10 modi in cui ti stai rendendo la vita più difficile di quanto dovrebbe essere.

Si è appurato che la  vita non è sempre un mare facile dove navigare, con tutti i suoi alti e bassi,  le sue improvvise onde violente e le tempeste apparentemente indomabili.  Ma, a volte, consapevolmente o inconsapevolmente, tendiamo a renderla un posto impraticabile, più difficile di quanto dovrebbe essere, a causa della nostra mentalità, le nostre azioni ed i nostri comportamenti. Ecco perché:

 

  1. Circoscriviamo le intenzioni.

Hai perso l’autobus.  Il tuo amico non ha risposto al tuo sms. Il tuo collega è andato a pranzo senza di te. Ognuno può trovare un motivo per sentirsi costantemente offeso. Incidenti come questi si verificano ogni giorno, e di solito sono cose su cui non abbiamo alcun controllo diretto. Nove volte su dieci, la nostra prima reazione è quella di offenderci.  La prendiamo sul personale, passiamo il tempo  sentendoci offesi, e permettiamo che questo ci rovini la giornata e le nostre relazioni. Attribuendo cattive intenzioni alle azioni degli altri, ci rendiamo infelici e persone miserabili.

 

Le persone felici non lo fanno. Non prendono le cose sul personale. Non attribuiscono l’intenzione alle azioni involontarie degli altri. Non vivono di confronti. I momenti in cui sono più feriti da quello che pensano altre persone abbiano fatto, sono i momenti in cui si confrontano con gli altri. L’umiltà è una disciplina da imparare, e ci vuole molta pratica. Il confronto e l’intento formano un circolo vizioso, ma con la pratica, la maturità ed il sapere mettere dei confini, se ne esce tranquillamente.

 

 

  1. Siamo i protagonisti del nostro film.

 

Non c’è da meravigliarsi se crediamo che il mondo ruoti intorno a noi. Dopo tutto, siamo stati al centro di ogni esperienza mai avuta. Siamo le star del nostro film. Abbiamo scritto la sceneggiatura. Sappiamo come vogliamo che si sviluppi. Sappiamo anche come vogliamo che finisca.

 

Sfortunatamente, ci siamo dimenticati di dare la nostra sceneggiatura a qualcun altro. Di conseguenza, le persone non sono consapevoli del ruolo che dovrebbero svolgere. Quindi, quando sbagliano le battute o non si innamorano di noi, o non ci danno una promozione, il nostro film è rovinato.

 

Sprechiamo il nostro tempo a compiacere persone a cui non interessa dare alcun contribuito al valore della nostra vita. Le persone che significano qualcosa per noi e fanno la differenza – che possono aiutarci o consigliarci o ispirarci – sono probabilmente le persone che sono ancora nella nostra vita. Questa è l’ironia. Stiamo cercando di ammaliare le persone le cui opinioni non fanno la differenza e questo succede perché  non abbiamo un’opinione abbastanza forte di noi stessi ed elemosiniamo, fuori di noi, qualcuno che ci dica cosa siamo.  Ma è una premessa sbagliata, perché tutto è soggettivo. L’idea che hanno gli altri di noi può dipendere da una serie di fattori arbitrari e dalle più svariate ragioni. Sicuramente la fiducia che abbiamo in noi stessi, il valore che ci diamo e il fatto che siamo qualcosa di interessante e proiettabile, sono tutti elementi che solo noi possiamo (e dobbiamo) sviluppare. La differenza, qui,  è di rendersi conto che siamo i protagonisti del nostro  film, ma che dobbiamo continuamente lavorare su di noi.

 

Perdiamo il copione! Lasciamo che qualcun altro reciti, una volta ogni tanto, al posto nostro! Diamo il benvenuto ai nuovi personaggi. Abbracciamo i colpi di scena. Affacciamoci alla vita, cerchiamo di essere presenti a noi stessi, agiamo sempre con integrità e onestà, permettiamoci di essere vulnerabile e cerchiamo di essere sempre compassionevole.

 

Saremo troppo occupati a fare tutto questo da non aver più bisogno di cercare l’approvazione della gente.

 

 

  1. Avanziamo velocemente verso l’apocalisse.

Abbiamo la cattiva abitudine di mandare avanti velocemente tutte le cose verso il peggior risultato possibile e di essere piacevolmente sorpresi quando il risultato è leggermente migliore del disastro totale. La nostra mente lotta inutilmente con eventi che non sono nemmeno lontanamente probabili. Il  nostro mal di gola è sicuramente un cancro (Google aiuta!). La nostra patente di guida smarrita è caduta nelle mani di un agente di Al-Qaeda, il quale, risalito ai nostri dati personali,  succhierà tutto  il nostro conto in banca.

 

I pensieri generano emozioni. La negatività genera solo più negatività. I pensieri negativi generano sofferenza, perché li consideriamo erroneamente opera nostra, ossia ci identifichiamo con essi e con le emozioni che ne conseguono, per cui crediamo che siano veri, crediamo che quei pensieri corrispondano alla realtà, mentre invece sono irreali, e proprio perché sono irreali ci fanno paura: infatti sono i fantasmi della nostra mente. I pensieri negativi ci portano lontano dalla riva e se non nuotiamo lontano da essa, ci trascinerà sotto.

 

I pensieri negativi (l’antipatia, la diffidenza, il sospetto, il rancore, l’odio, la gelosia, l’invidia, la crudeltà, la rabbia, l’ansia, l’agitazione, l’avidità, l’insofferenza, l’intolleranza …. ) ci separano dagli altri; rappresentano la perdita della fiducia e dell’amore che causa la paura di vivere. La paura è assenza di amore e di fiducia nelle proprie forze. L’eccesso di paura, purtroppo, deriva quasi sempre da pericoli immaginari o dall’ingigantire i pericoli veri, il che si verifica in presenza di un “io” fragile, e questo succede quando si è succubi di programmi inconsci acquisiti precocemente, i quali scattano automaticamente.   Le convinzioni limitanti sono la causa dei conflitti interiori o auto-sabotaggi. E’ importantissimo quindi riconoscerle, perché una volta individuate le proprie convinzioni negative, diventa relativamente facile trasformarle in convinzioni positive e potenzianti.

 

La prima cosa da fare è togliere forza ai pensieri negativi ricordandoci che sono automatici e involontari, ossia che non dipendono da noi e non siamo noi a produrli; e quindi non dobbiamo identificarci con essi, il che significa che non dobbiamo considerarli reali, effettivi, concreti: in parole povere, dobbiamo distaccarci da essi. Osservando i nostri pensieri negativi in modo distaccato, ossia come se non fossero nostri, essi vengono esorcizzati, neutralizzati, devirilizzati, depotenziati, spezzando così la spirale del loro autorafforzamento che si verifica quando li consideriamo veri e reali.

 

 

  1. Hai aspettative irrealistiche e / o non comunicabili.

 

Tra i molti difetti della nostra famiglia e dei nostri amici c’è la dura realtà che non possono leggere la nostra mente o anticipare i nostri capricci. Il nostro ragazzo ha dimenticato l’anniversario di sei mesi e mezzo del tuo primo appuntamento al cinema? La nostra ragazza si è rifiutata di chiamare a un’ora stabilita? Il nostro amico non ha adulato il nostro tatuaggio tribale?

 

Le nostre aspettative condizionano la nostra realtà. Possono cambiare la vostra vita, emotivamente e fisicamente. Dobbiamo  fare molta attenzione alle aspettative che nutriamo (ed esserne consapevole), poiché quelle sbagliate rendono la vita inutilmente complicata ed infelice. Ci condanna, inevitabilmente, alla frustrazione, all’insuccesso, all’infelicità, a combattere delle battaglie che non possiamo vincere.  Riduciamole al minimo e massimizziamo la nostra gioia.

 

 

  1. Aspettiamo un segno dal cielo.

 

Sei una di quelle persone che non prenderà una decisione senza ricevere un “segno”? Suppongo tu stia aspettando un annuncio strombazzato da parte di Dio. Sei costantemente paralizzato da una divinità che è pesantemente oscurata o frustrantemente tardiva. Non sto rinnegando che il destino o un potere superiore giochi un ruolo nelle nostre vite. Sto solo dicendo che è meglio contribuire a plasmare il destino piuttosto che esserne governati.

 

 

  1. Non corriamo rischi.

Due parole: vivi con coraggio. Ogni volta che ti viene offerta una scelta che comporta un rischio maggiore, prendila. Perderai su molti di loro, ma quando li sommerai alla fine della tua vita sarai contento di averlo fatto. Ogni scelta che compiamo, grande o piccola, difficile o facile, presenta sempre dei vantaggi e degli svantaggi e spesso, finiamo per focalizzarci esclusivamente su ciò che potrebbe andare storto, lasciando che sia la paura a decidere al nostro posto. Ma non sempre essa è attendibile: spesso si attiva anche se non c’è nessun pericolo imminente.

 

Saper prendere un rischio calcolato, invece, ci mette in condizione di possedere un margine di controllo sulla situazione e di sentirci molto meno spaventati; anche perché iniziare a scorgere gli aspetti positivi a cui potremmo andare incontro, inizia ad allettarci più che spaventarci, mentre se continueremo a vedere solo catastrofi, non vorremo far altro che evitarci il disturbo.

 

Poche scelte sono esenti dal rischio e se non impareremo a evitare che le emozioni decidano per noi, continueremo a scegliere l’opzione che ci crea meno ansia, invece che fondarci sui fatti e condurci verso la vita soddisfacente che potremmo vivere.

 

La paura di fallire è ciò che più di tutto ci frena, ma la vita è un esperimento dall’esito incerto,  e sbagliare è la cosa più naturale che possa accaderci. Quando falliamo, infatti, possiamo imparare dall’esperienza per migliorare le nostre strategie e avvicinarci alla meta.

 

Ciò che è importante è comprendere quello che ci spaventa e non lasciarci fermare, arrivando ad un compromesso tra emozioni e razionalità, esaminando accuratamente gli aspetti positivi e quelli negativi e l’impatto che questi potranno avere sulla nostra vita. Domanda fondamentale da porci è: “Quali sono le conseguenze che la fuga di fronte al rischio potrebbe causarci?”. Se riusciremo a trovare una risposta, saremo già a metà dell’opera.

 

 

  1. Confronta costantemente la tua vita con quella degli altri.

 

Il confronto è il ladro della gioia, diceva qualcuno. Trascorriamo gran parte della nostra esistenza confrontandoci costantemente con gli altri. Da giovani, con la scuola, lo sport e l’aspetto fisico, più in là, con lo status, la professione, i successi, gli accessori… facendoci divorare in un vortice infinito da cui, poi, facciamo fatica ad uscirne. Pur essendo un atteggiamento umanamente “normale”, se non controllata, ci espone ad una serie di frustrazioni causati dal paragonare il peggio di noi stessi con ciò che presumiamo essere il meglio degli altri.

 

Usiamo metri di paragone inutili (la vita non può essere calcolato né misurato!), sottraendoci del tempo prezioso e svalutando i nostri personali talenti ed il nostro valore. Ci focalizziamo sulle persone sbagliate, esasperandoci in un risentimento verso gli altri e verso noi stessi, senza aggiungere alcun valore, contenuto o significato alla nostra vita. L’unica soluzione è sforzarci di competere di meno ed apprezzare di più ciò che si ha, cercando di riconoscere il giusto valore ai propri talenti e alle proprie capacità, perseguendo (e coltivando) ciò che non può essere misurato, come l’amore, l’umiltà, l’empatia, l’altruismo e la generosità.

 

Ricordiamo spesso a noi stessi che nessuno è perfetto, ed anziché vedere l’altro come un antagonista, facciamocene oggetto della nostra gentilezza. Troviamo l’ispirazione senza il bisogno di scendere a paragoni, mantenendo sempre un atteggiamento umile, ma sicuro e conservando una profonda apertura verso gli insegnamenti che possiamo trarre dalle persone che ci circondano. E se proprio non possiamo fare a meno di confrontarci con qualcuno, facciamolo con noi stessi; cerchiamo di essere la migliore versione di noi stessi, lavorando sodo per migliorarci, ogni giorno, a livello mentale, fisico e spirituale. Impariamo a celebrare i piccoli progressi che realizziamo, senza doverci preoccupare di confrontarci con gli altri. Aiutiamo anche chi, nel proprio percorso, arranca un po’, celebrando, al loro fianco, anche i loro successi.

 

  1. Lasciamo che altre persone ci rubino tempo e energia.

 

Bisogna diffidare di due categorie di persone: quelle che non hanno personalità e quelle che ne hanno più di una. Se avessimo un milione di dollari in contanti sotto il materasso, lo controlleremmo regolarmente e prenderemmo precauzioni per assicurarci che sia sicuro. L’unico bene che abbiamo più importante del denaro è il tempo. Ma non facciamo nulla per proteggerlo. Anzi, lo diamo volentieri ai ladri.

 

Persone egoiste, negative, che non stanno zitte. Vampiri energetici, in grado di assorbire dagli altri l’energia vitale, mentale ed emotiva, agendo come dei parassiti. Manipolatori che fanno leva sulle debolezze emotive e mentali degli altri, lasciando una sensazione di svuotamento, spossatezza, negatività e privazione dell’autostima. Come tutti i predatori, cercherà di isolarti dal gruppo, con critiche o piccole insinuazioni  di dubbio che possono minare il tuo rapporto con gli altri. Difficilmente prende una posizione apertamente ostile perché questo può attivare una sorta di allarme in te, mettendoti sulla difensiva.

 

Questo tipo di persone esistono perché hanno dei bisogni e si intrufolano dentro quella porta dei bisogni (una carenza, una frustrazione, un momento no…. ) che noi e la nostra vulnerabilità hanno lasciato aperta. Ed ecco che cadiamo nel tranello: questa relazione che nasce da uno stato di bisogno non è altro che un pessimo surrogato delle nostre aspettative, dove abbiamo l’illusione che qualcosa o qualcuno sia stato in grado di riempire il vuoto. Così ci diamo in pasto al nostro carnefice, mettendoci in condizione di dipendenza e di inferiorità, svendendoci emotivamente, nella speranza di avere in cambio quello che cerchiamo. Niente di più falso e deleterio! Se non corriamo ai ripari ne pagheremo un prezzo altissimo. Ecco che essere consapevoli che nessuno è in grado di prendersi carico delle nostre esigenze, né di compensare i nostri dolori e le nostre carenze, è l’unica nostra salvezza. Prendere atto di avere dei punti deboli ed accettarli come parte di noi è la miglior cura per non andare cercare qualcuno in grado di cancellare le nostre ferite. La tua cura sei tu.

 

Trattiamo il nostro tempo come fosse una fortezza. Custodiamolo da vicino e regaliamolo solo a chi lo merita e lo rispetta. L’unico modo per essere inattaccabile è quello di dar spazio alla nostra forza interiore, coltivandola per renderci persone centrate, realizzate, soddisfatte di sé e orientate verso la nostra crescita.

 

 

  1. Non possiamo/non vogliamo lasciare andare.

 

Ci sembra un po’ tutto molto difficile, vero?  Questo perché a volte dobbiamo lavorare per la felicità. Alcuni ostacoli sono troppo difficili da superare semplicemente modificando il nostro punto di vista o adottando una mentalità positiva.

 

Abbiamo bisogno di perdonare qualcuno? Abbiamo bisogno di voltare le spalle a una relazione fallita? Abbiamo bisogno di venire a patti con la morte di una persona cara?

 

La vita è piena di perdite. Ma, in un certo senso, la vera felicità non sarebbe possibile senza di essa. Ci aiuta ad apprezzare e ad assaporare le cose che contano davvero. Ci aiuta a crescere. Può aiutarci a far crescere gli altri.

 

Chiusura è una parola per persone che non hanno mai sofferto veramente. Non esiste una cosa del genere. Abbiamo bisogno di spiegazioni, argomentazioni, siamo soliti fare pressioni sugli altri per ottenere ciò che desideriamo, e tutto ciò per mancanza di accettazione. Credere che, per ottenere qualcosa, dobbiamo sacrificarci è sbagliato, perché il sacrificio non corrisposto porta frustrazione e ci immobilizza.

 

L’accettazione, invece, nella sua declinazione del lasciar andare, significa non forzare le cose, lasciare che “fluiscano” naturalmente, consapevoli del fatto che lottare insistentemente per qualcosa da cui, siamo certi, non trarremo frutti, può precluderci la scoperta di nuovi traguardi, nuove cose o persone che potrebbero renderci felici. Comporta quindi l’accettazione del fatto che alcune cose “sono come sono” e che giudicarle o tentare di cambiarle (quando non se ne ha il potere o semplicemente il diritto), comporterebbe un inutile spreco di energie. Il che non significa rassegnarsi o sopportare passivamente ogni cosa, quanto, piuttosto, osservare la realtà dalla giusta prospettiva, affinché la si possa affrontare in maniera attiva.

 

Quindi, proviamo solo a “gestire” la nostra perdita. Mettiamola in prospettiva. Avremo sempre dei rimpianti e dei dubbi su di essa, ma potrà renderci liberi. Coltiviamo l’auto-consapevolezza , quel percorso di apprendimento e sviluppo attraverso il quale possiamo implementare strumenti di autogestione, in modo che quando arrivano tempi difficili, possiamo almeno dare un nome a ciò che ci accade. Per imparare a lasciar andare, il primo passo è identificare ciò a cui solitamente ci aggrappiamo. Dobbiamo trovare  qualcuno che capisca e che possa comprendere questa nostra nuova visione.

 

 

 

  1. Non restituisci. Non provi gratitudine.

 

Un modo per affrontare la vita e le sue peripezie è lasciarci coinvolgere dalla vita. Invece il più delle volte tratteniamo le emozioni, innescando tutta una serie di pensieri ed atteggiamenti auto-sabotanti, senza tenere conto di tutto ciò che ci circonda e del grande potere che ha su di noi. A volte, timidamente, proviamo una sorta di gratitudine perché, la new age ci “impone”  quel senso di riconoscenza verso qualcuno (o verso qualcosa) quando si verificano certe condizioni, o,  una sorta di felicità sterile che dovremo provare per attrarre verso noi, cose, eventi e situazioni favorevoli alla nostra esistenza. Praticamente una forzatura nell’ essere felici in ogni circostanza, oppure, un permanere in una condizione, cercando di essere felici.

 

Eppure, la gratitudine, non è solo questo, ma può (e deve) essere anche un vero e proprio stato di azione, energia pura. La gratitudine è quel potere che conduce l’uomo ad una connessione più profonda con la vera natura delle cose. E’ uno stato mentale, un’attitudine, un gesto di generosa apertura nei confronti delle persone e della vita. E’ un punto di forza della nostra personalità, la capacità di essere chiaramente consapevole di ciò che di positivo c’è nella nostra vita.

 

Vivere con gratitudine è necessario per poter accedere a tutta una nuova gamma di emozioni in grado di sviluppare e motivarci verso nuovi orizzonti.

 

Non è necessario essere grati per chissà quale cosa grande e strutturata. Si può essere grati per le cose che vengono date per scontate, come tutte le cose con cui siamo circondati e di cui facciamo uso quotidianamente. Dire una parola gentile. Incoraggiare qualcuno. Fare una visita a qualcuno che è solo. Allontanarci dal nostro egocentrismo.

 

Vivere con un atteggiamento di gratitudine fa la differenza.

 

Come diceva Fred De Witt Van Amburgh, “nessuno è più povero di colui che non ha gratitudine. La gratitudine è una moneta che possiamo coniare da soli, e spendere senza timore di fallimento“.

 

 

 

@Wizzy, Afro Bodhisattva, Entrepreneur, Multipotentialite Wantrepreneur, Physical Anthropologist, Freelance researcher of African Studies, culture, tradition and heritage, CEO Dolomite Aggregates LTD and Founder IG MBA Métissage Boss Academy ,  MBA Metissage & Métissage SangueMisto. 

 

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