La svedese Emma Hallberg è recentemente diventata celebre sui social per via della sua abbronzatissima pelle, di colore vario a seconda del tipo di post su Instagram che pubblica. Talvolta è più tendente al colore castano, altre volte si avvicina al nero. Lei però è bianca. Questo fenomeno viene chiamato “blackfishing”, termine che significa “attività ingannevole che porta a credere che una persona sia impropriamente dotato di pelle nera”.
Succede che donne bianche come Miley Cyrus e le Kardashians (giusto per citarne alcune di conosciute), escano sui tabloid o varchino i bellissimi red carpets con acconciature tipicamente afro. Altre, invece, annoverano tra i must della stagione, l’impiastrarsi la faccia con lo spray autoabbronzante, il rincorrere alla chirurgia plastica, alle protesi o iniezioni per avere fianchi abbondanti, un sedere più tondo e sodo o labbra più grandi, l’intrecciarsi i capelli con prolunghe sintetiche (“modaiolamente” chiamate “extensions”),…. tutto questo nella normalità più assordante.
Vuoi che siano treccine, dreadlocks, bantu knots o parrucche afro, il risultato è sempre lo stesso: caricature esposte al grande pubblico con la pretesa di fare la differenza, di portare una ventata di fresh fashion alla platea dei fan, senza minimamente considerare la leggerezza con cui ostentano l’essere persone capaci di integrarsi con la cultura nera; salvo il fatto che atteggiarsi da nere diventa solo un passatempo, una sorta di “arte” della trasformazione, un ruolo con cui trastullarsi tra una passerella all’altra…
Nulla in contrario, salvo il fatto che, nel frattempo, le donne nere combattono giornalmente per portare, spontaneamente, i loro capelli afro in modo naturale, nonostante crescano a ritmo esponenziale e con un disordine apparentemente bizzaro. Si trovano a dover combattere perché vengono continuamente discriminate, criticate ed emarginate per come portano i capelli.
Ci sono Nazioni (Sud Africa e Stati Uniti, solo per citarne alcune!) che, ancora nel 2020, si trovano a dover promulgare leggi che permettano a persone con i capelli afro di portarli naturalmente, senza per questo essere discriminate a scuola o sul posto di lavoro. Io stessa, indossando le trecce, sono stata letteralmente cacciata da una chiesa, durante una messa in presenza del Vescovo in provincia di Catania, perché, “non ero in una spiaggia e non mi dovevo acconciare come una pezzente in un luogo sacro” (dirette parole dell’assistente del Vescovo).
La polemica è, fondamentalmente, sul razzismo. Mentre le donne veramente nere o di tonalità comunque non bianca devono quotidianamente affrontare il tema del razzismo, oltre che quello del sessismo, le ragazze bianche che si dipingono di nero ritornano bianche al primo passaggio di struccante, dimenticando ogni conseguenza dei loro gesti pubblicizzati sui social.
E tutto questo succede mentre le donne bianche non si impegnano a riflettere. Non ritengono necessario pensarci. Non gliene può importare di meno perché non conoscono lo smacco che affrontano le donne nere e sanno che loro stesse, come bianche, non dovranno mai affrontarle. Possono vestirsi come donne nere perché sanno che dopo i servizi fotografici ed aver fatto mostra del capolavoro di travestimento sui socials, possono togliersi il costume. Dopo aver ottenuto l’attenzione che desiderano, possono tornare ad essere donne bianche. Possono far finta che la cultura nera non esista fino a quando non sarà necessario tirala, di nuovo, fuori per profitto.
Disgraziatamente (o fortunatissimamente!!!), le donne nere non possono togliersi la pelle. Si svegliano nere e vanno a dormire nere. Possono solo combattere per avere la libertà di portare naturalmente i propri capelli. Devono lottare, semplicemente, per essere viste ed ascoltate ogni singolo giorno. Ma, ovviamente, nessuna delle donne bianche vuole passare tutto questo.
Tutte vogliono essere nere fino a quando non giunge il momento di diventarlo per davvero. Tutte adorano il ritmo, ma nessuna vuole suonare il vero blues. Tutte vogliono hip hoppare sotto la pioggia, ma nessuna vuole bagnarsi. Possono vestirsi e giocare a fare le nere fino a quando non giunge il momento di chiedere un mutuo; possono vestirsi e adottare un accento del Bronx fino a quando non giunge il momento di fare un colloquio per un lavoro; possono giocare a fare le nere, fino a quando la Polizia non le trascina per la strada o punta loro una pistola sulle tempia. Le donne bianche possono permettersi di giocare alle donne nere perché è tutto quello che possono fare. Un gioco. Un costume. Un’arte ….. quello di essere cool. Qualcosa da fare per essere sempre sul pezzo. ….
Un costume da nera è sufficiente per erigersi nell’olimpo di quelle che fanno tendenza. La realtà è che essere una donna nera è qualcosa che nessuna donna bianca vuole affrontare per davvero. Le donne bianche desiderano (vogliono!!!) avere le caratteristiche delle donne nere, senza nemmeno preoccuparsi, realmente, di loro; senza voler capire il peso che le donne nere devono portare; senza usare il loro privilegio di sdonne bianche per difenderle. Per loro è solo una delle tante cose da possedere e rivendicare come propria. Ma non potrà mai essere possibile, semplicemente perché una donna bianca non avrà mai la forza d’animo per gestire ciò che comporta essere neri.
Quanto ai neri… beh.. ritengo siate/siamo, in parte, responsabili di tutto questo. Molti di voi/noi sono/siamo i Giuda della cultura nera, pronti a venderla per 30 denari. Molti di voi/noi non vedono nulla di sbagliato in ciò che fanno le donne come Mily Cyrus o le Kardashians, anzi, le supportate/tiamo, inconsapevoli del fatto che ogni giorno venite/veniamo privati di ciò che siete/siamo. È come se non riconosceste/riconoscessimo ciò che avete/abbiamo. C’è questa orribile abitudine di sottovalutare la completezza della cultura nera da parte vostra/nostra. Avete/abiamo fretta di “darla via”, di deprezzarla, semplicemente perché volete/vogliamo essere riconosciuti e accettati a tutti i costi e vi/ci riempie di orgoglio e considerazione che un bianco vi/ci batta le mani e vi/ci scatti una foto glamour da esibire nei vari lounge sbraitando “ho tanti amici neri, io, quindi non sono razzista!”.
Ricordatevi/diamoci, però, che alcuni bianchi balleranno insieme a voi/noi oggi per poi chiamarvi/ci “negro” il giorno dopo. Diranno che è orrendo e selvaggio tutto ciò che riguarda la cultura nera, per poi ri-confezionarla e rivendervela/cela come la “cultura corretta”. Alcuni poliziotti in uniforme registreranno video con danze black, che poi andranno virali, salvo poi sparare, un minuto dopo, con la stessa facilità, ad un nero. Alcuni bianchi ti strizzeranno l’occhiolino mentre scrivi il tuo blog discretamente di successo e poi, usando gli stessi argomenti che hai usato sull’essere neri, ne pubblicheranno uno loro il giorno dopo. Alcune donne bianche criticheranno tutto ciò che dici online, salvo poi usare le tue argomentazioni per le loro discussioni sulla diversità e sull’ equità. I bianchi conoscono perfettamente quale sia il valore dei neri e la loro grande potenzialità, tant’è che hanno usato la cultura nera per vendere di tutto, dal trucco alle auto, dal cibo agli utensili. E così pure oggi: comprendono quanto qualsiasi cosa riguardi il nero faccia notizia, quindi il loro obiettivo è quello di trarne sempre e comunque un vantaggio.
La mia domanda nasce spontanea: perché sostenere persone che non apprezzano nulla della vostra/nostra cultura tranne ciò da cui possono trarre un tornaconto? Che senso ha? Perché non appoggiare e sostenere tout court la cultura nera e darle quella dignità che le aspetta?
Ed alle donne bianche chiedo: perché non smettere di giocare a questo gioco avvilente? Capisco che abbiate fatto vostro il detto “l’imitazione è la più sincera forma di adulazione che la mediocrità può pagare per grandezza”, ma è bene che sappiate che i neri non si sentono né adulati né lusingati di tutto questo circo.
Nota: Uso deliberatamente il voi/noi per sottolineare che la sottoscritta non è nera, ma mixed e quindi non posso fare a meno di includere quella mezza parte di me che è, appunto, nera. Come non posso escludere quell’altra mezza parte di me che è bianca.
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Nota: Uso deliberatamente il voi/noi per sottolineare che la sottoscritta non è nera, ma mixed e quindi non posso fare a meno di includere quella mezza parte di me che è, appunto, nera. Come non posso escludere quell’altra mezza parte di me che è bianca.