Alla maggior parte delle persone, non interessa chi o cosa sono. Uno sguardo alla mia fisiognomia e la regola dell’unica goccia risolve tutti i loro dubbi e ciò che desiderano sapere: sono decisamente nera, o per converso, dove riescono ad applicare la regola “all’incontrario“, sono decisamente bianca. Ad altri, invece, diventa fondamentale, direi indispensabile, che io sciorini i miei titoli accademici e la mia autorità in materia, per potermi dare una qualche credibilità, come se questo dimostrasse la capacità di entrare nelle problematiche e magari anche risolverle (o, salvo poi non capire un’acca perché parlo/scrivo in modo “tecnico”, incomprensibile ai più! DECIDETEVI!!! 🙂 ). A questo gruppetto di persone dico, spassionatamente, che siete davanti a una persona che si misura (e misura gli altri) in base alla sostanza, in base ai valori, in base cosa fa/fanno, non a quanto blatera/arano in nome di titoli che hanno il solo scopo di dare lustro e nutrire il proprio Ego.
Potrei stare qui a raccontarvi un sacco di storie per darvi prova di come la sfumatura della mia pelle dia grande letteratura alle persone che ho davanti, incluso il fatto di essere apostrofata con la “N-Word”, con micro-aggressioni di ogni sorta (le peggiori sono quelle che arrivano dai così detti colleghi intellettuali della buonora) o, con evidente imbarazzo ed incapacità di comprendere il dono di andare oltre, accusandomi di ambiguità e Dio solo sa cos’altro! Per altri, ancora, non sono abbastanza nera. Mio padre è bianco, quindi vengo soprannominata “Ringo”, “Calimero”, “Fiocco di neve” o “Oreo”, a seconda dei luoghi. Mi è stato detto che parlo come i bianchi, sottintendendo che solo i bianchi sono istruiti, mentre tutti gli altri sono degli ignoranti e non possono permettersi 2 lauree e un PhD.
Quindi, eccomi qui – abbastanza nera da essere discriminata … ma sono abbastanza nera da parlarne! Abbastanza lucida da sapere chi sono ed altrettanto intrisa di forte autostima da non lasciarmi intimorire da certe prediche insulse. Eppure, so che non è così scontato. Ci sono tantissime persone che soffrono di una sorta di soggiogamento alle situazioni, apparentemente, più forti di loro.
Probabilmente le conoscete come sindrome dell’impostore, fenomeno dell’impostore, impostorismo, sindrome della frode o esperienza dell’impostore; fatto sta che questo modello psicologico è reale. Può influenzare tutti noi indipendentemente dal nostro lavoro, dal nostro genere, dal nostro colore o dalla nostra condizione sociale.
Ma cos’è la Sindrome dell’impostore?
La sindrome dell’impostore (dall’inglese impostor syndrome, o anche impostor phenomenon) è un termine coniato nel 1978 dalle psicologhe Pauline Clance e Suzanne Imes per descrivere una condizione psicologica particolarmente diffusa fra le persone di successo, caratterizzata dall’incapacità di interiorizzare i propri successi e dal terrore persistente di essere esposti in quanto “impostori”.
Personalmente, preferisco usare il termine esperienza, anziché sindrome, poiché il 70% della popolazione ad alto rendimento lo sperimenta ad un certo punto della propria vita. Non è una malattia mentale con cui sei nato o hai, e può andare e venire e in qualsiasi momento della tua vita. E’ un esperienza gestibile. Anche se tutti possono sperimentarlo, è dimostrato che è più comune tra i le donne nere e mixed.
Molti ricercatori hanno individuato alcuni fattori che contribuiscono all’impostorismo: alcuni di essi sono il perfezionismo e l’ambiente familiare, paure che, secondo lo studio, se prolungate, portano a livelli clinici di depressione o ansia. Si verifica maggiormente in quelle persone che non hanno sviluppato un sano livello di autostima, pertanto, minore è l’autostima che hanno di se stessi, minore è il riconoscimento delle proprie capacità e risultati.
L’esperienza dell’ impostorismo consiste in sentimenti di inadeguatezza nelle proprie competenze, nei propri risultati o obiettivi personali, nonostante le capacità. Le persone affette da tale sindrome rimangono convinte di non meritare il successo ottenuto. E se dovesse succedere di ottenerlo, esso viene ricondotto a fattori quali la fortuna o il tempismo, oppure, si crede siano frutto di un inganno o della sopravvalutazione degli altri. Ecco che si ha paura di “venire scoperti” o di essere considerati degli imbroglioni. Può manifestarsi quando si parla di opportunità, di sé stessi o di paragoni con gli altri. Le principali caratteristiche dell’esperienza dell’impostore sono ansia, paura del fallimento, insicurezza e perfezionismo. Per dirla semplicemente, la sindrome dell’impostore è quella vocina, nella tua testa, che ti dice di non essere abbastanza bravo, abbastanza competente ed in grado di centrare gli obiettivi prefissati.
La sindrome dell’impostore non è attualmente riconosciuta tra i disturbi mentali. Ciò nonostante, è stata resa oggetto di studio da parte di diversi psicologi e correlata a quell’aspetto del cosiddetto effetto Dunning-Kruger, una distorsione cognitiva a causa della quale individui inesperti tendono a sopravvalutarsi, rifiutando di accettare la propria incompetenza e viceversa, similmente a questa sindrome, persone competenti tendono a sminuire il proprio reale valore o considerare alla portata di chiunque altro le sfide che questi hanno vinto. Spesso assistiamo a discussioni dove c’è chi sostiene fortemente la propria opinione, ostentatamente, spesso attaccando chi la pensa in modo diverso, giocandosi sempre quei dati dall’attendibilità ambigua a proprio favore (la bistrattata “ho un amico che è un esperto in materia“); e chi, corredato di bagaglio culturale ineccepibile (laurea, una specializzazione, un master, un dottorato nel tema di cui si dibatte) viene zittito e reagisce stando in silenzio, intimorito e pieno di dubbi, rientrando così nella cerchia di chi soffre della sindrome dell’impostore.
La sindrome dell’impostore è qualcosa che accade a molte minoranze, spesso inseriti in ambienti in cui ci sono pochi altri, o nessun altro, che ci assomiglia, e, nonostante si condividano le stesse esperienze ed i stessi valori, potrebbe accadere di provare una sensazione di isolamento e di essere ignorati.
È la sensazione di non appartenere a nessun posto, ovunque sia il “qui” per te: l’ufficio, il tuo gruppo di amici, la scuola o la sala del consiglio. Non importa quanto sei qualificato, quanta esperienza hai o quante rassicurazioni e feedback positivi tu riceva. Con la sindrome dell’impostore, hai l’idea di non essere così capace come gli altri potrebbero credere che tu sia e quindi sei destinato al fallimento.
Si stima che moltissime persone lottano con questi pensieri intrusivi causati da questo fenomeno. E, sebbene non sia una condizione diagnosticabile, può provocare situazione insostenibili per la propria salute mentale. Gli esperti di salute mentale ritengono che i sentimenti prolungati di isolamento e stress causati dal fenomeno possano portare ad altre malattie riconosciute dal DSM (Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali ) come l’ansia e la depressione.
Anzi, c’è una ricerca Statunitense che mostra come le persone multirazziali abbiano più problemi di salute comportamentale (abuso di alcol/sostanze , ansia, depressione, disturbi alimentari e psicosi), rispetto alle loro controparti mono-razziali. Affrontano fattori di stress unici e spesso scoprono che è difficile connettersi con gli altri, anche con altre persone multirazziali. Il più delle volte, i genitori di persone mixed non capiscono nemmeno le loro difficoltà, e nemmeno tra le persone multirazziali. Ogni esperienza è cos’ unica che parlare con altre persone multirazziali può sembrare sconnesso ed inutile, nonostante il grande impegno nel trovare un punto in comune, una connessione.
Le persone di colore (di quale colore? nere e mixed, in tutte le loro gradazioni e sfumature), come la sottoscritta, sono particolarmente vulnerabili a questa sensazione debilitante. Questo perché la sindrome non è solo una voce immaginaria nella nostra testa, ma possiamo viverla e sentirla forte e chiaro quotidianamente, quando riceviamo messaggi svilenti dalla società a cui non apparteniamo veramente.
Questa sensazione di alterità è un evento comune sul posto di lavoro dove, troppo spesso, possiamo essere l’unica persona di colore presente. Va anche oltre: succede nei negozi quando veniamo seguiti, con fare inquisitorio, dalla sicurezza durante gli acquisti, o ogni volta che accendiamo la TV, apriamo un libro o guardiamo un film e non vediamo nessuno che ci assomiglia, né veniamo rappresentati in alcun spot pubblicitario. Il mondo – in modo subliminale e diretto – ci dice che non apparteniamo, che non siamo abbastanza bravi.
Io, per esempio, faccio parte di una minoranza che si trova in una posizione di leadership, e nonostante abbia sfruttato la mia voce per sostenere altri in difficoltà, pare non sia mai sufficiente e mi viene chiesto di farlo di nuovo, perché è un fenomeno, questa della disistima personale, molto radicato nelle nostre società. Mi trovo spesso dinnanzi a persone prese dal panico perché incapaci di gestire il potere della propria professione, con la disistima incombente sulle loro personalità. “Come posso essere un avvocato?”, “Chi sono io per avere una voce?”, “Chi sono io per sedermi a tavola?”, “Sono abbastanza nero?”, “Sono un impostore?”…… queste sono tutte domande che fuoriescono durante le mie piccole sessioni di workshop con chi si sente in difficoltà.
Il fatto è che non importa quanto sei qualificato, quanta esperienza hai o quante rassicurazioni e feedback positivi potresti ricevere. Con la sindrome dell’impostore, non puoi scuotere l’idea di non essere così capace come gli altri potrebbero credere che tu sia e quindi sei destinato al fallimento.
Uno studio condotto da Kevin Cokley, psicologo e ricercatore afroamericano, professore di studi sulla diaspora africana presso l’Università del Texas, ad Austin, ha scoperto che la sindrome dell’impostore può aumentare lo stress che le minoranze già sentono. In risposta alle micro-aggressioni che sperimentiamo nella vita reale, diventiamo i nostri stessi aggressori, riempiendoci di dialoghi interni negativi che possono sfociare in una scarsa cura fisica e mentale. Con la sindrome dell’impostore, diventa troppo facile credere alle bugie che la società e il tuo cervello ti suggeriscono di credere. Anche quando il tuo cervello, e tutto ciò che ti circonda, ti dicono il contrario e cioè che sei preparato, competente, capace ed hai talento.
Cos’è, dunque, la Sindrome dell’impostore Razziale?
Ne caso specifico delle persone miste, si chiama sindrome dell’impositore razziale (RIS) e si verifica quando una persona non si sente autentica o si sente come se non potesse rivendicare una razza a cui appartiene.
Chiunque può sperimentare crisi di identità, ma il RIS è un problema particolare riferito a coloro che sono birazziali o multirazziali. Molte persone tendono a identificarsi con la loro razza, ma questo crea un problema per coloro che sono multirazziali, perché affrontano l’esclusione sociale due volte più spesso degli altri gruppi razziali o etnici. Si sentono come degli impostori razziali, poiché non sanno con quale razza identificarsi.
Anche le persone mono – razziali lottano con la loro identità razziale, combattendo con stereotipi errati. È la sensazione di non essere abbastanza “neri”, o abbastanza “asiatici” o abbastanza “latini” e così via (ricorda, la razza mista non è solo un mix di “bianco e nero”). Non sentire una connessione o non essere abbastanza connessi con una razza può essere causato da una serie di situazioni. Può derivare dal non conoscere la lingua della propria cultura, dal non sembrare fisicamente una certa razza, dal non essere vicini a un certo lato della propria famiglia, colorismo, ecc.
La psicologa Sarah Gaither del Lab Identity and Diversity della Duke University, ci spiega che questo fenomeno dell’esclusione delle persone multirazziali è data dall ragione comune per cui alle persone, sembra non piacere includere persone ambigue nel loro “gruppo”. Se esiste un motivo accettabile per escludere coloro che sono apparentemente diversi, le persone cercheranno di usarlo.
Devo dire che sono molto d’accordo con lei, come con il fatto che le persone non amano le figure in grado di mediare diplomaticamente tra una fazione all’altro, dando l’impressione di essere FISICAMENTE ambigue. Come sono dell’idea che la sindrome dell’impostore razziale è più un problema interiore con sè stessi, piuttosto che qualcosa che la società sceglie di imporre. Tuttavia, è sicuramente qualcosa che la società può incoraggiare. Sebbene sia più comune per le persone multirazziali essere escluse socialmente, c’è la possibilità che qualcos’altro abbia causato il proprio sentimento di impostore razziale.
In questi anni di studio e condivisione con esperienze con persone mixed, ho scoperto che esse provano, con vari mezzi, di trovare l’accettazione nella loro identità etnica prescelta. Ad esempio, possono avere un maggiore interesse nello studio e nell’apprezzamento della cultura di una delle loro origini, anche più di quanto farebbe una persona mono-razziale, per paura di essere etichettata da altri come un estraneo o un falso. Quando una persona mista entra in uno spazio riservato alle persone mono – razziali, la sua identità può sembrare performativa, soprattutto se non si esprime fluentemente nella lingua parlata, se non ha lo stesso accento o se la sua carnagione e le caratteristiche sono significativamente diverse.
Come donna mixed, avrei potuto sperimentare la sindrome dell’impositore razziale in situazioni dove le persone cercavano di dettare e ridurre la mia identità razziale a frazioni di “metà di questo” e di “un quarto di quello“, facendomi, magari, dubitare del mio diritto di rivendicare la mia origine italiana o nigeriana. Invece ho capito (grazie anche ai costanti insegnamenti e presenza dei miei genitori, che mai ringrazierò a sufficienza) che, nonostante la frustrazione nel dover difendere ambedue le mie identità razziali, l’impegnarsi a modellare i miei valori ed i miei interessi, secondo il mio credo, era l’unica via percorribile per autodeterminarmi come persona.
In un mondo ideale, la razza non sarebbe il fenomeno costruito che si è rivelato essere, ma il nocciolo della questione è che la razza è qui per restare nel costrutto sociale, e negare la sua esistenza significherebbe ignorare il suo significato sociale. Tuttavia, l’ unico modo per non cadere in questo tranello della razza è quello di abbracciare, con non-chalance, anche tutte le altre mie moltitudini identitarie, dall’essere un’imprenditrice, un antropologa, una super fan di MJ e una donna poliedrica che detiene la capacità di fluire dentro e fuori le identità a suo piacimento. In altre parole, ho sviluppato un’identità razziale forte e concreta rinunciando a ridurmi a nient’altro che una “razza“, per non respingere le belle complessità che mi appartengono come essere umano. Ho trovato l’armonia con le identità che risiedono dentro di me ed ho acquisito la fiducia necessaria per abbracciare ciò che dovrebbe essere naturale.
Ma quali sono queste micro-aggressioni che gli individui mixed devono affrontare?
Il Colorismo
All’interno delle comunità di colore, ci sono esempi di come le persone con la pelle più chiara o con caratteristiche più tradizionalmente europee siano favorite come migliori o più desiderabili in queste comunità. È importante riconoscere come anche all’interno delle nostre comunità sosteniamo gli ideali della supremazia bianca basati sulla propria “vicinanza alla bianchezza“.
Gli individui multirazziali che hanno la pelle più scura – rispetto all ‘“ideale di bellezza” dalla pelle più chiara delle loro comunità – possono essere derisi, evitati e discriminati dalle persone all’interno della loro stessa comunità.
Esclusione / Isolamento
Gli individui multirazziali possono spesso sentirsi esclusi dalle loro comunità. Sei “troppo” per qualcosa o “non abbastanza”, c’è sempre un senso intimo di essere diverso. Non ci si assomiglia, e nemmeno si hanno le stesse esperienze. Sentire che la tua presenza è semplicemente tollerata, e se te ne andassi il giorno successivo, nessuno se ne accorgerebbe né si preoccuperebbe; Sentire che nessuno ascolta davvero quello che hai da dire; la sensazione che gli altri non apprezzino i tuoi contributi, come se il lavoro che hai svolto potesse essere stato svolto da chiunque, mentre altri possono fare un lavoro meno intenso e ricevere enormi elogi e complimenti; sentirsi trascurati per i progetti, il che può portare ad ansia per le proprie capacità ed esasperazione; e costante sfiducia nei confronti di colleghi e dirigenti. Non sei mai veramente sicuro di dove ti trovi con loro, quindi lavori sempre più duramente per essere visto. Vivi nella costante paura di commettere un errore che ti distruggerà per sempre.
Mancanza di rappresentanza
Una strana tendenza che si è verificata nei media è stata l’uso di identità multirazziali per scegliere attori bianchi o l’uso di individui multirazziali per interpretare personaggi etnicamente mono – razziali. Non sto dicendo che solo i personaggi multirazziali dovrebbero essere interpretati solo da individui multirazziali e viceversa, ma c’è sicuramente una sensazione innaturale quando ti entusiasmi per vedere un personaggio simile a te, ma sei deluso di non vedere un attore che rappresenta quell’identità . Questa è una discussione complicata e continua tra individui multirazziali e non esiste una risposta giusta o sbagliata, ma qualcosa su cui pensare. Hollywood non ha mai avuto un ottimo curriculum in termini di casting appropriato, specialmente per le persone di colore. Nel complesso, non ci sono abbastanza BIPOC o ruoli multirazziali per girare in primo luogo, e non biasimo gli attori di colore per aver preso ciò che possono ottenere.
Privilegio
È importante riconoscerlo. Per alcuni individui multirazziali, hai molti privilegi a seconda del modo in cui le persone ti vedono. Ad esempio, le persone multirazziali dalla pelle più chiara, quasi bianche, hanno esperienze significativamente diverse rispetto agli altri. Sebbene questo privilegio non neghi le esperienze negative dovute all’identità o ad altre difficoltà di essere multirazziali, è importante rendersi conto del privilegio che deriva dalla possibilità di “emergere” come identità, che è diverso da quello per le persone che sono automaticamente basate su stereotipi sul loro aspetto. Anche se non sei accettato dalla tua comunità, specialmente se hai un’origine nera o mista, è comunque importante esporti nelle questioni di discriminazione e usare i privilegi che detieni per navigare in spazi in cui altri non possono.
Questa è una pillola difficile da ingoiare. Ma è qualcosa che dobbiamo capire, imparare e da cui crescere.
Abbiamo visto come la sindrome dell’impostore tocchi più in profondità le persone di colore nero/ambrato, nella capacità di competere con gli altri in abilità o conoscenze. Come può influenzare la nostra identità culturale ed etnica. Il non sentirsi “appartenenti” a un gruppo di persone, può farti mettere in discussione le tue esperienze e il tuo senso di identità, specialmente quando il modo in cui ti identifichi è spesso radicata ( o influenzata) nel modo in cui il mondo ti vede.
La sindrome dell’impostore è diventata parte della vita di molte persone di colore, ma non dovrebbe essere così. Si può combattere il fenomeno e la discriminazione semplicemente reagendo agli stimoli che ci fanno sentire a disagio e aumentando la nostra presenza nei luoghi che, storicamente, ci hanno escluso. Non solo quest’atteggiamento andrà a vantaggio delle realtà in cui ci infiltriamo, ma creerà un ambiente in cui non ci sentiamo più anomali. Per dirla in modo più semplice: più siamo presenti in una sala, più ci sentiremo come se appartenessimo a quel luogo e meno soli ci sentiremo nella nostra mente.
Ma non è solo nostra responsabilità combattere questo. Tutti devono essere consapevoli di come la sindrome dell’impostore influisca sulle persone di colore e di come crea barriere.
Ciò è particolarmente vero per i dirigenti nei posti di lavoro, ma, senza alcun dubbio, questa consapevolezza dovrebbe iniziare ad un livello ancora più ampio, con la ricerca e lo studio. Nella fattispecie, i ricercatori hanno la responsabilità di esaminare i ruoli che la razza, il sesso, l’età e lo stato socioeconomico, giocano nel modo in cui si sviluppano i problemi di salute mentale, in particolare quelli che derivano dalla sindrome dell’impostore.
Il campo della psicologia è ancora dominato dalle persone di colore bianco e la maggior parte degli studi clinici raramente include soggetti di nuance nero/ambrato. I professionisti medici devono colmare questa lacuna nella ricerca ed esaminare i legami tra razzismo, discriminazione e problemi di salute mentale, inclusa la sindrome dell’impostore, affinché possiamo iniziare la guarigione.
Se stai lottando con la sindrome dell’impostore come persona di colore nera/ambrata, ricorda a te stesso i tuoi risultati e, se il tuo cervello ti impedisce di farlo, guarda ai risultati degli altri come te. Storicamente e fino ad oggi, le minoranze hanno infranto record e barriere in spazi in cui in precedenza erano stati bloccati. E quando non siamo riusciti a prendere posto a un tavolo istituzionale, abbiamo creato i nostri spazi dove potevamo essere valutati. Altri sono venuti prima di te per crearti un posto. E la tua semplice esistenza crea spazio per qualcun altro da seguire.
Dovremmo tutti cercare di essere l’ispirazione che vogliamo e dobbiamo vedere. È mia responsabilità personale smantellare la sindrome dell’impostore – e la discriminazione che la alimenta – essere una rappresentazione, essere qualcuno che può dirti che, anche se il tuo cervello e tutto ciò che ti circonda ti dice il contrario, sei capace, hai talento , sei in grado di.
Ci sono passi che puoi fare per sbarazzarti di questo modo di pensare. Ogni volta che stai crescendo, imparando e uscendo dalla tua zona di comfort, la paura sarà una compagna costante. Tuttavia, la buona notizia è che ognuna delle tue paure può essere sconfitta. Trarrai grande beneficio dallo sviluppo di una pratica quotidiana che converga i tuoi pensieri e ti permetta di concentrarti sul tuo valore aggiunto. La prossima volta che paure paralizzanti e insicurezza si manifestano per impedirti di raggiungere un obiettivo, sfondali adottando i seguenti passaggi:
- riconosci ed ammetti che la paura esiste e fai un elenco di quelle paure; poi abbracciale e accettale;
- circondati di amici positivi ed elimina coloro che promuovono la negatività;
- elenca i tuoi obiettivi e le azioni necessarie per raggiungerli;
- sviluppa una sequenza temporale per completare tali azioni e trovare qualcuno che ti ritenga responsabile del tuo piano d’azione.
Ovviamente posso parlare solo della mia esperienza, ma essere Italo – Nigeriana mi ha portata (molto naturalmente, per fortuna) a sentirmi un “più” di ogni singola identità; non ho mai avuto l’esigenza di sentirmi accettata da nessuno di coloro che facevano parte, mono – razzialmente, delle mie due identità italiane o nigeriane – inclusa la mia stessa famiglia – perché non assomigliavo a loro o non ho avuto le stesse esperienze delle persone mono – razziali. Sono sempre stata considerata una versione “mezza” o “annacquata” delle mie identità italiana e nigeriana, ma, sinceramente, non era (e non è) un problema mio. Io SO esattamente quello che sono e quello che valgo.
Personalmente ho elaborato 7 strategie per aiutare a gestire l’esperienza della Sindrome da Impostore, per chi avesse difficoltà ad uscire da questo empasse, ma, ripeto, sono strategie che ho elaborato basandomi solo ed esclusivamente sulle mie esperienze personali e di tutti coloro con cui ho avuto a che fare in questi lunghissimi anni, supportata anche dalla competenza del collega Prof. Steven Strauss, anche lui multirazziale.
1) Rompi il silenzio. Parlane e connettiti con altri come te: La vergogna impedisce a molte persone di “preoccuparsi” dei loro sentimenti di disagio. Sapere che c’è un nome per questi sentimenti e che non sei solo può essere tremendamente liberatorio. Potresti non essere l’unico che sta attraversando ciò che stai vivendo, o forse trovi qualcuno che ha già vissuto ciò che stai vivendo. Non sempre è necessario cercare aiuto dai consulenti e nelle strutture psichiatriche; potrebbe essere sufficiente unirsi a un gruppo o un’organizzazione di persone nere/ambrate che la pensano allo stesso modo, oppure potrebbe essere sufficiente esternare il proprio disagio attraverso la scrittura o qualche forma di arte, a seconda di quale ritieni sia la strada migliore. Dopodiché abbraccia chi sei. Non puoi essere nessun altro oltre a te stessa , quindi sarai il tuo sé più autentico. Nessuno può esercitare su di te la sindrome dell’impostore dicendoti chi devi essere. Essere multirazziale non è una novità e non sei l’unico al mondo. È complesso e complicato, non per questo non devo esistere.
2) Accetta ed elogia i tuoi risultati: spesso, i luoghi in cui tendiamo a lavorare o studiare non ci fanno i complimenti o le lodi quando facciamo un buon lavoro. In questo caso, cerca un’altra convalida. Chiedi ai tuoi docenti, datori di lavoro o persino amici di darti un feedback. Chiedi loro cosa pensano, se stai facendo bene e dove puoi migliorare. Archivia il feedback positivo! Questo è una cosa così tanto importante perché aiuta a ricordati, nel momenti più oscuri, di quanto, invece, tu sia in grado di produrre talento.
3) Evita di confrontarti con gli altri (estremamente difficile, soprattutto se stai cercando di circondarti di altri per crescere e migliorare te stesso). Non c’è niente di sbagliato nel circondarti di persone e individui positivi che ti sfideranno e ti aiuteranno a crescere, ma riconoscerai le tue differenze, i tuoi punti di forza e confronterai molto meno.
4) Sii aperto, onesto e dì la tua verità: il che può portarti a essere vulnerabile, ma, nello stesso tempo, potrebbe alleviare le pressioni nel voler sempre essere perfetto. Questo potrebbe anche portarti alla paura di essere troppo esposto e facilmente un bersaglio, poiché hai un controllo limitato di ciò che accade intorno a te; a prescindere, fai quello che pensi sia giusto al momento e come ti senti. Dì, sempre e comunque, la tua verità. Non devi parlare in nome di tutti coloro che sono neri/ambrati, non hai bisogno di essere il loro portavoce. Ma puoi portare la tua verità in modo che fungano da vere esperienze per gli altri.
5) Accetta di aver avuto un ruolo nel tuo successo: è anche fondamentale comprendere e possedere il proprio valore. La cosa più importante da fare in questa situazione è riaffermare il tuo valore per te stesso. Un modo per farlo, per esempio, è “possedere” i tuoi risultati professionali. Anche se non esiste un “io” in una “squadra”, è importante riconoscere che tu, direttamente, sei responsabile del tuo eccellente lavoro. Quando si lavora a un progetto e lo si presenta ad altri, utilizzare affermazioni “IO ho creato il“, “IO ho lavorato con il cliente per … “……. Sì, l’hai fatto! Quindi NON TEMERE di ammetterlo.
6) Stabilisci delle tempistiche per ricordare quanto lontano sei arrivato da anni fa ad oggi: stabilisci degli obiettivi e progetti futuri, elencandoli e le azioni necessarie per raggiungerli; poi sviluppa un’altra sequenza temporale per completare quelle azioni e trovare qualcuno che ti ritenga responsabile nei confronti del tuo piano d’azione. Devi anche credere di poter portare a termine il compito che ti attende. Alcuni di noi non sono cresciuti in famiglie in cui i nostri talenti sono stati costantemente elogiati; di conseguenza siamo cresciuti pensando che la nostra storia o le nostre idee non meritino di essere raccontate. Tendiamo a sottovalutare le nostre capacità perché pensiamo non siano un grosso problema, invece devi agire come se le tue capacità fossero uniche e come se fossi l’unico che può esprimerle per essere riconosciute .
7) Sii gentile con te stesso: devi prima prenderti cura di te stesso e dei tuoi bisogni. Invece di prendere la tua insicurezza come un segno della tua inettitudine, riconosci che potrebbe essere una normale risposta all’essere un outsider. Separa i sentimenti dai fatti. Ci sono volte in cui ti sentirai stupido. Succede a tutti di tanto in tanto. Renditi conto che solo perché potresti sentirti stupido, non significa che lo sei. Accentua gli aspetti positivi. Il perfezionismo può indicare una sana spinta ad eccellere. Il trucco sta nel non ossessionarti con esso. Perdona te stesso quando accade l’inevitabile errore e sviluppa una nuova risposta al fallimento e agli errori. Invece di flagellarti per essere umano e sabotarti, fai quello che fanno gli atleti professionisti , raccogli, dagli errori, il valore di apprendimento e vai avanti.
Fai ciò che è meglio per te e fallo (qualunque cosa sia al momento). Niente di tutto questo è facile. È difficile essere l’unica persona di colore nel tuo ambiente, ma ti trovi in quelle situazioni ogni santo giorno. È estenuante sopportare il peso di spiegare il razzismo a una persona di colore bianco, cercando allo stesso tempo di fargli capire che non è mia responsabilità spiegargli e insegnargli le discriminazioni che subisco. Scopri quali metodi di studio funzionano meglio per te e ti fanno sentire meno ansioso. Fai molte brevi pause. Dì a te stesso che stai facendo il meglio che puoi perché lo sei. Prendi il tuo spazio e non aver paura. Vai controcorrente. Non cercare di volare sotto il radar e non lasciare che il tuo ambiente circostante eroda la tua fiducia. Sii audace e a tuo agio con la tua pelle, solo allora gli altri saranno a loro agio con te. E vedrai che guadagnerai un ulteriore vantaggio: quello che ti farà smettere di lottare con pensieri di inadeguatezza
Ciò che è importante ricordare qui è che indipendentemente da come tenti di presentarti, le persone giudicheranno la tua identità alle loro condizioni e ti tratteranno di conseguenza. Pertanto, è in qualche modo una battaglia persa. Quello che possiamo fare, tuttavia, e ciò che è rilevante anche al di là delle questioni razziali, è ricordare che non è nostro dovere convalidare noi stessi a nessuno tranne che a noi stessi. La vera pace sta nella convalida interna a noi, non nella convalida esterna.
Fake it ‘til you make it, dicono. Invece di considerare questi alti e bassi come una prova della tua inettitudine, impara a fare quello che fanno molti grandi, e considerali un’abilità. Non aspettare di sentirti sicuro per iniziare a metterti in gioco. Il coraggio viene dall’assumersi dei rischi. Cambia prima il tuo comportamento e consenti alla tua fiducia di crescere.
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@Wizzy, Afro Bodhisattva, Entrepreneur, Multipotentialite Wantrepreneur, Physical Anthropologist, Freelance researcher of African Studies, culture, tradition and heritage, CEO Dolomite Aggregates LTD and Founder IG MBA Métissage Boss Academy , MBA Metissage & Métissage SangueMisto.