Sii un incoraggiatore. Il mondo ha già molti critici. Ricorda sempre che sei assolutamente unico. Proprio come tutti gli altri.

Il mondo è dei coraggiosi.

Risolvere i conflitti attraverso una conversazione coraggiosa e una comunicazione chiara.

Sii un incoraggiatore. Il mondo ha già molti critici. Ricorda sempre che sei assolutamente unico. Proprio come tutti gli altri.

 

Gestire un blog ed una Community è una delle esperienze più belle ed arricchenti nel mondo Social. È un ciclo quotidiano, senza fine, di creazione di contenuti e di coinvolgimento dei membri della Community  in temi interessanti, con lo scopo di ispirare e creare situazioni in cui il confronto possa essere un valore aggiunto al nostro modo individuale di riflettere e alla nostra visione delle dinamiche umane.

 

E’ anche un modo efficace per affrontare le proprie paure e per uscire dal proprio guscio, mettendosi in gioco e lasciando che i propri pensieri e le proprie idee siano ascoltati. C’ è la disposizione di una piattaforma dove esprimersi liberamente, dove confrontarsi con gli altri, dove, qualora ce ne fosse bisogno, superare la sindrome dell’impostore e la sensazione di non essere abbastanza bravi. Scrivere su un argomento di cui si ha  paura, per esempio,  può essere catartico e aiutare a superare quelle emozioni.

 

 

Una cosa che non si può negare è che gestire un blog espone a un’enorme e vivace comunità di nuove persone e la cosa meravigliosa di questo è che offre la possibilità di interagire anche, e soprattutto, in contesti nuovi, mettendo nella condizione di imparare e sperimentare cose nuove. Si condividono interessi comuni sulle quali, non sempre si hanno, le stesse visuali e proprio questo dà l’opportunità di riflettere approfonditamente sulle proprie posizioni.

 

 

Un blog è una lunga maratona solitaria, non uno sprint. Un lento percorso dove spesso ti ritrovi infagocitato in un marasma di idee e di progetti che richiedono ore e ore di lavoro, di preparazione e di riordino e per uscirne devi affilare tutte le tue abilità di persona paziente, di grande dedizione e impegno. Scrivere in un blog potrebbe anche significare, per alcuni,  essere vulnerabili perché condividere, con il mondo intero, i propri pensieri, la propria visione e le proprie convinzioni, può farti sentire nudo, spoglio e senza difese, alla mercé di un piccolo o grande pubblico giudicante (a volte senza pietà!). In realtà penso che sentirsi nudi sia l’unico modo per rompere la propria zona di comfort e riuscire a mettere, in parole, qualcosa di epico che rappresenti le emozioni e che possa essere d’aiuto alle persone che vi si riconoscono. L’importante è saper gestire i giorni in cui la ruota non gira per il verso giusto, quelli in cui ci si sente inarrestabili o quelli in cui ci si  sente fonte di ispirazione. E’ un atteggiamento che porta a scoprire il valore che si detiene ed a poterlo impreziosire donandolo agli altri e condividendo il proprio modo di essere, nella speranza di essere di un qualche impatto in chi, leggendo, si trova a vivere una similitudine con la propria esperienza o con una realtà nuova che aiuti ad aprire gli occhi, dando una visione unica e la possibilità di imparare.

 

Ma, si sa, intrattenere relazioni sane con le persone non è un compito facile, tanto meno quando ci si trova in una community, dove le esperienze sono delle più disparate e dove il bisogno di declinare il concetto di “rispetto” diventa impellente, se non fondamentale. Trovo che ci sia una parola unica che possa descrivere ed accomunare chi scrive in un blog e chi legge, chi gestisce una community e chi vi è parte: coraggio!

 

 

Le relazioni quotidiane, qualunque esse siano,  riempiono le nostre vite. Richiedono investimenti di tempo e cure, soprattutto quando sorgono conflitti. Così pure quelli online, con la differenza che la gestione delle modalità di aggregazione, la scelta degli strumenti, dei servizi e delle categorie di discussione sono gestite con un certo criterio per creare un ambiente in cui i membri si sentano liberi e sicuri di esprimersi, di dialogare, di comunicare, di collaborare, senza paura di essere giudicati o male interpretati, cosa che alla fine contribuisce alla crescita e allo sviluppo di una buona comunità virtuale.

 

 

Come vedete non è un compito facile. Stimolare le conversazioni fra i membri  e coinvolgerli in discussioni costruttive ha senso solo se vi è un terreno fertile per farlo e se vi è reale interesse di conoscenza verso l’altro. Questo, non sempre succede. Anzi, come nelle dinamiche della vita offline, anche in quelle online ci si trova spessissimo ad affrontare conflitti relazionali, di comunicazione, di comprensione e, soprattutto l’invisibilità dei membri poco attivi se non totalmente inesistenti. Questi ultimi possono essere definiti dei bystander (spettatori apatici) che leggono, osservano, non si perdono un solo articolo, ma che rimangono impassibili, non offrono nessun stimolo (nemmeno un segno di presenza) e, il più delle volte, invitati a partecipare, sfoggiano atteggiamenti di ambiguità, sospetti infondati (ora verso un membro ora verso l’altro), amano seminare zizzania buttando una parola qui e là e si sottraggono alla responsabilità del confronto pubblico, al cospetto degli altri membri che per un lungo periodo di tempo hanno osservato  e studiato in tutte le loro sfumature. Di fondo c’è una reticenza ad aprirsi agli altri, pur condividendo gli stessi interessi e le stesse problematiche.

 

 

La maggior parte delle persone non si sente abbastanza sicura per parlare dei propri bisogni e paure più profonde, perché sa che poche persone sono disposte a cercare di ascoltare dal punto di vista di un’altra persona. Inoltre ve ne sono altre che hanno una grande paura del rifiuto e del fallimento: un problema o una persona le fanno sentire inaccettabili o inadeguati e, di conseguenza, non si sentono bene con sé stessi. Ecco che mi viene naturale parlare ed invitare chi si mette in un angolo, rimuginando espressioni non sempre benevole, ad imparare ad avere delle conversazioni coraggiose.

 

 

 

 

 

Le conversazioni coraggiose, nonostante siano scambi non particolarmente piacevoli (anche se possono essere riformulate molto positivamente), sono strumenti efficaci che possiamo utilizzare per risolvere i conflitti relazionali o, semplicemente per esprimere con serenità il proprio stato d’animo e le proprie riflessioni su un determinato argomento, creando un un’atmosfera di ascolto paziente che fonde gli elementi della partecipazione e delle emozioni, facilitando così una comunicazione più profonda e rispettosa gli uni degli altri.

 

 

L’empatia è il trade d’union che fa sì che si riesca a vedere con gli occhi dell’altro, provando a scorgere  come vede, iniziando a capire perché dice o agisce in un determinato modo. Entrambi possono guardare insieme la verità (inteso come un punto in comune) e ognuno sarà sfidato ad apportare le modifiche necessarie per risolvere il conflitto. Questo atteggiamento di cercare di capirsi e di lavorare insieme per trovare una soluzione è la chiave del successo di conversazioni coraggiose.

 

 

Sono fondamentali per permettere alle persone di poter evolvere all’interno delle loro organizzazioni o community e di rinunciare agli atteggiamenti scorretti. Questo tipo di conversazione si affronta quando le persone sono preparate a farlo e non hanno paura di idre ciò che onestamente pensano e sentono. Sono possibili quando la persona è preparata a farlo in modo positivo e costruttivo (mai offensivo), affinché gli altri possano ascoltare il suo messaggio senza giudizio e rispondere in modo pertinente.

 

 

La fiducia è una dimensione della vita organizzativa e rappresenta il collante delle conversazioni coraggiose. Ma la fiducia non emerge dal nulla. Far sì che si instauri un rapporto di fiducia richiede un sostanziale investimento di energie prima che i membri di una community siano disposti davvero a fidarsi  gli uni degli altri.

 

 

Le conversazioni coraggiose ci impongono di impegnarci in un dialogo con persone con cui normalmente non parliamo di determinate cose. Ma il coraggio di avere queste conversazioni ci aiuterà a risolvere i conflitti relazionali. Se non siamo in grado o non vogliamo avere queste conversazioni, gli effetti si diffonderanno al di là delle parti immediatamente coinvolte. Dare un feedback su questioni delicate può essere molto impegnativo. Molti di noi sono riluttanti ad affrontare le aree problematiche e si sottraggono la confronto. La nostra naturale inclinazione è verso l’evitamento, anche se, la negazione di un problema lo può risolvere solo temporaneamente. Se le questioni cruciali non vengono affrontate, e vengono lasciate a ristagnare, diventano oggetto di pettegolezzo e voci di corridoio all’interno della Community, fino ad esplodere in un conflitto dannoso e offensivo.

 

 

Il semplice fatto di iniziare una conversazione con persone con le quali abbiamo un problema, all’interno di un gruppo, può essere estremamente liberatorio, a prescindere dal raggiungimento di una soluzione e può trasformarsi in un punto di svolta per la creazione di migliori rapporti. Avere queste conversazioni è un modo molto efficace per trasmettere il messaggio giusto, alle persone giuste, nel momento giusto. Permettono alle parti coinvolte di vedere le cose da una prospettiva più ampia, offrendo l’opportunità di esplorare ciò che accadrebbe se nulla cambiasse e se i pattern comportamentali rimanessero inalterati.

 

 

Quando affrontiamo, per esempio, il discorso di razza (tema alquanto pericoloso in certi frangenti, perché scatena emozioni che tutti, in un modo o nell’altro, abbiamo imparato a nascondere), la conversazione coraggiosa diventa una strategia per abbattere le tensioni razziali ed affrontare il tema del razzismo come argomento di discussione che consenta, a chi possiede le giuste conoscenze su argomenti particolari, di condividerlo e coloro che non hanno le conoscenze, di  imparare e crescere dall’esperienza.

 

 

Se queste conversazioni avvengono in modo autentico, sincero e costruttivo, contribuiranno alla costruzione di un senso di fiducia tra coloro che si sono impegnati in esse. Quando vediamo le cose da una prospettiva dell’altro, possiamo capire meglio perché si comportano così. Abbiamo sempre difficoltà a comprendere perché gli altri non la pensano come noi. Ma se assumiamo un assetto empatico, possiamo raggiungere una maggiore consapevolezza di questioni complesse, aprendoci la strada per compiere i passi successivi. E’ attraverso questo strumento che un gruppo può affrontare le questioni che hanno bisogno di essere verbalizzate. Non affrontare i conflitti in atto, o nascondere le proprie emozioni, può creare seri problemi. Se alcune questioni rimangono inespresse, sarà molto difficile progredire e la ragion d’essere del gruppo rischia di svanire.

 

 

Come avere le conversazioni coraggiose?

 

Iniziamo con l’affrontare le paure più recondite. La paura è uno dei motivi principali che impediscono di avere una conversazione coraggiosa e si presenta sotto molti travestimenti, ovvero scuse. “La situazione non è così grave” o “forse non vale la pena menzionare il problema” sono alcuni dei pensieri pericolosi che spesso impediscono di  essere coraggiosi. Sono convinzioni autolimitanti che alimentano la paura ed è importante conoscerle profondamente. Forse si teme il rifiuto, forse si teme di poter peggiorare le cose, o forse ci si sente vulnerabili. L’elenco delle scuse potrebbe continuare all’infinito. Chiedersi quali siano le conseguenze se non si fa  nulla e se si è disposti ad  accettare le conseguenze è il primo passo per cercare di comprendere il nostro atteggiamento di fronte alla paura.

 

In secondo luogo, affrontare il proprio EGO. Può ostacolare l’essere obiettivi e raggiungere una soluzione mirata al bene di una relazione, non a te quanto individuo. In una conversazione coraggiosa si dovrebbe esprimere i propri sentimenti ed essere  fedele a sé stessi. Se l’ego controlla il cuore, e ci si chiude in una totale protezione di esso,  ci si  concentrerà sull’essere giusto invece che sull’essere vero. La conversazione riguarderà la propria frustrazione o rabbia verso l’altra persona. Se la conversazione riguarda sé stessi e  il proprio senso di diritto, la conversazione prenderà una piega di risentimento e accuse reciproche. Compiacere il proprio ego non farà altro che far sentire l’altra persona attaccata e, di conseguenza, reagirà. Non ci sarà alcuna soluzione. Al contrario, tenere a bada il proprio ego ed essere autentico nel condividere i propri pensieri e sentimenti, metterà nelle condizioni di essere più aperto ad ascoltare il lato della storia dell’altra persona.

 

 

In terzo luogo, capire perché si vuole avere una conversazione coraggiosa. Qual è lo scopo e cosa si spera di ottenere? Una volta capito il perché, si sarà  in grado di decidere quali sono i “rischi” dell’avere la conversazione e prepararsi  a provare disagio, a discutere dell'”indiscutibile” (quelle questioni che non si vuole affrontare, ma che si sa di dover affrontare) e a trovarsi dinnanzi a un niente di fatto.   La maggior parte delle persone è più a suo agio nel mantenere irrisolti vecchi problemi piuttosto che lavorare su una soluzione, quindi si potrebbe non essere in grado di trovare un punto in comune, oppure ci vorrà più tempo del previsto per lasciare del tempo per riflettere.

 

 

Quando la maggior parte delle persone vive un’esperienza personale o di disagio collettivo nelle conversazioni, sono inclini a disimpegnarsi. Coloro che, per esempio,  si impegnano in conversazioni coraggiose sul tema della razza e del razzismo devono ammettere che potrebbero non sapere tutto ciò che hanno affermato di sapere,  o creduto onestamente di sapere. Dal momento che siamo – individualmente e collettivamente – costantemente socializzati dal punto di vista razziale, è probabile che scopriremo pensieri  intensi  di disaccordo e sperimentiamo nuovi livelli di dissonanza cognitiva mentre disimballiamo le prospettive che abbiamo assorbito. Non dobbiamo ritirarci dalla conversazione quando le nostre opinioni non sono in linea con quelle degli altri o con quelle che avevamo in precedenza. Normalizzando la presenza di prospettive multiple, possiamo evitare situazioni in cui un modo dominante di intendere la razza invalida tutte le altre esperienze e i punti di vista diversi. Scopriamo quanto sia razzializzato la nostra identità e la nostra visione. I membri di un gruppo dovrebbero incoraggiarsi a vicenda e impegnarsi in un autoesame delle proprie identità razziali e delle proprie storie razziali personali. Una conversazione coraggiosa richiede che ci abitui al disagio di abbandonare le vecchie abitudini.

 

 

 

Infine, non aver paura di esprimere la propria verità.  Una conversazione coraggiosa richiede che i partecipanti siano onesti  riguardo ai propri pensieri, sentimenti e opinioni. Troppo spesso i partecipanti non  lo sono per paura di offendere, apparire sgarbati o sembrare ignoranti nelle conversazioni ed assumono un atteggiamento di silenzio , permettendo che le loro convinzioni e opinioni vengano interpretate erroneamente o fraintese. Molte credenze riguardanti la razza, per esempio, sono basate su idee sbagliate. E’ proprio attraverso la condivisione di sentimenti onesti e sinceri, a prescindere se il partecipante crede che siano in linea con quello che pensa il restante del gruppo, che i partecipanti possono iniziare a trasformare sé stessi. A volte, a causa del silenzio pervasivo che copre o soffoca l’argomento sulla razza, le persone non sanno cosa provano riguardo al tema  e potrebbero navigare nell’angosciante incertezza. È fondamentale non scambiare questo silenzio per resistenza o considerare frettolosamente qualsiasi prospettiva come un’indicazione dell’ideologia razzista di una persona, cercando, invece,  di impegnarsi nella conversazione.

 

 

 

 

 

 

 

Luisa Wizzy Casagrande, Biracial, Bicultural, Mixed & Matched with an Italian and Nigerian Heritage. Sono un’imprenditrice seriale, multidimensionale, poliedrica, multipotenziale, con molti interessi e innumerevoli passioni. Non sono programmata per fare solo una cosa nella vita.

Ho una formazione di Antropologia Biologica, Co-Fondatrice e CVO di DOLOMITES AGGREGATES LINK NIG. LTD, investitrice, ricercatrice freelance di studi, cultura, tradizione e patrimonio africani, e fondatrice di Métissage Sangue Misto,  WebMag  e Lounge Community riservata. Oltre all’Azienda Mineraria, mi occupo di Consulenza sulla Diversità Culturale e Developmental Mentoring, sviluppando programmi di mentoring one-to-one, tagliati su misura per singoli individui, Istituzioni Scolastiche, Organizzazioni Multiculturali e Aziende.

 

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