Essere unici e originali ha un prezzo molto alto, perché dobbiamo imparare a non omologarci, a de-costruire tutti quei meccanismi impararti fino a qui per sopravvivere e ad accettare, con orgoglio, il nostro essere diversi agli occhi degli altri.
Non è cosa facile. Non è cosa per tutti.
Eppure, oggi, intervistando questa giovanissima adolescente (che poi è la mia figliola), mi sono resa conto di come il ciclo storico abbia cambiato la forma dell’evoluzione, ma non la sostanza. Di come la figura di un genitore sia fondamentale nella rappresentazione di una diversità che, in sostanza, è uguale a tutte le diversità, nella sua accezione più profonda; che non abbiamo bisogno di sentirci diversi per essere unici perché lo siamo già. E non abbiamo sicuramente bisogno che qualcuno ci attacchi per la nostra diversità o che si conformi a questo atteggiamento per il solo gusto di non mettersi in discussione davanti a qualcosa che gli appare nuovo.
Rappresentare le diversità dà vita, dà normalità, accessibilità. A tutti. Parlare delle diversità, non come tabù, ma come situazioni normali, elimina i pregiudizi, rende più flessibili e apre il dialogo.
Quando si è giovani, spesso si sente il bisogno di essere diversi, e guai se non fosse così! Mostrare quella parte d’identità che si sta formando è uno dei regali più grandi che si possa fare a sé stessi e agli altri, in quanto è una grande dimostrazione di sincerità.
Trovo che Zandalee, nel suo essere molto giovane, abbia un senso di identità fuori dal comune, che nulla ha a che vedere con il colore della sua pelle né con i suoi tratti somatici. E l’impegno che ci ha messo nell’aprirsi al mondo, nonostante il suo essere molto riservata, regalando a tutti noi una prospettiva diversa sul senso delle cose, lo trovo uno dei più belli regali ricevuti, perché ne conosco il peso, il valore ed il significato più profondo.
Ciao Zandina bella! Finalmente anche tu in questo meraviglioso salotto! Grazie di aver fatto un’immenso sforzo per uscire dal tuo guscio. Ti va di raccontarci “che cosa sei”?
Sono una “quadroon”, ciò significa che per un quarto sono nera nigeriana, da parte della mamma, e per tre quarti sono bianca italiana, da parte del papà. Nella vita sono una matricola dell’Università di Arti visive e multimediali di Venezia.
In quale ambiente hai vissuto? Principalmente bianco o nero?
Principalmente ho vissuto in un ambiente più che bianco.
Che tipo di istruzione e educazione hai ricevuto?
Ho ricevuto un istruzione base, di una tipica ragazza italiana. Ho studiato per cinque anni al Liceo delle Scienze Umane, appassionandomi a materie quali filosofia e letteratura. Per quanto riguarda l’educazione, devo, per forza, fare riferimento ai miei familiari, poiché se c’è una cosa che la scuola mi ha insegnato, è che tra istruzione ed educazione c’è un’ampia differenza, da non sottovalutare. Sotto questo punto mi reputo molto fortunata; ho avuto dei genitori che, anziché colpevolizzarmi dei miei errori, mi hanno lasciato capire, autonomamente, cosa fosse sbagliato o giusto, restando pur sempre dei punti di riferimento da cui prendere esempio, e dandomi l’opportunità di fare esperienza diretta, soprattutto lasciandomi il tempo di assemblare ciò che imparavo.
Qual è il tuo rapporto con la religione?
Domanda complessa a cui risponderò con un sincero non lo so. Sono cresciuta in un ambiente cristiano, ho fatto la Comunione, la Cresima e fin da piccolina ho vissuto il Cristianesimo come un unico credo. Crescendo però mi sono relazionata con le altre religioni; avendo amici musulmani ho avuto l’occasione di conoscere, anche se in parte, un modo diverso di interpretare ciò che ci accadde e ciò che ci accade. A volte mi piacerebbe credere in un Dio, proprio come facevo ingenuamente da piccolina, poi però penso sia solo una comodità. Altre volte invece mi sembra di credere davvero in qualcosa. Il problema è che non so cosa sia quel ‘qualcosa’ e mi domando se sia solo speranza o una sconosciuta energia o un addirittura un Dio. Ci sono tante religioni, ognuna così diversa e simile nel medesimo momento e, forse, è proprio questo che caratterizza l’uomo. Il bisogno di credere, di avere certezze seppur false. Dunque, ad oggi, non posso dire quale sia il mio rapporto con la religione perché io, in primis, non lo so. Sicuramente credo in qualcosa; il problema, se si può chiamare tale, è che non so come identificare quel credo.
Qual è (e quando) stato il tuo ricordo consapevole sulla razza? Quando sei stato consapevole di essere bi-razziale?
Penso di aver avuto la consapevolezza di essere diversa alle elementari. Non mi sono mai fatta problemi a giocare con gli altri bambini, il problema era che gli altri bambini si facevano problemi a giocare con me. Ricordo un episodio in particolare in cui una bambina non voleva giocare con me per via della mia carnagione, né troppo scura e né troppo chiara, e me lo disse proprio in faccia. Io rimasi incredula, non sapevo cosa dire e anzi mi sentii addosso quasi un senso di colpa per essere così. Non mi ero mai posta, prima di allora, la questione del colore della pelle. Sapevo di essere più scura rispetto, non solo gli altri bambini vicino a me, ma anche a mio fratello, il quale ha avuto il “privilegio” di uscire bianco dal grembo della mamma, mentre io sono uscita “color cappuccino”, come mi dicevano in classe scherzando. Oppure quella volta che al supermercato, vedendomi, insieme a mio padre, gli chiesero se mi avesse adottato. Insomma, gli episodi in cui mi resi conto della mia diversità sono svariati e ho imparato a conviverci o meglio ho dovuto imparare a farlo.
Vuoi dire che, nonostante tu abbia imparato a conviverci, oggi non reagiresti in modo diverso? Continueresti ad accettare queste micro-aggressioni?
Intendevo dire che ho imparato ad aspettarmi dagli altri risposte di questo genere. Ciò non significa che non abbia in serbo la risposta e/o la reazione adeguata alla situazione.
Seleziona la casella: quale di queste categorie usi per definirti? E con chi ti identifichi? Perché? ° Africano ° Africano-Italiano ° Africano-Europeo ° Italiano-Nigeriano ° Afro-latino ° Bianco ° Nero ° Birazziale ° Misto ° Multirazziale ° Altro (cosa?)
Mi identifico con la parola quadroon. Ho sempre vissuto in un ambiente bianco, sia dal punto di vista culturale che istruttivo. Ho avuto più amici bianchi che neri e di conseguenza ho cercato di identificarmi e mimetizzarmi con loro. Solo negli ultimi anni ho capito quanto fosse sbagliato e quanto, in realtà, non conosco a pieno ciò che sono davvero. Prima pensavo alla mia parte nera come una bella storia che mi raccontavo, ora invece sento la necessità di conoscerla maggiormente, di esplorarla e viverla pienamente, perché sono anche quello. Non ho mai avuto modelli neri, oltre a mia madre o mia nonna con cui identificarmi, quindi non ho mai dato il giusto peso a questa parte di me. Qui in Italia poi è difficile trovare modelli con cui confrontarsi.
Sei pienamente accettato nel gruppo con cui ti identifichi?
Un’altra domanda a cui devo rispondere non lo so. Non ho mai avuto la possibilità di confrontarmi con altri quadroon quindi non saprei proprio come rispondere.
Ci sono circostanze nelle quali cambi il modo in cui ti identifichi razzialmente?
No.
Quali erano gli atteggiamenti dei tuoi genitori nei confronti della “razza” durante la tua crescita?
Per mia madre è sempre stata una battaglia quella della ‘razza’, quindi fin da piccola mi ha insegnato a conoscere e a differenziare parole come multirazziale, mulatta, bi-razziale ecc.. Ha sempre cercato di farmi conoscere la cultura Nigeriana, in particolare quella Igbo (di mia nonna) e quella Yoruba (della sua terra natia). Mio padre andava di pari passo con mia madre, anche se ovviamente era un mondo che gli era sconosciuto, prima di incontrare mia madre, quindi dovette, in qualche modo, ‘istruire’ ed educare se stesso, al fine di non far mancare nulla, sia a me che ai miei fratelli.
Quando non sei accettato, che tipo di emozioni provi? Accettazione? Rabbia? Rifiuto? Confusione? … Che cosa?
Confusione.
Hai mai sperimentato la prevalenza di una “razza” sull’altra?
Non sulla mia pelle.
Ti capita mai che le persone sbaglino a classificare la tua provenienza/”razza” ? Se è così, come ti classificano di solito?
Mi dicono spesso che sembro colombiana o brasiliana e quando dico loro che ho origini nigeriane, mi guardano sbalorditi, increduli, proseguendo con frasi come ‘non l’avrei mai detto’, ‘non lo sembri affatto’.
Ti senti parte di una minoranza etnica?
Sì.
Hai lottato per capire a quale “razza” appartieni? Puoi spiegare perché?
Più che una lotta è una piacevole scoperta. A volte è ardua, però sono abbastanza sicura che ne varrà la pena o, almeno, lo spero. Se la frase ‘diventa quello che sei’ di Nietzsche è valida, allora devo conoscermi. Non solo come individuo, ma anche come persona inserita in una determinata società con, a sua volta, determinate caratteristiche che vanno a influenzare quello che sono e soprattutto quello che diventerò. E c’è differenza se vengo influenzata da quest’ultime, consapevolmente o meno, in quanto determineranno non solo il mio modo di agire, ma anche il mio modo di reagire ai diversi eventi che si manifeteranno nel mio percorso. Inoltre, sono sempre più convinta che, per conoscere quello che sono, devo prima conoscere ciò che è diverso da me. Capire dunque cosa non sono è un processo necessario, mi servirà per affermare la mia vera identità.
Sei mai in conflitto con la tua identità culturale e razziale?
Quando ero più piccola sì. Un’ esempio? I miei capelli. Li odiavo, così ricci, così disordinati e così diversi da tutte le altre mie amiche. Per anni i miei capelli sono stati fonte di grande insicurezza e tutt’oggi fatico a trovare un equilibrio. Sicuramente però non mi faccio più influenzare dalle circostanze esteriori. Non avendo avuto un modello con cui confrontarmi, sono stata costretta a crearmelo e ora sono molto più indifferente alle critiche. Mi apprezzo decisamente di più con i capelli ricci, ho imparato ad amarli e a prendermene cura.
Come vieni trattata dai membri della tua famiglia? (sia bianca che nera)
Ogni tanto vengo maltrattata, ma per questioni esterne dalla razza. 🙂 🙂 Si scherza, ovviamente!!!! (Ndr Nota della mamma: che razza di adolescente saresti sennò??? ) 🙂
Cosa ne pensi delle parole molto discusse e maltrattate “Mulatto” e “Half Caste”?
Che c’è tanta, troppa ignoranza ed è proprio quest’ultima il nemico più grande da combattere.
Pensi di essere discriminata perché sei bi-razziale? Perché?
Dipende dalle situazioni e dalla persona che ho dinanzi a me. Solitamente no.
Pensi di avere il privilegio perché sei bi-razziale? Perché?
Privilegio rispetto a chi? Un nero o un bianco? 🙂
Pensi che la tua categoria razziale definisca “cosa” sei?
In questa società, dove definirsi è essenziale, sì.
Sei mai stata vittima del colorismo inter-razziale o intra-razziale?
No.
Ti è mai stato chiesto di scegliere una sola “razza” perché non puoi essere entrambe le cose? Cosa hai risposto?
Fortunatamente non ho ancora incontrato persone così tanto deficienti da pormi una simile domanda ma… chissà cos’ha in serbo per me il futuro. Tuttavia, a tal proposito, vorrei citare Seneca il quale nelle Lettere a Lucilio disse: “Nemo suum agit, ceteri multiformes sumus”. Ovvero: “Nessuno si attiene ad un solo ruolo, siamo tutti multiformi”.
Come reagisci alla micro-aggressione in generale? A domande o uscite come “Posso toccarti i capelli?”, “Sembri così esotico”, “Non sei come gli altri misti”, “Ma parli bene l’italiano”
Solitamente con ironia, la miglior arma contro l’ignoranza. Ricordiamoci poi che la peggior frase è ‘ma tu lo parli l’Africano?’.
Quali sono i vantaggi di essere bi-razziali?
Se dovessi elencarli tutti rischierei sicuramente di cadere nel banale. Mi limito a citare l’impeccabile esempio del filosofo viennese Wittgenstein, secondo cui una mosca intrappolata all’interno di una bottiglia, non riuscirà mai ad uscire se ad essa non viene indicato il modo per farlo. Ecco, a parer mio, essere bi-razziale ti dà la possibilità di cogliere la tanto desiderata via d’uscita, di liberarti da quella bottiglia, da quei limiti e trappole proprie del conformismo e della paura. Poi, ovviamente, c’è chi riesce a cogliere il modo per farlo e chi no. Liberarsi da quel ‘velo di maya’, non accontentarsi della rappresentazione del mondo, così come ci è stato fornito, deve partire da noi, nessuno lo farà al posto nostro.
Quali sono le sfide per essere bi-razziali?
Non lasciarsi cullare dalla falsa serenità offerta dalla comfort zone ed anzi, combattere per riscattare se stessi.
Quale messaggio vorresti dare alle nuove generazioni miste?
Le nuove generazioni miste saranno il futuro, dunque direi loro semplicemente che quello che non ci uccide, ci fortifica e loro ne sono la prova.
@Wizzy, Afro Bodhisattva, Entrepreneur, Multipotentialite Wantrepreneur, Physical Anthropologist, Freelance researcher of African Studies, culture, tradition and heritage, CEO Dolomite Aggregates LTD and Founder IG MBA Métissage Boss Academy , MBA Metissage & Métissage SangueMisto.