C’è una cosa di cui vado molto fiera ultimamente ed è la realizzazione del fatto che Métissage Sangue Misto sta dando i suoi preziosi frutti, in fatto di meticciato, mondo mix, valorizzazione etnico culturale e ruolo di ponte tra le diverse culture.
Alcuni di voi mi scrivono entusiasti del piccolo e positivo apporto quotidiano che le pagine Facebook, Instagram, Tumbrl (una gran bella sorpresa e soddisfazione!) e Twitter di Métissage infondono nelle pieghe dei vostri pensieri in fatto di Melting Pot e Métissage Lifestyle; altri chiedono apertamente incontri e eventi da poter concretizzare quanto teorizzato, riassunto e condiviso nel mio WebMag e da quei pochi e riservati (per il momento) e-book che sono riuscita a creare sull’argomento. I miei ragazzi e adolescenti assimilano molto più in fretta di quello che mi sarei mai potuta aspettare ed il clima tra le nuove generazioni, con le loro fragilità, dubbi e patemi, è, tendenzialmente, più recettivo di quello che era qualche anno fa. Le acque si muovono e si muovono in modo davvero spontaneo, come in un processo osmotico in cui viene ridotta la differenza di concentrazione tra due soluzioni, in modo da equilibrare, poi, il risultato finale.
Ma la cosa più bella è che si inizia a vedere, sentire e leggere un’attenzione più dettagliata per i particolari, per le sottigliezze, per la sostanza delle questioni.
Iniziai a prendere seriamente il mondo del Meticciato (parlo di più di una ventina di anni fa, ormai!) da un episodio apparentemente banale. Non sono mai stata una donna che ama truccarsi eccessivamente, ma vi sono cinque o sei elementi di Makeup che non devono mai mancare nel mio beautycase. Un tempo, ero una fan sfegatata delle linee cosmetiche Fashion Fair che acquistavo, rigorosamente, in Nigeria e non avevo alcun problema di sorta nel scegliere le nuance che più si adattavano al mio viso. In Italia mi sono sempre dovuta accontentare delle classiche linee di Chanel e Dior, ma quella che più mi trovava soddisfatta era/è la mitica linea di Shiseido. L’adoravo. L’adoro ancora di più oggi, perché si permea naturalmente con il mio modo di concepire il mondo, creativo, genuino, naturale e con celato tra le sue pieghe, un mistero fatto da una raffinatezza estetica e da una cultura e filosofia orientale che è perno della mia vita (insieme a quella Igbo/Yoruba).
Insomma, per farvela breve, all’epoca con la Shiseido non riuscivo a trovare una nuance di fondotinta adatta alla mia pelle, ed a dir la verità, nemmeno con tutte le altre case di cosmesi in commercio in Italia. La soluzione era mettere la base di fondotinta e poi coprire tutto il viso con abbondante terra abbronzante, una polvere setosa ricca di pigmenti illuminanti che scaldava il tono dell’incarnato e proteggeva dai raggi solari, così da avere quel tipico colorito luminoso che mi apparteneva. Il risultato però era disastroso, perché più che un bel viso da ammirare, la mia era divenuta la caricatura di cerume tipiche delle opere teatrali più espressive. Vi ricordate, quelle donne che spesso non spalmavano bene il fondotinta e creavano quell’orrenda linea di demarcazione tra mandibola e collo, esteticamente brutte da vedere? Ecco… solo che i colori erano invertiti… collo marrone e viso bianco cerume, nonostante l’uso della terra! Horrrorrrrr!!!
Da quell’esperienza iniziai a fissarmi sul fatto che queste benedette Aziende di cosmesi si erano completamente dimenticate di noi e partì tutta una mia ricerca su questo mondo, specificatamente per persone mixed/brown. E .. da cosa, nasce cosa … siamo arrivate a creare Métissage Sangue Misto che abbraccia un universo molto più ampio dell’aspetto prettamente estetico.
In questi ultimi anni noi Mixed siamo stati, però, sempre stati identificati con degli acronimi pazzeschi, quando ci è andata bene, altrimenti buttati dentro lo stesso crogiuolo di una delle nostre parti (solitamente quella nera), costringendoci a rinnegare l’altra (solitamente quella bianca). Ed ecco che escono siglette come POC (People Of Color, un ombrello che comprende tutte le persone di colore diverso dal bianco), BAME (Black, Asian, and minority ethnic), BIPOC (black, indigenous and people of color), BLACK (generalizzato) e AA (African American, per distinguersi dall’African African).
Eppure, oltre questi termini ridondanti, ci siamo noi, nella nostra unicità, a cui non viene dato il giusto peso e si continua a non riconoscerci come entità a sé stanti, con le nostre bi-multi identità, tentando di cancellare, attraverso tecniche assimilative, quello che in realtà siamo. Sono termini che mancano di senso di umanità, descrittori generici e inadeguati che portano, sottilmente e velatamente, un suggerimento di inferiorità, di essere “meno” del gruppo che non è in minoranza, o un suggerimento di superiorità, di essere “più” del gruppo che è in minoranza..
Almeno fino a ieri.
Oggi mi è arrivata una mail meravigliosa, illuminante e correttiva di questo atteggiamento di continua assimilazione per semplificare una complessità che agli occhi dei più pare ingestibile. La persona, nel illustrami il suo progetto, ha testualmente scritto….. “i Black e i mixed“. I Black E i Mixed. Non so se vi è chiara la differenza. Ha semplicemente riconosciuto due entità diverse. I Black E i Mixed. BINGO! Il linguaggio è cambiato, anche se, devo dirla tutta, cambia molto più lentamente di quanto stia cambiando la popolazione stessa! La popolazione Mixed è tendenzialmente ed inevitabilmente (grazie alla globalizzazione, alle migrazioni, alla facilità di muoversi) in aumento e, generalmente viene considerata una cosa molto positiva perché rappresenta, ed è, indice di una maggiore integrazione sociale. Di contro, però, crea problematiche riguardo al linguaggio che usiamo per parlare di categorie razziali sia individuali che di gruppo.
Le cose sembrano virare verso lidi più ampi e verso orizzonti più aperti. Ma vi siete mai chiesti come i differenti gruppi razziali percepiscono noi Mixed, Bi-Multirazziali? La maggior parte decisamente ci considerano neri e questa classificazione è legata all’eredità delle leggi razziste che si basavano sulla cosiddetta “One-Drop-Rule“ (la regola della goccia unica), la quale stabiliva che, avere anche un solo antenato nero, significava che una persona era considerata nera.
La One-Drop-Rule, detta anche pratica ipodescente, si riferisce all’assegnazione automatica da parte della cultura dominante dei figli di un’unione mista o di relazioni sessuali tra membri di diversi gruppi socioeconomici o gruppi etnici al gruppo subordinato. E’ stata considerata legale negli Stati Uniti per secoli, ma, sebbene la legge sia ormai defunta, gli studi dimostrano che molte persone pensano ancora a coloro che sono birazziali come neri.
Prendete, per esempio, Barack Obama. È comunemente considerato il primo presidente nero d’America, sebbene sua madre fosse bianca. In effetti, nel più recente censimento degli Stati Uniti, lui stesso si è classificato come nero, invece di selezionare altre caselle come “multietnico“. Sulle sue motivazioni si apre un altro discutibilissimo capitolo.
In passato, ma anche oggi, si è scoperto che tra i bianchi, la tendenza a classificare le persone birazziali come nere è associata a livelli più elevati di anti-egualitarismo, la convinzione che alcuni gruppi sociali siano intrinsecamente superiori agli altri. I bianchi anti-egualitari sono particolarmente propensi a classificare le persone birazziali come nere quando percepiscono la scarsità economica o se i neri sembrano guadagnare status sociale, ponendo così una minaccia alla posizione dominante dei bianchi. Le persone che supportano la gerarchia tradizionale sono particolarmente propensi a classificare un nero-bianco birazziale come nero, e, così facendo aiuta a mantenere i confini di status tra quei gruppi in cima e quelli in fondo alla società.
Ma cosa pensa la minoranza nera delle persone birazziali? Questa è una domanda ampiamente trascurata nelle ricerche e negli studi fatti sino ad oggi, perché ci si è concentrati solo sul punto di vista dei bianchi. Ovviamente, la strada ce la spianano le ricerche effettuate dalle Università Americane, dove l’argomento è più dibattuto e più approfondito. Da una ricerca fatta, contemporaneamente dalle Università del Michigan e dello Utah, su 200 partecipanti bianchi nati negli Stati Uniti e 200 partecipanti neri nati negli Stati Uniti, è stato posto loro una serie di domande su come pensassero un bambino mixed bianco/nero dovesse essere considerato: più bianco o più nero? . I ricercatori hanno anche posto ai partecipanti cinque domande su un bambino con un genitore nero e un genitore bianco, tra cui “Pensi che il bambino dovrebbe essere considerato relativamente nero o relativamente bianco?” e “Pensi che il bambino sembrerà più bianco o nero?”
Nel complesso, sia i partecipanti bianchi che quelli neri hanno valutato il bambino birazziale leggermente più nero che bianco. Su una scala da 1 (“relativamente bianco”) a 7 (“relativamente nero”), i partecipanti bianchi hanno fornito una valutazione media di 4,25, mentre i partecipanti neri hanno fornito una valutazione media di 4,42. In entrambi i casi, queste valutazioni erano (statisticamente) significativamente diverse dal punto medio neutro della scala.
Tuttavia, la relazione tra le tendenze egualitarie dei partecipanti e il modo in cui percepivano il bambino nero differiva tra i partecipanti bianchi e neri.
I partecipanti bianchi che hanno classificato il bambino come più nero avevano livelli leggermente più alti di anti-egualitarismo, proprio come avevano trovato ricerche precedenti. Ma, in una nuova scoperta, i partecipanti neri hanno mostrato la tendenza opposta: coloro che hanno classificato il bambino come più nero avevano maggiori probabilità di approvare il principio di uguaglianza tra i gruppi sociali. Come scrivono i ricercatori, “i percorsi alla base di queste categorizzazioni non sono solo diversi, ma opposti nello spirito“.
Ora, con tutto il rispetto per le interessantissime ricerche americane, vorrei farvi notare come tutto quello che arriva dall’America non viene mai contestualizzato come succederebbe se venisse da altri luoghi del pianeta. Sembra che siano assunti generali, validi per tutti e continuiamo ad essere sempre più dipendenti dagli Stati Uniti, quando l’Europa, e l’Italia in particolare, ha la propria storia (quella coloniale e delle migrazioni) da cui attingere spunti di diverse riflessioni.
Definire un’identità è un processo molto difficile, complesso e a cui concorrono diversi elementi (l’etnia, la lingua, la provenienza geografica, l’appartenenza cultura, la fede religiosa, la famiglia, il fenotipo…. ). Si tratta però di un processo che parte dalle parole e arriva a influenzare il modo in cui narriamo la multietnicità in Italia. Eppure, pare, che qualcuno inizi a cogliere il senso di questo processo e di come possiamo dare grande rilevanza alla transnazionalità delle identità.
Ed ecco che, come per magia, l’uso della congiunzione “e” aiuta a dare forma a qualcosa che fino a ieri poteva essere solo Black. E’ quel ponte di cui noi Mixed parliamo tanto per far comprendere come siamo un’entità a sé stanti e con una ruolo ed una funzione diversa da chi è monorazziale. Senza, poi, tanto bisogno di scomodare la parola “razza“, una semplice congiunzione ha stabilito che oltre al bianco, nero, giallo, rosso e blu, vi è anche qualcos’altro che è la simbiosi di tutte le altre, mescolate in infinite forme e sfumature. Identità che non sono più astrazione su classe, genere, luogo, spazio e questioni strutturali più ampie, ma sono, concretamente, esperienze di diverse problematiche in base alla percentuale di tonalità/sfumatura acquisita. Sono concretamente, esposizione delle sfide personali nel trovare la nostra posizione nella società, influenzata (o in alcuni casi assicurata da) la nostra vicinanza sia alla bianchezza (per quelli con visibilmente più chiari) sia alla nostra vicinanza a un altro stato razzialmente ambiguo – ma spesso feticizzato (e celebrato). Sono, concretamente, la realizzazione che anche noi (e in particolare le persone miste con il nero) dobbiamo affrontare l’inevitabilità di sperimentare il razzismo per tutta la vita.
Quindi, quando siamo chiamati a dare del nostro in Società, l’elenco si fa completo perché si parla di bianchi, neri, orientali E mixed. A voi sembrerà un particolare da poco conto, ma per noi è qualcosa di finalmente stra meritato. A forza di sgomitare per uscire dallo status di invisibile, o peggio, rilegati in una categoria che non ci appartiene PIENAMENTE, abbiamo compreso come la nostra storia e i personaggi che ci hanno rappresentato nella storia, fossero sempre stati nascosti perché costretti a scegliere un’etnia rispetto all’altra. Ora il mainstream ci ha restituito un po’ di giustizia storica e sociale. Abbiamo compreso che, socialmente, il colore della nostra pelle (e le relative sfumature) hanno qualcosa a che fare con chi siamo e sono molto più importanti del fatto che abbiamo letto molti libri o che siamo molto bravi a scrivere; come, d’altro canto, abbiamo capito la nostra fragilità nel rifugiarci in quella parte della nostra razza in cui tutti si aspettano che noi dichiariamo di essere, cancellando completamente una parte della nostra identità.
Ma quella congiunzione “e” ci ha dato l’opportunità di fare il salto successivo, di far forza sui molti vantaggi e sfide che, inevitabilmente si presentano nel nostro cammino, equilibrando gli stereotipi ed i rifiuti che spesso arrivano da più gruppi razziali. Ci ha dato modo di sviluppare una flessibilità e agilità mentale in grado di cambiare, senza soluzione di continuità, le nostre identità razziali, e acquisire una capacità creativa di risoluzione dei problemi, una maggiore autostima, e un maggiore coinvolgimento sociale, una volta potenziato la consapevolezza delle proprie identità multiple ed assimilato una certa pratica nel navigare tra più identità.
Finalmente, quella congiunzione “e” ci ha permesso di disfarci (se non altro, visivamente) di quel concetto di razza, storicamente usato per decidere se classificare qualcuno come “dentro nel gruppo” o “fuori dal gruppo“. I nostri volti, razzialmente ambigui, sventano questo approccio essenzialista, ammorbidiscono i bordi taglienti del divario all’interno del gruppo e all’esterno del gruppo, portando a atteggiamenti più egualitari e ad un’apertura verso persone che altrimenti avrebbero potuto essere considerate parte dell’esterno. E secondo questa logica, amo ricordare a tutti coloro che lottano per una Società più egualitaria, che per cambiare gli atteggiamenti razziali, non è solo necessario essere in un ambiente fatto di diversità, ma è fondamentale formulare relazioni, anche, e soprattutto, con i membri del gruppo esterno. Chiudersi a riccio, leccandosi le ferite, porta, inevitabilmente ad atteggiamenti aggressivi, incomprensibili (da chi ci vede dall’esterno) e chiusura verso quello che dovrebbe essere il nostro ruolo principale: insegnare agli altri come interagire, amalgamarsi e fondersi (pur mantenendo le proprie identità), rispettandola natura di tutti.
Non siamo certamente la soluzione alle relazioni e ai problemi razziali, ma abbiamo la capacità di indurre le persone a ripensare a ciò che la parola razza può o non può significare per loro, stimolando discussioni più aperte e autentiche. I nostri atteggiamenti e le identità sono malleabili. Esporre le persone a coloro che sono diversi, è il modo migliore per promuovere l’inclusione e l’effetto collaterale è che possiamo beneficiarne anche a livello cognitivo. Se iniziamo a riconoscere che tutti abbiamo identità multiple, possiamo essere tutti più flessibili e creativi. E riuscire a vedere quanta importanza e quanta rilevanza la congiunzione “e” ha apportato al nostro esistere come gruppo sociale.
Luisa Wizzy Casagrande, Biracial, Bicultural, Mixed & Matched with a Italian and Nigerian Heritage.
Sono un’imprenditrice multidimensionale, poliedrica, multipotenziale, con molti interessi e innumerevoli passioni. Appartengo alla tribù delle “donne rinascimentali” , dinamiche e vibranti e non vorrei che fosse diversamente. Non sono programmata per fare solo una cosa nella vita. Ho una formazione di Antropologia Biologica, Co-Fondatrice e CVO di DOLOMITES AGGREGATES LINK NIG. LTD, ricercatrice e freelance di studi africani, cultura, tradizione e patrimonio, e fondatrice di Métissage Sangue Misto, un utile WebMag, una comunità riservata, basata sui principi dell’intelligenza emotiva, del mentoring e dell’auto-potenziamento dell’identità delle persone Mixed e multiculturali. Métissage Sangue Misto è stato fondato in Italia, per celebrare e aiutare le persone miste e multiculturali a trovare ispirazione e scopo nella vita di tutti i giorni. IG MBA Métissage Boss Academy , MBA Metissage & Métissage Sangue Misto. , Telegram Channel, e ClubHouse come @wizzylu), sono spazi sicuri che ho creato, dove navigare in una profonda ricerca di sé stessi attraverso piccole grandi scoperte, condividendo l’esperienza del “vivere misto” ed agendo come un ponte tra due (o più) culture. Un luogo dove condividere orgoglio, coraggio e saggezza, superando quelle incertezze e convinzioni che spesso ci portano a una visione distorta di noi stessi e del mondo in cui viviamo, e che, invece, ci spingono ad investire nella consapevolezza di contenere, nel nostro essere, una miriade di possibilità. Il mio obiettivo è sensibilizzare le persone Mixed, sia personalmente che individualmente, nelle comunità, nelle scuole, nelle organizzazioni e nelle Aziende, concentrandomi sull’importanza di abbracciare tutte le culture a cui apparteniamo e cercare di imparare dalle nostre storie. Dobbiamo impegnarci a cercare di capire come il nostro background e le nostre culture miste influenzano il modo particolare in cui ci muoviamo nella nostra vita quotidiana. Sono determinata a dimostrare come la diversità sia la vera rappresentazione del mondo e vorrei abbattere i muri che si frappongono al confronto, costruendo invece ponti forti che permettano alle persone di attraversarli in sicurezza e con grande autonomia