezza del futuro, nasce la paura. Paura dell’ignoto, paura del fallimento e paura del potenziale successo.

La storia di Lincoln ruota attorno al tentativo di sradicare la schiavitù negli USA. Un’impresa imprevedibile per qualsiasi politico dell’epoca. Senza certezza del successo politico, la paura e le scuse sono sorte in tutte le direzioni da collaboratori e antagonisti. La paura è cresciuta e si è alimentata, tutti avevano una scusa per spiegare perché il cambiamento non poteva e non avrebbe avuto successo. Nel tentativo di influenzare gli altri alla loro ragione mossa dalla paura, i politici di allora hanno usato le armi della paura e delle scuse. Ma la paura vince per un lasso di tempo definito tant’è vero che Scuse e Paure, nel film, risultano insoddisfacenti per far loro raggiungere i loro obiettivi disfattisti nei confronti di Lincoln.

 

Lincoln ha la capacità di trasformare la paura generata da chi lo circonda in speranza per il futuro. Geniale!

 

Ai giorni nostri la paura regna sovrana. Così come tanti manager in azienda governano con la paura e infondendo la paura; che scarsità di leadership che ci ritroviamo ai giorni nostri.

 

La speranza e la positività sono forze molto più efficaci per motivare il comportamento umano in una direzione rispetto alla paura, alla negatività o alle scuse.

 

 

 

Lezione #6: Rimanere fedeli alla propria etica

 

Lincoln non ha piegato i suoi principi etici, ma, certamente, si è adattato al contesto esistente per rinnovarlo a proprio favore. Al centro di ognuna delle decisioni di Lincoln c’era una piattaforma etica che poneva la dignità umana in prima linea al di là delle pressioni dall’esterno. Quello era il valore prevalente per ogni decisione. Centinaia di migliaia di vite sono state perse per combattere per quel principio. Tutto si riduce alla sua analogia sulla navigazione in una valle di paludi e fiumi: se si arranca senza considerare i dossi lungo la strada, sicuramente fallirai. Percorrere quella distanza potrebbe richiedere più tempo del previsto. La leadership riguarda la navigazione di questi dossi e lividi in modo strategico, rimanendo fedeli al corso, consapevoli del prezzo da pagare. Una leadership strategica e non caotica o peggio ancora a caso.

 

Le modifiche avvengono in modo esponenziale, passo dopo passo. Il cambiamento sostenibile è di natura etica. A volte dobbiamo scendere a compromessi, ma restiamo sempre guidati da scopi etici. Oppure niente compromessi. Abbiamo bisogno di ESEMPI coerenti e concreti nel quotidiano, abili ad usare logica e follia creativa anche se esposti alla vulnerabilità della fallibilità umana. Persone Speciali”, prima ancora che Capi.

 

 

Tutte le organizzazioni hanno bisogno di Leadership. Ne hanno bisogno per rafforzare l’identità, migliorare la cultura, creare senso di appartenenza, rendere le persone orgogliose e soddisfatte del proprio lavoro. Ne hanno bisogno, in particolare, quando sono chiamate a misurarsi con cambiamenti turbolenti e pressanti, le persone devono operare in condizioni di stress, il futuro appare incerto e minaccioso. Avere un pilota del futuro, risulta vincente. A tutti noi, prima o poi, spetta il ruolo di Leader. Ci è richiesto di svolgere il ruolo di guida di qualcuno che a noi si affida e che da noi dipende. Con tutti, il senso della Leadership, consiste nel forgiare opinioni, desideri e priorità, all’insegna non di un “Io” potente ma di un “Noi” efficace.

 

 

 

Lezione #7: Ignorare le critiche

 

 

Il più delle volte, Lincoln ha ignorato le critiche. Sapeva che sarebbero arrivate. Era sempre stato così.

Scrisse: “La natura umana non cambierà. In ogni futuro grande processo nazionale, paragonato agli uomini di questo, avremo tanto debole e tanto forte, tanto sciocco e tanto saggio, tanto cattivo e altrettanto buono“.

Solo quando lo riteneva abbastanza importante da fare la differenza, attaccava, offriva una confutazione e si difendeva. Ma ha sempre mantenuto un buon senso dell’umorismo, scegliendo di non rimuginare su critiche ingiuste. Cercò sempre di evitare litigi, risentimenti e malizia, mostrando pazienza e grazia. Investito da uno scopo più grande di lui, era in grado di guardare oltre le piccole preoccupazioni. In una lettera a Cuthbert Bullitt scrisse: “Non farò nulla per malizia. Quello con cui ho a che fare è troppo vasto per trattare con malizia“. Qualsiasi leader sarà criticato. Il modo in cui la gestirà, determinerà se avrà successo o meno.

 

 

Sources:

  • Uncollected works of Abraham Lincoln, his letters, addresses and other papers Volume 1 ( 1947) – Abraham Lincoln, Rufus Rockwell Wilson.
  • Tried by War: Abraham Lincoln as Commander in Chief – McPherson, James M.
  • Lincolns Melancholy: How Depression Challenged a President and Fueled His Greatness – Shenk, Joshua Wolf
  • Giants: The Parallel Lives of Frederick Douglass and Abraham Lincoln – Stauffer, John
  • The Intimate World of Abraham Lincoln – Tripp, C.A.
  • Lincoln, a 2012 American biographical historical drama film directed and produced by Steven Spielberg, starring Daniel Day-Lewis as United States President Abraham Lincoln.

 

 

Luisa Wizzy Casagrande, Biracial, Bicultural Mixed & Matched with an Italian and Nigerian Heritage. I’m a multidimensional, polymath, multipotentialite entrepreneur, with many interests and countless passions. I belong to the tribe of fired up, vibrant Renaissance Women and I wouldn’t have it any other way. I’m not programmed to do just one thing in life. I am a Biological Anthropologist,  the Co- Founder and CVO of DOLOMITES AGGREGATES LINK NIG. LTD,  a Freelance researcher of African Studies, culture, tradition and heritage, and the Founder of Métissage Sangue Misto, an easy going WebMag, a Community based on the principles of emotional intelligence, mentorship and self-empowering the Identity of the Mixed & Multicultural people’s Tribe. Métissage Sangue Misto was founded in Italy, to celebrate and help the mixed and multicultural people find inspiration and purpose in everyday life and it’s meant to CELEBRATE the intrinsic value of all human beings, to EQUIP people with strategies and tools to dismantle all forms of fanaticism, to EMBRACE the differences perceived by humanity as aspects to be evaluated, not to fear, and, finally, to INSPIRE people to respect and love each other.

I created some safe spaces ( IG MBA Métissage Boss Academy ,  MBA Metissage & Métissage Sangue Misto.     Telegram Channel, and ClubHouse as @wizzylu) committed to a deep research for oneself through discoveries, sharing the experience of “the mixed living” and being a bridge between two (or more) cultures. A place to share pride, courage and wisdom, overcoming those uncertainties and convictions that often lead us to a distorted view of ourselves and the world in which we live, and, instead, prompt us to invest ourselves in the awareness of containing, in our beings, a myriad of possibilities. My goal is to raise the awareness of mixed people, both personally and individually, and in communities, schools and organizations, focusing on the importance of embracing all the cultures to which we belong and try to learn from our stories. We must put effort in trying to understand how our background and our mixed cultures influence the particular way we navigate our daily lives. I am determined to demonstrate how diversity is the true representation of the world and I’d wish to break down the walls that stand in the way of confrontation, building, instead, strong bridges that can allow people to cross them safely and with great self-esteem.

 

 

 

 

 

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