L’adolescenza è spesso stigmatizzata come un’età difficile dove genitori e figli vivono continui contrasti che possono talvolta avere gravi conseguenze sugli equilibri familiari. Questa fase di sviluppo del ragazzo è però fondamentale per la formazione del senso d’identità, ovvero l’idea che una persona ha di sé.
La crisi psico-sociale (così definita da Erikson) tipica dell’adolescenza, interessa la capacità del ragazzo di costruire la propria identità: il ragazzo da un lato abbandona alcuni dei modelli d’identificazione che ha consolidato durante la fanciullezza, dall’altro si trova nella condizione di dover scegliere e selezionare chi essere e cosa diventare in futuro in base alle sue attitudini e al proprio ruolo.
Nel momento in cui egli non riuscisse a portare a compimento questo compito di sviluppo cadrebbe inevitabilmente in una confusione di ruolo che comporta la formazione di un’identità diffusa, caratterizzata da una personalità frammentaria che non si fonda un solido nucleo aggregante. Talvolta può anche svilupparsi un’identità negativa che, pur rappresentando sotto certi punti di vista un traguardo, poiché il ragazzo giunge ad una definizione di sé, è invece un fallimento in quanto l’adolescente ha fondato la propria identità su identificazioni e ruoli che la società ritiene indesiderabili e pericolosi con alte potenzialità che ne derivino comportamenti delinquenziali.
Il processo di costruzione dell’identità nell’adolescente figlio di coppia mista è più complicato di quello di un comune adolescente perché la sua identità dovrà costituirsi sulla base di input, che l’ambiente familiare e sociale gli propongono e che possono essere anche molto differenti tra loro. Si pensi ad esempio al caso di un giovane residente in Italia il cui padre è italiano e la madre Pakistana; questo ragazzo si trova a dover cercare punti d’incontro tra due culture molto diverse tra loro e soprattutto egli deve cercare di trarre il meglio da entrambe per poter vivere la propria vita da adolescente senza che il suo benessere psicologico venga influenzato in negativo dalle difficoltà che trova nel costruire la propria identità.
A questo proposito è bene fare alcune considerazioni sull’identità etnica, componente fondamentale del nostro vivere quotidiano, essa caratterizza infatti pienamente la persona poiché rende salienti certe sue caratteristiche che le permettono di riconoscersi pienamente in uno specifico gruppo sociale. Il costrutto è inoltre molto duttile, infatti, lo si può individuare in ricerche scientifiche che non riguardano solo temi prettamente psicologici ma anche sociologici ed antropologici.
Rotheram e Phinney (2008) definiscono l’identità etnica come il senso d’appartenenza ad una determinata etnia che deriva dal pensare, percepire, sentire e comportarsi in maniera simile ad altri individui del medesimo gruppo etnico. Tuttavia l’identità etnica non è un costrutto di facile definizione, Mancini (2006) evidenzia infatti come si possa cadere in errore e considerare identità etnica ciò che invece si deve classificare come etnicità.
L’etnicità è una struttura “oggettiva” componente dell’identità etnica che si acquisisce per nascita e non può quindi modificarsi nel tempo. Più semplicemente il concetto di etnicità si rivolge ad elementi quali la provenienza geografica, la lingua parlata, la razza, i tratti fisici, i costumi e la storia; essa fa quindi riferimento ad un gruppo di persone che si riconoscono come tali sulla base di caratteristiche biologiche, culturali, linguistiche e religiose.
L’identità etnica, come si nota dalla definizione di Rotheram e Phinney, è invece una struttura più “soggettiva”, essa è determinata dalla rilevanza personale che gli individui attribuiscono alle proprie appartenenze etniche e culturali. Dal punto di vista psicologico è comunque importante studiare quanto le persone diano rilevanza alla propria etnicità nella definizione di sé per capire quanto la persona sia consapevole della sua appartenenza ad un gruppo etnico-culturale.
Lo sviluppo di una propria identità etnica implica perciò un forte processo di negoziazione che non riguarda solo se stessi ma anche il gruppo sociale d’appartenenza. Tajfel pone addirittura il gruppo sociale al centro della sua definizione d’identità etnica che considera “la parte del concetto del sé individuale che deriva dalla sua conoscenza di appartenere ad un gruppo sociale insieme al valore e al significato emozionale legato a quell’appartenenza” (Poderico-Marcone, 2004).
Si può quindi sostenere, come afferma Liebkind (1992) che il rapporto tra identità etnica ed etnicità sia l’esito di un processo di negoziazione tra individui o tra gruppi sociali rispetto ai contenuti dell’identità e ai valori che ad essa la persona associa. L’identità etnica non è così statica e definibile una volta per tutte ma la si deve considerare come costruita e modificabile durante tutto l’arco dell’esistenza umana attraverso una lunga e complessa serie di negoziazioni identitarie, la prima, e forse più importante di queste, avviene nel rapporto genitori-figli.
Nel rapporto genitori-figli uno degli elementi che permettono al bambino di cominciare a crearsi le basi un’identità etnica stabile è sicuramente il linguaggio, perché permette all’individuo di accedere alla cultura condivisa e ai suoi significati connessi permettendo così alla persona di costruire i fondamenti della propria identità etnica (Mancini, 2006).
Considerando quanto detto fino ad ora sull’identità etnica ci si rende conto della complessità di questa componente fondamentale della persona, viene quindi spontaneo domandarsi come si venga a formare e quale sia il suo iter di sviluppo. In questo senso il modello proposto da Marcia risulta completo e vantaggioso per l’analisi dello sviluppo dell’identità etnica, inoltre ha il vantaggio di poter essere applicato ad individui di ogni etnia. Secondo l’autore il ragazzo nel corso della sua adolescenza affronta il problema dell’identità in quattro modi molto diversi tra loro che sono definiti stati d’identità; ogni stato dell’identità si compone poi di due dimensioni, una legata all’esplorazione delle alternative identitarie che la società gli offre in quanto nuova generazione, e l’altra legata al concetto d’impegno nei confronti delle scelte di vita effettuate (Confalonieri-Grazzani Gavazzi, 2005).
Gli stati d’identità individuati sono:
1. Identità realizzata: la persona ha effettuato esplorazioni significative all’interno delle alternative incontrate, impegnandosi in maniera proficua rispetto alle scelte effettuate;
2. Blocco d’identità: la persona non ha sfruttato bene le possibilità d’esplorazione del contesto in cui vive, spesso in questo stato vengono assunti compiti ed impegni gravosi che sono affrontati attraverso valori ed identificazioni tipiche di stati precedenti;
3. Diffusione dell’identità: la persona occupa il suo tempo in esplorazioni superficiali senza realmente impegnarsi concretamente in una delle possibili scelte individuate;
4. Moratoria dell’identità: la persona vive una condizione di sospensione rispetto alla decisione d’impegnarsi in una direzione di scelta ben definita in quanto deve meglio definire gli esiti delle esplorazioni effettuate.
Il modello di Phinney si struttura su tre stadi di sviluppo dell’identità etnica che ripropongono essenzialmente la suddivisione di Marcia. La ricercatrice individua un primo stadio d’identità etnica non ancora esaminata in cui i soggetti non riescono a definire e ad avere un chiaro senso della propria appartenenza etnica, questo livello corrisponde al secondo e terzo stato elaborati da Marcia, nel secondo stadio, di ricerca d’identità (quarto stato di Marcia) l’individuo attraversa una fase d’esplorazione e di ricerca del significato che l’etnicità ha per se stesso. Infine il terzo stadio è detto di identità etnica acquisita, la persona ha posto le basi della propria identità traendo informazioni che reputa desiderabili dal contesto che la circonda, in questo caso si ha una convergenza con lo stato d’identità realizzata di Marcia.
Il modello di Phinney, come già detto, si può adattare a molteplici situazioni, se da una parte si è rilevato molto utile nello studio di rapporti intergruppi tra minoranze etniche e persone appartenenti alla cultura del paese ospitante (Mancini, 2006), dall’altra può essere traslato allo studio dello sviluppo dell’identità etnica nei figli adolescenti di coppie miste.
Nel primo stadio il ragazzo figlio di coppia mista è momentaneamente disinteressato alla dimensione etnica della propria identità e spesso si limita a seguire valori e tradizioni propri del genitore appartenente alla cultura maggioritaria, o nel caso di entrambi i genitori stranieri il ragazzo si adegua alla cultura del paese ospitante; talvolta si assiste invece ad un’accettazione acritica dei valori di entrambi i genitori senza che vi sia una chiara ed attenta riflessione alle spalle.
Nel secondo stadio si può assistere ad una crescita dell’interesse nei confronti della propria identità etnica, l’adolescente attraverso letture, visite a musei e avvenimenti culturali incomincia a capire cosa vuol dire poter attingere a due storie culturali differenti per poter formare la propria identità, egli comincia a poco a poco ad osservare criticamente i background culturali dei genitori individuando quindi i temi che diverranno nell’immediato oggetto d’esplorazione. Il secondo stadio è molto importante perché il ragazzo entra a contatto con le differenze culturali che caratterizzano la sua storia familiare, facendo i conti con stereotipi ed immagini sociali attribuiti ai gruppi etnici a cui appartengono i genitori e che di riflesso possono di conseguenza investirlo (Pace, 2008 ).
Una volta superato il secondo stadio e, quindi, dopo aver risolto i conflitti e le contraddizioni legate alla scoperta delle peculiarità etnico-culturali che caratterizzano la famiglia d’appartenenza, l’adolescente è pronto ad interiorizzare ciò che ha acquisito nelle fasi precedenti e quindi a sviluppare la propria identità etnica che, se tutto è andato bene, sarà caratterizzata da profondo apprezzamento e comprensione.
Il fenomeno dell’acquisizione dell’identità etnica si completa dal punto di vista temporale nel periodo di tempo che va dai 16 ai 19 anni e quindi nel periodo di passaggio tra la media e tarda adolescenza. I figli di coppie miste si trovano così a dover fare i conti con l’appartenenza etnica e con gli universi culturali retrostanti i loro genitori in tutte le fasi della loro esistenza, specialmente nell’adolescenza, fase della vita in cui affrontano il difficile compito di costruzione della loro identità.
Lungo questa strada si trovano a dover intraprendere una serie di negoziazioni identitarie con se stessi, la famiglia d’origine e la rete sociale di cui fanno parte fino a definire una stabile identità etnico-culturale.
Quanto detto in quest’articolo può apparire complesso ma, tuttavia, affascinante e di fondamentale importanza perché costituisce una base importante per comprendere ciò che comparirà nella prossima pubblicazione in cui parlerò di come l’adolescente figlio di coppia mista si rapporta con la propria “doppia identità”.
Matteo Baruffi via Luca Mazzucchelli
BIBLIOGRAFIA:
Confalonieri E., Grazzani Gavazzi I., Adolescenza e compiti di sviluppo, Edizioni Unicopli, Milano, 2005.
Confalonieri E., Pace U., Sfaccettature identitarie. Come adolescenti e identità dialogano tra loro, Edizioni Unicopli, Milano, 2008.
Liebkind K., Ethnic identity. Challenging the boundaries of social psychology (in Breakwell G. M., Social psychology of identity ad self-concept), Surrey university press, London, 1992, pag. 147-186.
Mancini T., Psicologia dell’identità etnica: sé e appartenenze culturali, Carocci, Roma, 2006.
Poderico C., Marcone R., I figli dell’immigrazione: percorsi di costruzione dell’identità, Idelson Gnocchi, Napoli, 2004.
Rotheram M. J., Phinney J. S., Introduction: definition and perspectives in the study of children’s ethnic socialisation (in Phinney J. S., Rotheram M. J., Children’s ethnic socialisation), Sage, Newbury park, 1987, pag. 10-28.