Il ritratto della principessa Ife Adetutu Ademiluyi, detta ‘Tutu’, ad opera del pittore padre del modernismo nigeriano, Ben Enwonwu. 1974.
L’opera è il risultato dell’innamoramento del pittore per la principessa che vide per la prima volta nel 1970 nella città di Ife, culla dell’etnia yoruba nel sud-est della Nigeria, dove era professore di belle arti all’Università. Colpito dal suo lungo collo e dalla sua bellezza aggraziata, l’artista impiegò sei mesi nel cercarla e poi nel tentativo di convincere la sua famiglia a farla posare per lui. Un’autorizzazione rilasciata molto di rado per una donna di alto rango. Infatti Adetutu Ademiluyi è nipote di un grande capo tradizionale, l’Ooni (Re) di Ife Ademiluyi Ajagun, morto nel 1930. Enwonwu considerava questo ritratto come il suo capolavoro, in quanto catturava lo spirito dell’emancipazione nera e del movimento della négritude, di cui lui era un fervente sostenitore. “Era convinto che lei personificasse quello che lui voleva esprimere dell’Africa”.
Ogni volta che cerco del materiale su Internet, relativo all’arte Africana, in lingua italiana, mi ritrovo le prime 10 pagine intrise di come l’arte africana abbia influenzato l’Occidente, Picasso, il cubismo e giù di lì …. praticamente nulla di quello che riguarda il mio interesse principale, cioè lo studio e l’analisi approfondita in un’arte considerata, dai più, minoritaria. Senza innescare un improduttivo discorso sul sospetto di razzismo e sulle forme che assume anche in questo ambito, ho deciso di farvi conoscere anche questo pianeta, insieme a quello delle persone di origine e cultura BI-MULTI-TUTTO. Per questo è nata la pagina Facebook “Hub 11.11 – AfroArt Gallery & Cultural Space“, legata al mio piccolo progetto nigeriano di valorizzazione dei talenti artistici Nigeriani, del Continente Africano, e, in generale, del mondo Afro in tutte le latitudini e longitudini di questo pianeta.
L’arte è l’espressione dei nostri pensieri, emozioni, intuizioni e desideri, ma è ancora più personale di così: si tratta di condividere il modo in cui sperimentiamo il mondo, che per molti è un’estensione della personalità. È la comunicazione di concetti intimi che non possono essere rappresentati fedelmente dalle sole parole. L’arte è uno strumento utile per l’integrazione nella società e l’integrità dell’individuo, e la mente del saggio dovrebbe essere abbastanza ampia da abbracciare contraddizione e paradosso, conflitto e incompatibilità, polarità e ambiguità. L’arte è un viaggio e una continua ricerca, specialmente verso la profondità della nostra anima.
In questo concetto di universalità di arte come espressione della propria identità, personalmente, inserisco l’altra mia cultura, quella, appunto Africana, nella fattispecie, Nigeriana.
L’Africa, lo abbiamo imparato nei banchi di scuola, è fatta di tanta storia e di culture diverse; è un immenso e antico continente che, per motivi storici, geografici e di religione è abitato da una quantità infinita di persone di cultura diversa tra di loro. Numerosi sono infatti le etnie, le lingue e le credenze religiose.
Nell’anno 2000 a.C., quando l’arte degli antichi Egizi si era affermata da oltre un millennio, la regione del Sahara si trasformò gradualmente in un deserto. Questo creò una barriera naturale che divise in due il continente africano. Tutte le terre che si affacciavano sul Mediterraneo, insieme a quelle lungo la fascia costiera orientale, restarono in contatto con le varie influenze Europee, Arabe, Persiane ed Indiane, traendo così anche dei benefici economici e culturali. Tutte le altre popolazioni africane invece rimasero isolate, divise in piccoli gruppi etnici e proprio da questi gruppi nasce la cosiddetta “arte tribale”, così chiamata perché spesso è patrimonio esclusivo delle singole tribù.
Possiamo però trovare un dato che accomuna queste differenti etnie nelle loro produzioni artistiche. Questo dato comune è che ogni ispirazione artistica viene data dal profondo legame che hanno con le credenze religiose, la magia e la stregoneria.
Artist: Soku Henry. Congo.
L’Arte Africana ha un effetto spiazzante, per l’osservatore occidentale abituato ai dipinti di un Van Gogh o di un Raffaello. Più affascinante, invece, è agli occhi di chi già apprezza Modigliani o il Cubismo di Picasso e di Braque, perché il Cubismo è figlio dell’Arte Africana. Per poterla apprezzare bisogna imparare a resettare le prospettive pittoriche occidentali, delle proporzioni occidentali, del “bello” secondo i canoni artistici occidentali. Pensi alla perfezione scultorea e ti vengono in mente Michelangelo o Bernini, capolavori di pura perfezione, simmetria e proporzione. Ma lo scopo dell’Arte Africana (o Arte Etnica, Tribale) non è quello che si erano prefissati i due mostri sacri sopracitati, e non perché gli artisti africani non fossero in grado di scolpire e dare forma ad un corpo proporzionato, ma perché non erano interessati al realismo, al rappresentare “una copia del vero”.
Alcuni elementi tipici dell’Arte africana sono le pitture rupestri africane, alcune risalenti al 3000 a.C. circa, e la produzione di maschere realizzate in legno, in metallo, in avorio ed altro.
Le maschere, rappresentano per le varie tribù, uno strumento legato alla magia, o al sociale, infatti sono realizzate non per fini prettamente artistici e di bellezza, ma vengono utilizzate per esempio da Stregoni, per mettersi in “contatto” con gli spiriti o con i morti. Avendo le fattezze di uno spirito, per esempio, vengono utilizzati affinché si possa catturare la forza “soprannaturale” dello stesso, e canalizzarla nel corpo di chi possiede e indossa la maschera. Un altro impiego è quello per fare dei particolari rituali, nei confronti degli adolescenti, che stanno per entrare nell’ età adulta; infatti, vi sarà un adulto, che indossando una particolare maschera, accompagnerà in un “simbolico” cammino gli adolescenti.
Per quanto riguarda la scultura africana purtroppo non vi sono molte testimonianze di opere antiche, per il semplice fatto che gli artisti africani preferivano scolpire il legno, che col tempo si deteriora e marcisce; infatti alcune opere che si possono vedere o sono recenti o sono state fatte in terracotta o di metallo. Soprattutto bronzo e sono spesso di altissimo livello artistico. Un esempio è costituito dalla produzione artistica degli antichi regni Yoruba formatisi lungo le coste del Golfo di Guinea tra il IX e il XVII secolo. Di questa antica cultura dei suddetti regni rimangono soprattutto centinaia di sculture in avorio e bronzo, molte sono le Teste che ritraevano re e regine e che venivano usate in celebrazioni importanti (per esempio, la testa di Oni della città di Ife del XII-XV secolo in bronzo).
La pittura occupa uno spazio a sé, considerata come un attributo delle arti applicate o un mezzo per decorare superfici su sculture, ceramiche o architettura, come sui muri delle fattorie sudafricane di Ndebele. La pittura ha un posto sicuro nelle comunità stanziali, ma la storia dell’Africa subsahariana è caratterizzata da migrazioni prolungate e complessi modelli di insediamento. Oggetti utili, come pentole, stuoie, vestiti, sgabelli, poggiatesta e manufatti spiritualmente importanti sono oggetti portatili; i dipinti e grandi sculture non lo sono. Salvo poi evolversi, fino ai giorni nostri, in opere apprezzati per la loro funzionalità, per i suoi disegni decorativi e simbolici e per le sue dimensioni spirituali. Il colore, elemento fondamentale, non era manipolato in termini di teoria del colore concepita intellettualmente, e non era espressivo in sé (come lo sarebbe stato nell’arte di Van Gogh, Matisse o Kandinsky). Piuttosto, il colore è stato utilizzato in modo intuitivo, scegliendo tra le alternative cromatiche disponibili organizzate per fondere le dinamiche visive con connotazioni simboliche. In molte comunità, i materiali naturali producevano colore; in quanto tali, i colori della terra e i coloranti delle piante creavano una gamma limitata di colori. Per questo motivo, le perle commerciali importate erano molto apprezzate poiché estendevano la scelta dei colori. Il tessuto successivamente importato ha ulteriormente ampliato le scelte di colore.
Artist: Keith Mallett. Rhapsody.
L’arte, in Africa, deve essere compresa in termini africani, piuttosto che da una visione del mondo europea. In Italia, da qualche decennio, le arti visive africane (in particolare quelle etichettate come “tradizionali”) hanno acquisito una propria riconoscibilità e un proprio mercato, pur non essendo entrate nel nostro statuto culturale diffuso. Di fatto, in Italia, non esiste una consuetudine, una familiarità con il retaggio artistico e spirituale delle culture extraeuropee, e meno che mai con la produzione artistica delle società dell’Africa sub-sahariana. Va ricordato che l’interesse per il “primitivo” è un fenomeno arrivato in ritardo nella nostra coscienza artistica, e rimasto comunque estraneo a un clima culturale condizionato da forti meccanismi di proiezione identitaria che fanno riferimento alle radici e alle tradizioni artistiche greco-romane. Indubbiamente poi non ha contribuito al recupero e all’integrazione delle sculture africane in Italia il clima di provincialismo culturale.
E neppure ha giovato alla conoscenza e al riconoscimento degli oggetti africani il carattere tardivo e marginale della nostra esperienza coloniale (l’esiguità della nostro passato coloniale non impedisce peraltro la tenace persistenza nel nostro presente di un certo immaginario stereotipato riconducibile al deprecabile genere conosciuto come “mal d’Africa”), nonché il fatto che nei territori delle nostre ex colonie africane non sussistevano tradizioni equiparabili, quanto a ricchezza di produzione di sculture, maschere, regalia, a quelle delle aree sub-sahariane e forestali dell’Africa occidentale e centrale già amministrate dalle maggiori potenze coloniali.
Artist: Keith Mallett. Magnolia.
In conclusione, a orientare il senso comune , da parte della civiltà europeo-occidentale moderna, è ancora sostanzialmente l’ “invenzione dell’Africa” (concetto espresso nel libro di Valentin Y. Mudimbe, che consiglio, calorosamente, a tutti, poichè spiega come gli occidentali hanno dato origine a distorsioni che operano non soltanto sull’idea generae di Africa, ma anche su quello degli africani che tentano di comprendere se stessi). L’ “l’identità africana” è infatti largamente associata a un’africanità di maniera, fantasticata su un fondo di ignoranza, di preconcetti e di stereotipi e, analogamente, l’arte africana è generalmente ritenuta un’arte avulsa dal corso della storia, originaria per essenza.
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@Wizzy, Afro Bodhisattva, Entrepreneur, Multipotentialite Wantrepreneur, Physical Anthropologist, Freelance researcher of African Studies, culture, tradition and heritage, CEO Dolomite Aggregates LTD and Founder IG MBA Métissage Boss Academy , MBA Metissage & Métissage SangueMisto.