ENCEFALOGRAMMA PIATTO. Preservare il giudizio critico. Sempre e comunque.

Due situazioni, oggi,  mi hanno spinta, a riflettere su alcune problematiche e relazioni “Social”:

  • una recentissima discussione sul Social, che ha meritato tutto il mio disappunto quando sono stata apostrofata, dai soliti leoncini da tastiera, come  una “negazionista” (parola intollerabile, scelto in modo tendezioso e fazioso nei miei confronti, per enfatizzare una realtà per nulla avvicinabile a realtà come il genocidio o alla pulizia etnica – l’ignoranza di non saper attribuire le parole giuste alle persone giuste!!!! E si dicono laureati!!!); sarei, quindi, una negazionista che si ostina a non vedere la realtà, pur essendo (loro) informati (ma non volendolo pubblicamente divulgare) sulla mia profonda cognizione della realtà in discussione e sull’esperienza vissuta sul campo. E, alla mia intolleranza a questo atteggiamento idiota, le persone in questione mi hanno tolto ogni possibilità di replica. Non che mi fossi lacerata la pelle per la disperazione, viste le loro posizioni visibilmente da enciclopedia rispetto alle mie vissute sul terreno… ma tant’è….. lezioncina imparata! Non tutti gli istruiti sono persone intelligenti!

 

  • la gerarchia a cui pare bisogna sottostare per avere una qualche credibilità su un determinato argomento. Cioè, per parlare di Africa (e delle sue problematiche) si richiede una laurea (con tanto di PhD) in Geopolitica dei Sistemi Internazionali, con la quale ci si riempie il cervello (e..peggio! La bocca!) di storia, cultura ed analisi statistiche lette esclusivamente sui libri; e magari, coronare con qualche viaggetto qua e là nel continente, metterlo minuziosamente e gonfiatamente sul proprio curriculum, in modo da rafforzare il diploma di laurea, ottenuto con il massimo dei voti all’Università tal dei tali; oppure conoscere tanti di quegli africani, motivo per cui puoi certificare di conoscere benissimo  la realtà del Continente; oppure, ancora,  sei un biologo, ma (la vita ha voluto così) con profonde conoscenze di infettivologia e virologia, perché, magari, ti sei trovato a fare il virologo in situazioni di emergenza in paesi in tutto il pianeta, hai studiato, hai partecipato a degli esperimenti, hai redatto protocolli in situazioni di emergenza.. insomma sai di che parli perché lo hai sperimentato di persona (con un baglio culturale neanche da ultimo della scuola!!!) e puoi permetterti di dare un opinione (ho detto opinione, non scrivere un tomo di infettivologia!!!!).. e niente… sei gerarchicamente inferiore a chi ha una laurea rindondante, presa presso la migliore università mondiale e che magari non hai mai praticato la professione se non in qualche giornale di gossip.

 

Queste due esperienze mi hanno letteralmente portata a riflettere sul perchè alcune persone si sentano molto più al sicuro avvolte nelle proprie convinzioni; convinzioni che sono omologate a quelle di una platea immensa di altri compagni/amici/colleghi e che non lasciano spazio a confronti con chi la pensa, a torto o a ragione, diversamente. Anzi, si irretiscono in una rete miserabile di banalità, pregiudizi e preconcetti degne delle personalità più becere; e, quando non sono più in grado di uscire dalla gabbia in cui si sono rinchiusi, ecco che offendere e puntare il dito pare la soluzione più giusta. Altra lezioncina imparata: non tutti gli istruiti sono delle persone educate.

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La critica è un ossimoro: una forma d’arte a se stante che però esiste per esaltare le altre forme artistiche. È impossibile e insieme vitale e necessaria all’umanità per riuscire a comprendersi. Non potrà mai morire ma è in continuo pericolo di estinzione. Insomma, è paradossale e tautologica, perché critica è qualsiasi cosa faccia un critico. Nelle intenzioni, è un dialogo – una discussione appassionata, razionale, ma spesso risulta più una performance, che si riesce solo a compiere davanti a un pubblico. La fragilità strutturale della critica è anche questione di buona educazione. Riteniamo che reprimere l’istinto critico sia una delle chiavi di volta per la conservazione dell’armonia, della civiltà e di un dignitoso ordine sociale. Perciò il giudizio critico deve dunque cercare un equilibrio impossibile tra sincerità e cordialità, tra le nostre convinzioni più profonde e le convenzioni esteriori e ipocrite del buon gusto e del senso comune. Così i critici remissivi vengono periodicamente colpiti da “epidemie di gentilezza”, mentre in altri casi prevalgono invece crudeltà e sarcasmo. Una sola certezza: Nessun critico con un minimo di rispetto per se stesso può farsi baluardo della moderazione, nella lode come nella stroncatura. 

Christian Boltanski, Della critica. Compendio di sociologia dell’emancipazione, traduzione di Francesco Peri, Rosenberg & Sellier, Torino, 2014, p. 151.

Internet (e più precisamente i Social),  ha dato sostanzialmente un accesso maggiore e facilitato a tre cose: alle informazioni, al confronto, ai servizi.

Il fatto che oggi una persona abbia accesso ad una mole di informazioni maggiori ed abbia la capacità, in un attimo, di confrontarsi con un numero di persone virtualmente sconfinato, in merito ad una qualsiasi tematica, non vuol dire che quella persona cresca conseguentemente, né che la  presa di coscienza collettiva annulli le paure che prima alcuni non conoscevano.

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Nell’esporci a questo mondo fatato non ci accorgiamo che vi è invece una  battaglia molto più sottile ed invisibile che si sta combattendo oggi: ed è la battaglia per ottenere l’appiattimento progressivo del nostro cervello.

Questa battaglia, sottile e strisciante, mira ad annullare ogni qualunque diversità di pensiero che si opponga in qualche modo al trionfo del pensiero dominante. E’ una battaglia che è iniziata insieme ad internet, appunto, nel senso che nel momento stesso in cui il potere sì è accorto di aver messo un’arma micidiale nelle mani della popolazione, ha anche sentito il bisogno di contrastare la diffusione di quest’arma con una equivalente forma di repressione del libero pensiero.

Man mano che crescevano le capacità critico-analitiche della popolazione, il potere sentiva il bisogno di reprimere questa crescita con una spinta verso l’omologazione e il condizionamento ad un pensiero unificato, isolando, contemporaneamente, il diverso e il pericoloso. Non è più tollerabile che ci siano una serie di voci libere ed incontrollate che agiscono su internet, mettendo in contraddizione i dogmi del pensiero unico globalista.

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La pluralità delle idee, che una volta era considerata alla base della democrazia, oggi viene superata dalla conformità ad una sorta di “codice morale” imposto alla stregua di una dottrina: si è democratici in quanto si accettino “i valori” della società occidentale e si rigetta tutto quello che non è omologato.

Paradossalmente, la democrazia odierna, si è trasformata nel suo opposto: è un criterio selettivo che discrimina idee e comportamenti.

Questo esercizio di appiattimento del pensiero collettivo ha trovato un magnifico partner nel politically correct. E grazie a questo abbinamento si tende ormai ad annullare qualunque elemento nel pubblico discorso che possa in qualunque modo richiedere un intervento critico da parte degli individui. Colpevolizzare chiunque la pensi in modo diverso dal pensiero dominante ha ormai portato a lambire i nostri rapporti quotidiani con i nostri simili.

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Alla fine sono giunta alla conclusione che:

  • Chi ha un cervello, e lo usa per filtrare il tutto attraverso il giudizio critico, maturerà molto più velocemente.

 

  • Chi non ce l’ha finirà col rincoglionirsi ancora più velocemente.

 

Internet, come del resto ogni strumento, è un’opportunità.

E come ogni opportunità, molti la usano per darsi la zappa sui piedi.

Vivere in uno stato di perenne stress e’ possibile solo se sei tu ad auto-produrlo, Nemmeno il terrorismo puo’ tanto… dopo un po’ ti abitueresti anche a quello, ti adatteresti “arrangiandoti” come si fa in guerra. Rendere passivi gli esseri umani e’ la nuova frontiera di chi si occupa di controllo sociale. Dare importanza alla parola come unico mezzo di comunicazione, asfalta il resto e ti trasforma nell’ipocrita di cui il nuovo modello sociale ha bisogno.

Certo… ci si aspetterebbe una reazione, ma per essere tale non dovrebbe generarsi da chi si e’ lasciato volontariamente lobotomizzare!

Guardate l’atteggiamento dei ragazzi a scuola (generalizzo vergognosamente, ed a malincuore, ma sono costretta a farlo per rendere l’idea); la maggior parte non ha nessuna autonomia mentale e iniziativa… sono motivati solo dall’aspettativa di un giudizio benevolo nei loro confronti; hanno un modello televisivo basato sull’uso competitivo delle parole; il confronto si ferma a quel livello. L’intuizione e’ tendenzialmente mortificata… insomma puro materialismo, ma nemmeno edonistico.

Praticamente stiamo rilasciando un permesso speciale affinché la nostra libertà ci venga negata, tolta.

Fermatevi un attimo. Chiudete gli occhi e fate un bel respiro. E rispondete, sinceramente e profondamente a questa domanda: ma quale libertà vi è stata tolta? Non avete una risposta, vero? Non vi risulta nemmeno che vi sia un atto (incoscio o meno) di sabotaggio, da parte vostra, per rinnegare la vostra libertà di esistere, giusto?

E’, forse, libertà quella di correre, ogni singolo giorno, verso il nulla senza fermarvi un attimo? Ora di tempo ne avete in surplus, provate a fermarvi un attimo e chiedetevi chi siete veramente. Davvero siete parte del target di appiattimento totale del pensiero collettivo? E che fate per ribellarvi in modo sistematico e con tenacia irriducibile, a queste sottili onde di conformismo che tendono a coprire quotidianamente tutto ciò che fate? E … perché restare fermi in casa, in questo periodo di pseudo-emergenza, ad alcuni fa impazzire? Come i criceti quando gli togli la ruota dalla gabbia?

Provate a guardare il mondo reale fuori dalle vostre finestre. Ascoltate questo silenzio, a volte surreale (per chi vive in città), a volte naturale (per chi ha fortuna di vivere in campagna o nei boschi), ma che è piacevolmente corredato da un concerto di vita indescrivibile. La libertà ci è sempre stata accanto, ma l’abbiamo abbandonata per le nostre stupide scelte. Viviamo dentro un tempio che abbiamo dimenticato, presi dalle nostre prigioni, ingabbiati in una realtà fittizia; siamo più impauriti della morte che esaltati dalla gioia di vivere, anestetizzati, paralizzati, impauriti dal senso vero della vita. Il tempo pare l’unico nostro bene prezioso, ed ora che ne abbiamo in abbondanza, riusciamo solo a renderci schiavi delle nostre paure, delle nostre inquietudini, frustrati nelle nostre condizionanti frenesie. Siamo diventati dei burattini e nemmeno ci adoperiamo, vista l’occasione del mondo fermo, per riprenderci la scena che ci spetta di diritto dalla nascita. Tanto siamo precipitati nei buchi neri del nostro ego.

Invece di inveire, arrabbiarvi e cancellare dalle vostre “liste amici” persone che la pensano, leggittimamente, e, diversamente da voi, e che sono un valore aggiunto al vostro modo lineare a senso unico di ragionare, godetevi questa reclusa libertà prima che finisca. Fatene tesoro per ritornare in contatto con l’essenza autentica della vita. Altrimenti vivrete di oblio. Il vostro.

@Wizzy,  Afro Bodhisattva, Entrepreneur, Physical Anthropologist, Freelance researcher of African Studies, culture, tradition and heritage, CEO Dolomite Aggregates LTD and Founder MBA Métissage Boss Academy  & @metissagesanguemisto.

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