La discussione dello scorso week end, tra i miei amici Mixed, è stata incentrata sulla parola “M”. Già! Non lo sapevate, vero? E nemmeno immaginavate nemmeno che, accanto alla “N word”, ci hanno affiancato pure la “M” word”, non si capisce se per una sorta di par condicio o, semplicemente, perché siamo entrati tutti nell’era del “si DEVE dire, “NON si deve dire“. Eppure è letteratura già da qualche anno.
Fatto sta che nel mio piccolo team, c’è chi, tra gli originari anglo-sassoni, ritiene che sia un termine dispregiativo, entrato in uso durante la schiavitù, quando si faceva riferimento alla prole bi-razziale degli schiavi africani e, più spesso, dei loro padroni bianchi europei. Mulatto – dicono – è orribile tanto quanto la “N word”. Chiunque usi questo termine, in America, rischia di essere preso a schiaffi o condannato all’aggressione verbale, e da qui è iniziata tutta una lunga ed interminabile spiegazione su come la maggior parte dei linguisti e lessicografi concorda sul fatto che la parola “mulatto” derivi dallo spagnolo “mulato“, un originato, poi da “mulo”, animale ibrido, nato da un asino e una cavalla. Su come la maggior parte degli accademici che ha studiato l’origine della parola, sia abbastanza certa che la parola affondi le sue radici nel ruolo preminente della Spagna, durante la tratta degli schiavi e nel loro bisogno di marchiare le persone in base alla quantità di sangue bianco europeo che scorre nelle loro vene. Etimologicamente – continuano i miei amici – nonostante sia una parola largamente impiegata per indicare chi abbia un colore di pelle a metà fra il bianco e il nero, non è proprio il termine più lusinghiero, né il più neutro, per indicare questa particolare qualità, dal momento che, notoriamente, il mulo non è che sia proprio il principe della fattoria.
Nell’immaginario di quei tempi, poteva anche essere l’esempio più immediato per indicare un ibrido, ma oggi, indicare il mulatto come un incrocio fra razze (equine) non è proprio gradevole, ribadisce qualcuno del gruppo. Qualcun altro propone “meticcio” in sostituzione, perché deriva dal latino mixtus, misto – un’origine decisamente più elegante e compassata. Peccato che salti fuori un’altra diatriba, perché il “meticcio” o “mestizo” che si voglia, si riferisce, precisamente, agli individui nati dall’incrocio fra i conquistadires o coloni europei, generalmente Spagnoli e Portoghesi, e le popolazioni amerinde indigene precolombiane. E, quindi, anche qui ci sarebbe da ridire. Io ho aggiunto, per dovere di cronaca (e per aizzare un po’ gli animi 🙂 ), che il termine viene usato anche in senso generico, riferendosi ad altre specie animali, indicando animali nati dall’incrocio di due razze diverse, oppure senza attestato che certifichi la razza pedigree. Quindi, nemmeno questo si dovrebbe accettare, se non nella teoria dell’ eterosi o del lussurreggiamento degli ibridi, per cui l’ibrido eredita le qualità migliori di entrambe le provenienze.
Questa serata, un po’ mi ha ricordato un vecchio video di Lindsay Catherine Harris, sulla piattaforma “Evoking the Mulatto“; un progetto multimediale che, qualche anno fa, esaminava l’identità mista nel 21° secolo, attraverso la lente della storia e della classificazione razziale negli Stati Uniti. Ci sono interviste avvincenti a giovani americani mentre riflettono sul complesso processo di definizione di sè stessi. In un episodio, intitolato “Mulatto: It’s Not a Cool Word“, si era fatto tutto un ragionamento su come questa parola sia fastidiosa, nella società contemporanea, nel momento in cui si cerca di esprimere un ritratto delicato del proprio corpo birazziale, rispetto alle proprie origini, considerandolo al di là di un binario bianco/nero e cercando di determinare il diritto all’esistenza del nostro corpo e alla nostra identità.
Altri amici, invece, di origine latina, hanno subito dissentito con questa digressione, asserendo come, per loro, il termine mulatto sia socialmente accettabile. Anzi, a loro piace molto; per il suono, per la dolcezza con cui la si pronuncia e perché, comunque, fa parte della propria storia linguistica. Qualcuno aggiunge pure, per provocazione o meno (non mi è dato saperlo!), che ama visceralmente il termine mulatto per il piacere di assistere al disagio e al rabbrividire che la parola, a volte, suscita negli altri, anche quando lo usa per descrivere se stesso. Un disagio espresso sia dai neri, che dai bianchi e, talvolta, anche da molti mulatti – o meglio – dice ironicamente il mio amico, dovrei forse dire, per essere politicamente corretto, “persone miste di prima generazione di discendenza bianca e nera“. Effettivamente è un boccone inelegante da digerire e non lo si può certamente accorciare, senza dire “mulatto“, perché non c’è altra parola che imprima quel significato, mentre lo si collega con la più ampia storia sociopolitica del Nord America.
Qualcuno, tra loro, ha fatto molto di più: ci ha dato una e più ragioni, per cui dovremmo mantenere questo appellativo, e dice:
1) Perché crea unità in tutte le persone di eredità nera + bianca; non c’è discussione o necessità di nomi diversi per la nostra “categoria” (ce ne sono già alcuni in giro come persone di colore, euro-africani , afro-italiani…. ma mancano sempre di qualche cosa).
2) Elimina l’ambiguità. Come si fa a sapere cos’è uno che si definisce “misto”, per esempio? Misto con che cosa? Potrebbe essere qualsiasi cosa. Mulatto è specifico.
3) Elimina tout court la teoria del “One-Drop-Rule“ , perché automaticamente, sei classificato come mulatto e non hai alcuna possibilità di essere considerato nero al 100%, COSA CHE NON SEI.
4) Abbiamo una lunga storia vibrante, non siamo sicuramente un fenomeno nuovo. La nostra presenza ha spaziato dalla “gens de coleur” in America, ai mulatti Haitiani, ai creoli della Louisiana e via discorrendo. Quindi siamo un popolo con una lunga storia, e sorvolare sulla nostra storia è negare noi stessi. È come un albero, se lo sradichi, l’albero diventa morto. Un popolo senza storia è praticamente confuso (o morto).
6) Mulatto è un nome molto sensuale e non significa mulo, come viene comunemente e prontamente puntualizzato dai detrattori dei mulatti. La parola mulato (una t) potrebbe non significare mulo in spagnolo, ma oggigiorno c’è un crescente consenso sul fatto che l’etimologia alternativa della parola mulatto (due t), potrebbe derivare dalla parola araba mullawad che dovrebbe significare, “persona che discende da una coppia mista“.
Ho riflettuto molto su queste due posizioni e, sinceramente, mi sono sentita appartenente ad un’altra dimensione, un altro pianeta, un’altra galassia.E questo semplicemnete perchè ho unìidea tutta mia del senso di ogni persona, che è racchiusa nella propria anima, e che nulla ha che fare con quello che è la sua esteriorità. Ma facendo uno sforzo madornale, ho cercato di comprendere le due posizione e partorire una qualche idea sensata in merito.
Le parole possono stancarsi e ammalarsi, diceva Julio Cortázar, come si stancano e si ammalano gli uomini e i cavalli. Ci sono parole che a furia di essere ripetute, e spesso usate male, finiscono per perdere la loro vitalità. Invece di fuoriuscire dalla bocca, con la forza di un tempo, le percepiamo, poco a poco, come scomode, da usare e rifiutare all’occorrenza. La storia è fondamentale, in quanto ci permette di acquisire consapevolezza del passato per meglio comprendere il presente. La nozione di mulatto è onnipresente nell’attuale dibattito, ma pare vengano spesso dimenticate le circostanze storiche che hanno dato origine a questa parola, nonostante l’elemento più profondo e cruciale della vita e della storia di una parola sia proprio la sua etimologia, visto che questa ne testimonia le circostanze della nascita e la memoria dei suoi significati.
Com’è altrettanto vero che le identità sociali e qualsiasi altro termine di classificazione socioculturale sono sempre create; non sono il prodotto di differenze morali, culturali o “razziali” in quanto tali, ma derivano da principi di carattere politico e ideologico provenienti dalle Società colonizzatrici e dal loro sistema di valori e classificazione sociale.
Ok! Possiamo essere d’accordo che la parola mulatto sia, ad un certo punto, assurda! E’ una reliquia antiquata di un passato razzista. Proprio come le riduttive classificazioni razziali di bianco e nero, che sono, ugualmente, assurde di fronte alla travolgente complessità di etnia, casta e contesto storico. So che molte persone, quando sentono la parola mulatto, pensano subito alla parola mulo. Sì, muli, puzzolenti, brutti, bestie da soma. Capisco. Questo è estremamente offensivo, sono d’accordo, certo. Il fatto è che, probabilmente, ci sono altre versioni per addolcire le origini del termine, andando, per esempio, a scomodare le radici in una parola araba, muwallad, che significa, appunto, come detto prima, persona di origini miste; la parola mulo, per correttezza, nella linea temporale, venne molto, ma molto, dopo. Il che significa che, invece dei mulatti che prendono il nome dai muli, i muli possono aver preso il nostro nome. Perchè no? Chi può negarlo qui, in questo preciso momento? Anche se trovate questo ancora più offensivo, posso assicurarvi di aver vissuto insieme ad alcuni muli e li ho trovati piuttosto piacevoli e docili. Sono disposta a perdonarli tutti, per essere degli animali sozzi!
Tuttavia, il politically correct impone ed esige che l’uso di questa parola venga abbandonata. Va bene, ma non è che le altre due parole comunemente usate, al posto di mulatto, e cioè misto e birazziale, siano prive di stravaganze. Misto, come nella frittura mista, sinonimo di confuso, disorientato, schizzato. Emozioni miste, contrastanti, come dire, scontenti e infelici. Birazziale si basa sulla parola razza, che ovviamente non esiste veramente. “Razzialmente“, i mulatti sono considerati neri, ma il recente riemergere dell’identità mulatta non riguarda la razza, si tratta di riconoscere attivamente una realtà multietnica in un mondo semplicisticamente razzializzato. Una persona bianca/nera, che, per il suo quieto vivere, accetta, come auto-definizione, la classificazione razziale di nero (‘COSA CHE NON E’), e chiude nell’armadio, il genitore bianco, sta, deliberatamente, rinnegando la propria bianchitudine. L’identità mulatta è un tentativo di andare oltre il bianco e nero.
Il problema più grande con “misto” e “birazziale”, al contrario di mulatto, non sono nemmeno le loro correlazioni negative – tutte le parole hanno attributi negativi, questa è la natura del linguaggio – è la loro schiacciante vaghezza. Le parole non dicono davvero un accidente. Misto ……. mischiato con cosa? Birazziale con chi? La più ampia comunità mista planetaria, non è definita solamente da persone di discendenza afroamericana ed europea; comprende anche persone che discendono da tutti i tipi di legami. Indipendentemente dal fatto che le persone miste siano combinazioni di origini asiatiche, nere, bianche, native o latine, ognuno di questi background ibridi si presenta, non solo con la propria cultura, ma con la propria storia razziale. Mixed funziona alla grande come termine generico per il gruppo più ampio, ma non in termini specifici.
L’uso delle descrizioni nuove “misto” e “birazziale” in relazione all’identità bianco/nera corre anche il rischio di essere di natura storica. Prendiamo, come esempio, il sistema Americano: non c’è niente di nuovo nell’essere una persona di discendenza africana e europea. In realtà, questo descrive la stragrande maggioranza degli afroamericani, che hanno una media di tre quarti di DNA africano e un quarto europeo a livello nazionale (e lo 0,8% di nativi americani). La novità degli odierni figli delle unioni interrazziali americane, è che sono nati in una realtà sociale in cui hanno il privilegio di connettersi pubblicamente con tutti i loro patrimoni etnici. Per le persone di origini africane ed europee, questa accettazione della doppia identità è fortemente pesata dalla negazione razziale del passato degli schiavi americani, quando la maggior parte dei mulatti, in America, sono nati spesso come prodotto di uno stupro. E questo è il vero guaio. In questo contesto più ampio, l’identità mulatta di prima generazione può essere vista come un sottoinsieme di una più ampia esperienza afroamericana, una storia mulatta multi – generazionale.
Se devo dirla tutta, sinceramente, non trovo per nulla offensivo il termine Mulatta, perché il significato effettivo, oggi, non è lo stesso dell’origine etimologica. La lingua cambia costantemente e così fa il significato delle parole. Molte parole, originariamente, avevano origini “negative” (hapa, slavo, berbero, isterico, ecc.), ma oggi si usano tranquillamente per classificare o riferirsi ad alcune etnie o tipi di persone.
Concordo sul fatto che le persone siano libere di chiamarsi (e farsi chiamare) come meglio credono, ma è irragionevole non aspettarsi che altri le trovino offensive per definire se stesse. Se si decide di usare una parola che infastidisce gli altri, non significa che stiano attaccando il tuo diritto ad usarla, semplicemente non aggrada quella parola. E’ altrettanto normale che, dato il significato storico controverso della parola mulatto e di altre parole simili, ci saranno sempre e comunque opinioni divergenti sul suo utilizzo. Quindi, non ho, assolutissimamente, nessun problema con chi decide di usare la parola mulatto per descrivere se stesso. Nello stesso tempo, però, ritengo che non ci si dovrebbe aspettare che tutti gli altri lo usino, se lo trovano offensivo o degradante.
Passare, però, del tempo a discutere sul significato di una parola, sulla semantica e sul motivo per cui tutti dovrebbero accettarla o meno, lo trovo alquanto improduttivo. Ci sono tantissimi argomenti su cui concentrarsi per cambiare ed evolvere la narrazione che si fa dell’essere persone miste e questi argomenti vanno dal tema della rappresentanza, rappresentazione, istruzione, come migliorare la nostra posizione, la percezione che abbiamo di noi stessi …. insomma l’elenco è alquanto lungo. Invece ci si fa polarizzare nell’ atteggiamento potente e strategico del ” Divide et impera“, dove così tante persone sembrano essere ossessionate dall’origine della parola Mulatto e ci scanna sul suo alto grado di offendibilità, tralasciando tutto ciò che, invece, ci può unire ed arricchire.
Come pronunciare mulatto in British English
@Wizzy, Afro Bodhisattva, Entrepreneur, Multipotentialite Wantrepreneur, Physical Anthropologist, Freelance researcher of African Studies, culture, tradition and heritage, CEO Dolomite Aggregates LTD and Founder IG MBA Métissage Boss Academy , MBA Metissage & Métissage SangueMisto.