Quanto diresti di conoscere te stessa? Cosa ti rende la donna che sei oggi? Hai uno scopo nella vita? Se è così, che cosa è? Sai cosa ti rende felice o le cose che vuoi dalla vita?
Queste domande sono al centro di ciò che è la scoperta di sé. Essendo il fondamento della famiglia e l’educatore dei bambini, sapere chi sei è essenziale per vivere una vita prospera e, cosa più importante, allevare bambini che fanno lo stesso.
Quando sei così presa dalla vita, la tua mente diventa annebbiata da tutto tranne che da te stessa. Sei troppo impegnata a lavorare sodo, a fare la madre ai tuoi figli e ad essere una roccia per il tuo coniuge che, rimanendo fedele a te stessa o persino conoscendo il tuo vero io, si fa strada in fondo alla lista delle cose da fare. Molte donne ne sono consapevoli, ma poche fanno davvero i passi per scoprire il loro vero sé.
Dobbiamo avere il coraggio delle domande giuste! Chiederci dove siamo finite. Chiederci chi non abbiamo il coraggio di tradire. Chiederci quale nostro potere stiamo nascondendo. Dobbiamo vivisezionarci, pezzo dopo pezzo ed attingere al nostro maschile, a quell’Animus che è forza e azione, tirare fuori il nostro fuoco, la nostra rabbia che compie giustizia e mette a posto e ripristina l’ordine. Dobbiamo richiamare con il nostro canto, il nostro fuoco, risvegliare le nostre membra, aprire la porta, e cantare il canto della nostra anima. Risvegliarle con il canto, con la danza, con il tamburo, la meditazione, la pittura, con tutte le arti. Bussare alla porta della nostra psiche femminile profonda cercando le nostre Parole. Quelle che parlano di noi, Donne Selvagge, parlano della voce dell’anima e che ci condurranno a compiere azioni creative nelle nostre vite. Perché la connessione con la nostra donna selvaggia non muore mai, vive e si cela anche nel fastidio, nell’insoddisfazione, nella solitudine, nei nostri errori, e lei attende solo che noi le diamo di nuovo ascolto e linfa vitale. È sempre possibile ritrovare le nostre ossa, sono i frammenti indistruttibili della nostra anima.
La Donna Selvaggia è sempre stata al mio fianco perché sono nata e cresciuta in un luogo di questo pianeta, intrisa di energia vitale e vibrazioni primordiali, esperienze che continuano a infondermi quel senso di femminilità che la maggior parte del mondo Occidentale sembra aver perso. E per Selvaggia non intendo, come ritiene la stragrande maggioranza delle persone, primitiva, barbara, arretrata, inferiore o rozza. No! Selvaggia significa autentica, innata, vitale, naturale, integra, indomabile, essenziale. La Donna Selvaggia è la natura intrinseca delle donne; una natura indigena, saggia, creativa, presciente e viscerale. E’ coraggiosa (indipendente, istintiva ed esploratrice); è intelligente (strategica e determinata); è pura (profonda e intuitiva); è appassionata (devota e fedele); è generosa (accogliente e protettiva); è presente fuori quanto dentro (mistica e sensibile); è magnetica (creativa ed armoniosa). Conoscendola, possiamo lasciar cadere i falsi manti che abbiamo indossato, diventare vigili, consapevoli e presenti a noi stesse.
Vivendola, possiamo anche trovare il nostro “branco”, ridere, cantare, danzare insieme. Senza di noi la donna selvaggia muore; senza la donna selvaggia siamo noi a morire. Lei è il nostro cuore, che regola l’intero organismo!
La Donna Selvaggia è l’archetipo dell’anima profonda di ogni donna, quel sapere profondo e ancestrale che abita in ciascuna di noi. Dice del nostro potere profondo, quello che ci fa stare con le radici nella terra, che profuma di boschi e di brezza di mari profondi. È connessa con un sapere atavico, di donne con le donne, tramandato da generazione in generazione, si svela nelle fiabe iniziatiche antiche, entra in relazione ciclicamente con quel potente e sacro “fiume che scorre sotto il fiume” che risuona parole antiche, visioni oltre, intuito, saggezza, canto, e creazione, resilienza, ebbrezza, sensualità e bellezza. La donna connessa in profondità con la sua essenza selvaggia rispetta e riconosce i cicli naturali di vita/morte/vita; lei è ciò che sussurra nei sogni notturni delle donne, ovvero la voce interiore che giuda le donne dall’oscurità alla luce, dalla morte all’immortalità spirituale e mentale. E’ connessa con le forze della natura, con i mondi sottili e profondi, non teme nulla, conosce tutto, vede, sa, intuisce. Ha una grande forza ( proprio come un lupo alfa) inventa, crea, osa, è audace, porta simboli e storie, tramanda e sa tessere i fili, di generazione in generazione. Non ha paura della verità, dei sentimenti forti. E’ intuito femminile e ribelle.
Tutte noi sappiamo che abita in noi, tutte noi vibriamo quando sentiamo parole su di lei, perché ognuna di noi sente nel suo intimo una risonanza che giunge da un “dove” profondo e che ci appartiene ancor prima di nascere. Quando parliamo e agiamo a partire dalla nostra “Donna Selvaggia” abbiamo parole potenti e la nostra anima si espande, sono parole sacre che parlano della fame dell’anima, quella fame di cose vere, di legami autentici, di creazioni concrete, di esserci nel mondo con la nostra creatività individuale.
Lei racconta della nostra storia, della nostra realtà vissuta, delle fatiche e dei dolori affrontati, della nostra resilienza, della nostra pazienza, del nostro saper vedere, delle nostre croci, le nostre umiliazioni, di cui sa fare memoria. Racconta anche della nostra gioia, del sesso gioioso, della sorellanza, delle risate e delle storie raccontate.
Ogni tanto succede di perdere la nostra “Donna Selvaggia”, spesso silenziata, calpestata, addomesticata eccessivamente, schiacciata, quando anche nascosta per vergogna. Come “brave bambine” messe a tacere, troppo carine per potersi ribellare, accondiscendenti, timide, insicure, in ombra, sfuocate, misconosciute, viste poco … sposate ad una vita che non ci appartiene, senza colore. Ingabbiate in copioni di vita da “scusa”, “vorrei ma non posso”, “non interessa a nessuno”… Quando la “Donna Selvaggia” è addormentata, la vita in noi si spegne, diventiamo aride, affaticate, eccessivamente fragili, confinate nell’intellettualismo, senza progetti, senza energia, bloccate, timorose, insicure.
Siamo state sopraffatte da quel predatore naturale (che ogni uomo e donna ha in sé) che ci sussurra che non valiamo nulla, che non saremo mai capaci, che ci abbaglia, che ci svilisce e insinua insicurezze e fallimenti. Il predatore naturale, che vive dentro di noi e che è contro lo sviluppo, si oppone al positivo, separa, chiude le strade, blocca.
Ecco che un aggiornamento, un back up, risulta necessario e diventa l’ingrediente principale per consentirci di pulire il Sistema e continuare il nostro Processo evolutivo. In questo stato di crisi e confusione generalizzata in cui non abbiamo più voglia di credere in qualcuno all’infuori di noi stessi, l’Essenziale bussa alla nostra porta e noi dobbiamo scegliere, per riportare ogni cosa nella giusta prospettiva. La Natura dona il contesto ideale per chi vuole rintracciare le proprie radici e iniziare ad innaffiarle. I suoi 4 Elementi hanno molto da insegnare. La Terra ci indica come seminare e poter fiorire, l’Acqua ci mostra come poter fluire, l’Aria ci lascia immaginare come volare in piena libertà e il Fuoco ci insegna l’arte della trasformazione.
Così l’anima esce dalla sua dimora, utilizzando l’energia mentale per realizzare uno stato di solitudine utile a ritrovare l’essenza femminile naturale. Come un animale primordiale, la Donna Selvaggia è connessa con il cielo, la terra, la luce, il buio … perché nella natura, con cui intrattiene un rapporto privilegiato, sono raccolte tutte le conoscenze della vita (e della morte). Ed è questo che c’è dentro di noi, mentre la nostra quotidianità trascorre tra pubblicità di cosmetici che ci promettono giovinezza eterna e articoli che ci dicono come dovremmo essere per essere donna.
Fare un lavoro personale dell’anima, ricostruire una vera e propria iniziazione alla “Donna selvaggia“, confrontarsi e ricostruire i pezzi mancanti, arrivando a comprendere come la nostra natura primordiale non sia una debolezza, ma la più potente risorsa su cui possiamo contare e riattivare, così, la creatività passionale e un sapere ancestrale. E se non credete di essere all’altezza, sappiate che anche la Donna Selvaggia ha timore di avventurarsi nel bosco della psiche. Eppure sa che, lasciandosi guidare dall’intuito, può accogliere le sue paure e trovare l’energia per affrontarle. Ha, insomma, “il coraggio di sopportare quel che vede senza distogliere lo sguardo”.
Mia madre Igbo, e, prima di lei mia nonna e le donne del nostro clan, donne che non hanno mai perso il senso della “Donna Selvaggia“, sono state le mie Iyaláwo e Ìyánífá (Madre dei Misteri o Madre della Saggezza), i fari che hanno illuminato il mio cammino, fino ad oggi. La loro conoscenza e la loro sacra saggezza, travalica ogni idea di staticità e mi hanno sempre insegnato come l’evoluzione e la continua ricerca, siano il nutrimento per l’anima e lo spirito e come fosse importante non perdere mai (e poi mai) il contatto con la natura. Mi hanno insegnato a vivere la mia femminilità secondo il “senso del mondo” Igbo e Yoruba e non “la visione del mondo.” C’è una sostanziale differenza: Il termine “visione del mondo“, usato in Occidente per riassumere la logica culturale di una società, cattura il privilegio occidentale del visivo. È eurocentrico usarlo per descrivere culture che possono privilegiare altri sensi. Il termine “senso del mondo” è un modo più inclusivo di descrivere la concezione del mondo da parte di diversi gruppi culturali. L’eccessiva enfasi sul visivo è problematica dal punto di vista Igbo e Yoruba, perché la spiritualità e/o le forze spirituali sono inaccessibili all’occhio umano. La parola visione implica anche uno sguardo verso l’esterno, su qualcosa di esterno al sé, piuttosto che un’esperienza interiore. Quindi, il termine visione del mondo non riflette pienamente la complessità della cultura indigena Igbo e Yoruba e il modo in cui la vita è intesa da una posizione multisensoriale.
Le donne, nel senso del mondo Igbo e Yoruba, appaiono come ‘acqua’ (ricordandoci del primordiale acqua) e come ‘uccello’ (indicando il piccione primordiale). Le donne hanno il controllo degli eventi mondiali. Sono conosciute come alaiye, le proprietarie del mondo. Quando una donna viene etichettata come strega, viene lanciata nell’immagine di un potere superiore. Può determinare una mobilità sociale negativa, influenzando le possibilità di successo in un determinato compito. Viene emarginata e trattata secondo adeguate sanzioni sociali, poiché è una minaccia per l’ordine sociale, ma questo è indice della paura che gli uomini, in primis, hanno del suo potere. Tra gli Igbo e gli Yoruba c’è la tendenza a caratterizzare le donne come qualcosa che scorre fluidamente. Una strega può diventare un uccello e apparire nei sogni, oppure può diventare dea dei fiumi, con il potere di attraversare gli spazi e lasciare segni indelebili nel tempo. L’acqua, secondo le nostre credenze, l’acqua è l’essenza della vita. Così è una donna che genera figli. Assicura la continuità della vita del lignaggio e della comunità. Una donna che abortisce viene accolta con “omi lo danu, agbe ofo”, cioè si perde solo l’acqua, il barilotto (cioè l’utero) rimane intatto. L’acqua può essere contenuta in un barilotto ma ha una forza propria. A questa forza sono attribuite grandezza, superiorità, ricchezza e immortalità. Da una posizione di forza, l’acqua impone rispetto, spazzando oggetti lungo il suo corso. Scopre e definisce il proprio percorso. Ha il potere di lanciare oggetti su e giù, spostarli lateralmente, gettarli fuori dal suo percorso o persino romperli. Parte dell’affrontare la sua superiorità consiste nel coprirla con oggetti immobili e costringerla a fermare o deviare il suo corso. In effetti, un incantesimo Yoruba implora coloro che cercano il successo, la forza e la superiorità di rimanere a pelo d’acqua:
Oju-Oro ni ileke omi
Osibata ni ileke odo
Eji-Ogbe, iwo ni baba ifa
Emi lagbaja ni ki ngleke oso
ki ng’leke aje
ki ngleke adahunse a npe ori mi ni’bi.
[La foglia di Oju-oro cresce sopra l’acqua
Eji-Ogbe, tu sei il Signore dell’Odu (divinazione)
Lasciami (così e così) avere la vittoria sui maghi
Fammi avere la vittoria sulle streghe
Fammi avere la vittoria sugli uomini di medicina
pianificando mali contro di me.]
Qualsiasi oggetto che scorre è una minaccia per l’ordine costituito, sia geograficamente concepito, come nel caso dell’acqua, sia biologicamente interpretato, come nel caso degli uccelli (possono mangiare alcuni prodotti della fattoria) o socialmente concepito come nel caso del ciclo mestruale femminile. Una donna Igbo o Yoruba, con le mestruazioni, è un’emarginata, un pericolo per l’ordine stabilito. Non deve toccare il cibo che gli altri dovrebbero consumare o essere vista vicino agli oggetti rituali. Il suo percorso è limitato perché qualsiasi oggetto che tocca perderà la sua potenza. Ironia della sorte tuttavia, l’unica volta in cui il sangue mestruale viene utilizzato nella nostra medicina nativa, è quando viene incoronato un nuovo re. Il re non perderà la sua potenza politica o spirituale. Piuttosto il ‘flusso’ è pericoloso solo perché rappresenta ciò che ha potere, che è simbolicamente proporzionale a quello di un re. Non ci possono essere due re in una società. Uno deve lasciare il posto all’altro. E, in una lotta politica, si può rendere deboli le possibilità di un concorrente, assegnandogli un’etichetta negativa. Naturalmente, tutti gli oggetti che fluiscono sono energetici e attivi. E essere attivi è essere potenziale; essere potenziale attivo significa essere temporale, e tutte queste sono distinzioni in una mentalità unificato mentalità. Quando un Igbo o un Yoruba colloca una persona attiva al di fuori del struttura del potere, hanno rimosso un potenziale simbolo di cambiamento in un luogo in cui esso non costituisce più una minaccia per l’ordine costituito.
Quattro sono le Orishas (spiriti, divinità o una dee che riflettono una delle manifestazioni dell’Essere Supremo Yorùbá nella tradizione orale Ifá) femminili che meglio rappresentano l’archetipo della “Donna Selvaggia“, nell’ albero genealogico della mia famiglia e del mio clan nigeriano:
In prima fila c’è lei, Yemanjá, spirito dell’acqua del fiume, sulle cui sponde sono nata (Odò Ògùn – Ogun River) e nelle cui acque, il mio destino è stato consegnato e la mia protezione è stata accolta. Come molti di voi sanno, ho visto, per la prima volta, la luce in Abeokuta, Città sulle sponde del fiume Ogun e proprio qui, nell’area di Saki, iniziò il culto di Yemanjá, dove, tutt’ora, c’è il sito del suo santuario principale; è particolarmente celebrata nel mio quartiere, Ibara. Il suo nome è una contrazione delle parole Yoruba Iye, che significa “madre“; ọmọ, che significa “bambino“; e ẹja, che significa “pesce“; tradotto approssimativamente il termine significa “madre di figli pesce“. Ciò rappresenta la vastità della sua maternità, della sua fecondità e del suo regno su tutti gli esseri viventi.
Ella è madre di tutti gli Orishas, fonte fondamentale della vita, spirito materno, patrono delle donne (in particolare quelle incinte) e la della Società Gẹlẹdẹ (“Società delle Madri” – awon iya wa – un gruppo che include antenati e divinità femminili, nonché le donne anziane della comunità, e il potere e la capacità spirituale che queste donne hanno nella società. Concentrandosi non solo sulla fertilità e sulla maternità, ma anche sul corretto comportamento sociale all’interno della società yoruba). Yemanjá è materna e fortemente protettiva, e si prende profondamente cura di tutti i suoi figli, confortandoli e purificandoli dal dolore. Si dice che sia in grado di curare l’infertilità nelle donne e le conchiglie di ciprea rappresentano la sua ricchezza. Non perde facilmente le staffe, ma quando è arrabbiata può essere distruttiva e violenta, come le acque alluvionali dei fiumi turbolenti.
Yemanjá è spesso raffigurata come una sirena dai seni lunghissimi (a causa dei molti bambini che allattava) ed è associata alla luna (in alcune comunità della diaspora), all’acqua e ai misteri femminili. È associata ai segni facciali delle branchie di pesce indossati da lyawo (sacerdotessa) e si dice che abbia aiutato l’Orisha Sango a porre fine alla pratica dell’infanticidio dei gemelli in Nigeria. È la protettrice delle donne e governa tutto ciò che le riguarda; genitorialità, sicurezza dei bambini, amore e guarigione. Secondo il mito, quando le sue acque si sono rotte, ha causato una grande inondazione creando fiumi e torrenti e i primi esseri umani mortali sono stati creati dal suo grembo. Yemanjá è spesso paragonata al liquido amniotico, perché anche lei protegge i suoi figli da un mondo predatore. È l’Orisha della fertilità e dei corpi idrici e ha sotto la sua protezione lavoratori portuali, maestri d’ascia, pescatori, marinai, nuotatori e altri che lavorano, vivono o viaggiano intorno all’acqua. I suoi animali totem sono l’anatra, l’avvoltoio, il serpente e la lumachina; i suoi animali sacrificali sono l’ariete, l’agnello, l’anatra, il gallo, la capra, il pesce e il piccione bianco. È rappresentata nei suoi vari santuari da pietre sacre, note come ota, poste nell’acqua del fiume in un calabash.
Poi c’è Ajé – Orisha della ricchezza e l’energia spirituale che si occupa e controlla la creazione e il mantenimento della prosperità economica. Anche lei può essere trovata nelle acque, poiché ha origine nella parte più profonda dell’oceano. Quella parte dove non arriva la luce, la temperatura dell’acqua è vicina allo zero, la pressione così enorme che nessuno può sopravvivere… e il deposito della più grande ricchezza del mare. Lei rappresenta la realizzazione di ogni donna e la capacità di essere indipendente.
Ancora, c’è lei, la più venerata tra i venerati: Ọṣun, una degli Orishas più popolari e adorati. Anche lei è un’importante divinità fluviale, energia femminile divina, armonia e pace (soprattutto tra donne), abbondanza e fertilità, famiglia e figli, relazioni romantiche positive, creatività/creazione e bellezza, e parla a nostro nome quando i nostri spiriti personali affrontano avversità. È collegata al destino e alla divinazione.
Ọṣun è lo spirito materno, quindi è per tutti. Anche se Ọṣun non è tua la principale guida spirituale, ti proteggerà e consegnerà le tue preghiere in abbondanza, proprio come fa una madre per tutti i suoi figli.
Si dice nella tradizione orale che Ọṣun fosse l’unica donna Oriṣha che il Creatore mandò sulla Terra per preparare la terra per l’umanità. Tutti gli spiriti maschili pensavano di essere abbastanza e di non aver bisogno di lei. La trascurarono e le cose non funzionarono sulla Terra. Andarono in paradiso per chiedere al Creatore perché i loro sforzi non funzionavano e il Creatore disse loro che era perché avevano dimenticato Ọṣhun, e che lei era essenziale. Dopo essersi scusati, implorarono il suo aiuto, ed è stato così che Ọṣhun portò l’elemento più necessario della vita: l’acqua. Non c’è vita senza la Donna, non c’è vita senza acqua.
Ọṣun è spesso raffigurata come la dea che, non solo dà la vita, ma che la prende. Quando è arrabbiata, può inondare la terra o distruggere i raccolti trattenendo le sue acque, causando in tal modo massicce siccità. In un mito, quando è infastidita dai suoi devoti e manda giù la pioggia, quasi inondando il mondo. Tuttavia, una volta che è stata placata, salva la Terra dalla distruzione richiamando le acque.
Infine c’è lei, Ọya, la dea “femminista”, una guerriera, feroce e l’ira femminile verso l’ingiustizia. Lei è la dea della fertilità e patrona dell’abilità femminile di governare cioè rappresenta il potere femminile. Tra i Yoruba, lei rappresenta il vento, il fuoco, e il fulmine. Ed è la dea del fiume Niger chiamato “fiume Oyá”. Il suo fiume arriva in altre regioni della Nigeria (in igbo viene chiamata la dea del fiume Orimiri) e anche in molti paesi africani, dove è conosciuta con altri nomi.
Tra i suoi numerosi compiti, lei è la custode delle porte degli Inferi, e si trova spesso alle porte dei cimiteri, dove conduce le persone negli inferi, cioè consegna le persone attraverso il passaggio dalla vita all’aldilà.
Ọya rappresenta una forza protettiva e la produttrice di cambiamenti nella vita. Viene descritta come la dea che usa il vento come la sua spada e una in grado di avvolgersi nel fuoco. Sebbene sia feroce, è ancora vista come una dea gentile. È sia la vita che la morte.
Lei rappresenta il potere femminile sia come una gentile donna materna che come un potere distruttivo selvaggio. È anche brava a cacciare come Artemide, la dea greca della caccia, è identificata come la divinità della luna. Il suo animale sacro è un bufalo d’acqua (alcuni dicono che si trasforma in questo animale), a causa delle sue corna che hanno la forma di una falce di luna. È anche la dea della saggezza ed è anche associata al guardiano del nascituro.
Si dice che la stessa Ọya sia la madre di nove figli: Egungun e quattro gruppi di gemelli (i nove affluenti del fiume Niger). È una delle mogli di Sango che è noto come Jakuta . Lui è l’Orisha più popolare ed è il dio del tuono e del fulmine, e anche uno degli dei più venerati in tutto il mondo – Sango era un antenato reale dell’ antico popolo Yoruba in quanto era il terzo re del regno di Oyo (in Nigeria).
Nella religione Ifa, il corpus della donna rimane uno dei compendi dell’antica conoscenza africana e di conseguenza come una raccolta di saggezza, religione, moralità e cultura. È considerato dal popolo Yoruba, ma anche dagli Igbo, con terminologie diverse, come la fonte dello sviluppo intellettuale. Ifa considera le donne, come madri e sostenitrici del mondo, un ruolo con stretta affinità con il ruolo di Ọlọrun. Si potrebbe dedurre anche che le donne sono le custodi della saggezza nel mondo. Questa religione insegna che il creatore dà a ogni persona il suo potere, la sua autorità e il suo diritto, senza soggiogare o sottomettere l’uno sull’altro, cioè mettere gli uomini sopra le donne e viceversa, quindi riconosce l’uguaglianza di genere. Ọlọrun ha dato a ogni genere alcune autorità commisurate alla propria natura e ogni persona accetta la propria colpa. Il rispetto per le donne equivaleva al rispetto per la conoscenza, saggezza, pace sviluppo, ordine e progresso umano.
Perché così tante donne non riescono a capire chi sono?
Come vedete, in queste due latitudini da me considerate e facenti parte delle mie culture, anticamente, la prima Dea ad essere venerata fu la GRANDE MADRE, la procreatrice che donava la vita. Questo mistero della procreazione colpì molto i nostri progenitori che fecero della donna una divinità e la adorarono. Ella rappresentava la terra che dava frutti e la luna con le sue stagioni e il concetto di vita e di morte. La grande Madre era la Natura, in tutta la sua potenza, era l’origine, il principio dell’umanità.
La vita di fatto, nella dimensione terrestre, si esprimeva attraverso gli opposti e ci permetteva di fare esperienza della dualità. Ogni essere aveva una sua polarizzazione, quello della donna era ed è quello di catalizzare il principio femminile. Da diversi millenni però l’alternarsi tra patriarcato e matriarcato è degenerato fino a creare degli squilibri, provocando una separazione dai rispettivi principi.
La donna ha perso il suo potere di connessione al divino e con esso la possibilità di veicolare l’energia all’UNO.
E’ un dato di fatto incontrovertibile che l’essere umano alla nascita sia biologicamente definito dal suo essere uomo o donna. Questa precisa differenziazione fisica tuttavia non trova corrispondenza a livello psichico, nel quale coesistono specifiche potenzialità maschili e femminili, che non equivalgono all’essere uomo o donna. Queste forze dinamiche, femminilità e mascolinità di base, costituiscono le fondamenta sulle quali si struttura l’identità dell’individuo. Nel corso del processo evolutivo, femminilità e mascolinità di base tendono ad organizzarsi in configurazioni, in armonia o meno, con il patrimonio genetico. Tendono infatti a contrapporsi o ad integrarsi, dando luogo in un caso a situazioni confusive e conflittuali, nell’altro ad una armonizzazione in una identità di genere. Relativamente alla femminilità e mascolinità di base ognuno trova una soluzione per la gestione del patrimonio genetico, a seconda delle proprie possibilità e della propria dimensione intrapsichica, cioè delle esperienze vissute.
Mascolinità e Femminilità di base dunque non significano essere uomo o essere donna, ma costituiscono il presupposto indispensabile per l’organizzazione della identità di genere. Una soluzione armonica rafforza l’identità di genere e l’identità globale. L’identità di genere, vale a dire il percepirsi uomo o donna, è uno stato della mente la cui matrice è nel corpo, sede originaria delle sensazioni-emozioni.
La femminilità, quindi, è una concettualizzazione in continua evoluzione, un’idea fluida definita dalla società e dalla cultura; un fatto biologico che ha creato diverse implicazioni per le donne di tutto il mondo. C’è uno sforzo in continua evoluzione per riconciliare le differenze di identità riflesse attraverso gli standard di bellezza, sessualità e ruoli di genere. Per le donne la sfida di navigare attraverso fasi cruciali della loro vita come prodotto delle varie culture è stata una difficoltà, alimentata dalle norme contraddittorie di bellezza, identità e femminilità.
L’identità di una donna è l’essenza o la natura fondamentale di chi è, di come è, di come si presenta e come vive nel mondo. Chi è, modella le sue interazioni, le sue esperienze e i significati che dà alla sua vita. Donne i cui stili di vita e identità sono non ortodossi affrontano esperienze diverse: il vantaggio di essere atipici può essere inestimabile e stimolante, ma la vita non convenzionale ha un costo. Donne che scelgono stili di vita anticonformisti devono creare un’identità e un futuro per se stesse e affrontare le ricadute o discorsi sociali negativi di quelle scelte atipiche. La conoscenza personale di sé, una connessione con il proprio sé autentico, guida le donne nella creazione della loro identità e del loro destino.
Ma cos’è esattamente la femminilità? Come si dovrebbe definire la donna? L’anatomia definisce davvero qualcuno? Se una donna con un cancro al seno decide di sottoporsi a una mastectomia, questo la rende meno donna se non ha il seno? Se una donna subisce una mastectomia, non perde automaticamente la sua femminilità perché non ha l’anatomia per definirla.
Ora che sono state aperte nuove opportunità alle donne, la femminilità non è più confinata ad essere casalinga, madre e moglie. Ora, abbiamo una scelta. La femminilità consiste nello scegliere come vogliamo definire noi stesse. Ovviamente non c’è niente di sbagliato nel fatto che una donna scelga di essere una madre, moglie e casalinga, purché lo scelga per se stessa.
Le donne dovrebbero sentirsi sicure di come scelgono di identificarsi. La fiducia è una componente della femminilità. Fiducia in se stessa ed in quello che è. Come è altrettanto importante che le donne si abbraccino, che condividano le proprie esperienze, anziché divenire, ferocemente, antagoniste. Questa ferocia si è sviluppata nel tempo perché le nostre opinioni sulle donne sono cambiate e l’impatto che la nostra cultura ha sulla definizione di femminilità ha dato man forte a questa tendenza.
Io sono dell’idea che sarebbe fantastico se smettessimo di cercare di definire la femminilità, di preoccuparci di cosa è femminile e cosa non lo è. Tali preoccupazioni minano solo le nostre energie. Ognuno ha la sua personalità unica. Tutte le donne sono diverse. Pertanto, è difficile definire la femminilità nel suo insieme.
Quando si definisce la femminilità, non dovremmo usare la parola “femminilità” per descriverla. Come possiamo distinguere tra femminilità e mascolinità? Una donna può avere le caratteristiche di entrambi. Certamente esistono differenze scientifiche tra i due sessi, ma non saremo mai in grado di scoprire quali sono fino a quando non avremo sviluppato le nostre potenzialità come esseri umani. Quando definiamo femminilità e mascolinità o virilità, dovremmo concentrarci, sulle nostre potenzialità come esseri umani. Nello specifico, dovremmo concentrarci sulle potenzialità di ogni essere umano. Probabilmente la femminilità e la virilità non sono due cose separate; la femminilità non ha un’unica definizione. La femminilità è come la definisce una singola donna. Mentre possiamo comprendere le definizioni stereotipate della femminilità, è importante capire che la femminilità, alla fine, è semplicemente ciò che una singola donna sceglie di fare con tali stereotipi e la sua vita.
Ci sono diversi motivi, per cui tante donne non riescono a capire chi sono, qui ci sono i più comuni:
Realtà – Scavare in profondità nell’essenza stessa di chi sei è un processo difficile. Ti richiederà di dare un’occhiata a come sei diventato chi sei. Questo può portare a dure realtà. Scoprire i potenziali scheletri nel tuo armadio o le decisioni poco sagge che hai preso nel corso della vita può essere una pillola difficile da ingoiare. Potresti anche non piacerti. Quindi, piuttosto che vedere la realtà, sembra più facile evitare di scoprire se stessi e di scavare ferite passate.
Mancanza di amor proprio – Come puoi amare te stessa, se non hai idea di chi sei? Questa è una barriera molto comune per le donne nella loro ricerca per scoprire veramente chi sono. Per qualche ragione, hanno sempre considerato l’accettazione e l’opinione degli altri come superiori alle loro, quindi, farti apparire simpatico e amato dagli altri è una scelta più facile che amare e piacerti.
Troppa “vita” – Sei così consumata dalle responsabilità della “vita” che c’è poco o nessun tempo per concentrarsi sulla ricerca di te stessa. Hai adottato un metodo per la semplice sopravvivenza piuttosto che imparare ad adottare qualità che ti permetteranno di vivere.
Tali barriere causano una lotta interiore costante per le donne. Alcune diventano emotivamente squilibrate mentre altre si rivolgono a meccanismi di coping malsani, come l’uso di droghe o alcol per mascherare le proprie emozioni.
Cosa vuol dire riscoprire la Grande Madre e far riemergere la Donna Selvaggia?
Per me, semplicemente, significa essere ricolma di una graziosa varietà di paradossi in stabile equilibrio. Le grandi doti paradossali sono, principalmente, essere saggia e acquisire di continuo nuovi insegnamenti, essere ricolma di spontaneità e affidabilità; essere selvaggiamente creativa e risoluta; essere audace e accorta; proteggere la tradizione ed essere originale…
Non significa parlare di un’età cronologica o di una fase nella vita delle donne. Grande perspicacia, grande preveggenza, grande pace, espansività, sensualità, grande creatività, acume e audacia nell’apprendimento, ovvero essere sagge non è una condizione pienamente formata che arriva all’improvviso a una certa età e ricade sulle spalle di una donna come un mantello. Grande chiarezza e percezione, grande amore di immensa magnitudine, grande consapevolezza di sé di enorme profondità e ampiezza, la crescita di una saggezza squisitamente applicata… sono tutte opere in divenire, non conta quanti anni abbia accumulato una donna.
Il fondamento della grandezza contrapposto alla mera ordinarietà, è spesso conquistato attraverso crolli e ferite devastanti, slanci dello spirito, svolte sbagliate ed eccitanti nuove partenze in gioventù, nella mezza età o nella tarda età. Ciò che si raccoglie dopo un disastro o una fortuna inaspettata è plasmato e poi vissuto dalla donna e dal suo spirito, dal suo cuore, dalla sua mente, dal suo corpo e dalla sua anima…
Esistono molte grandi madri degne di venerazione. E’ vero che essere letteralmente la Grande Madre – e la nonna – di un bambino è come innamorarsi, e la nascita dei bambini può essere fonte di incanto per una donna anziana. Inoltre, l’orgoglio e lo splendore di aver dato alla luce una figlia che a sua volta è diventata madre sprigiona e conferisce anche una sua intrinseca grandiosità. Ed esistono molti altri modi per essere consacrate nella figura della grande madre, che esulano dalla progenie.
Esistono donne che sono grandi generatrici di idee, processi, genealogie, creature, periodi della propria arte; che diventano sempre più sagge e ne sono l’espressione. Esistono mentori, grazie di conoscenza, che guidano studenti e allievi, piccole autrici e artiste in erba, ma anche mature, perché anche le donne mature hanno bisogno di calore e consigli per sbocciare stagione dopo stagione. La grande madre ha un compito fondamentale che è sconfortante, audace, stimolante e gioioso. Il compito fondamentale della grande madre non è che questo, e tutto qui: Vivere la vita in tutta la sua pienezza. Non a metà. Non a tre quarti. Non un giorno da pecora e uno da leone. Ma piena di vita, ogni giorno. Non secondo la pienezza di un’altra. Ma secondo la pienezza determinata dal proprio destino e dalla spontanea volontà che dona la vita e non la affievolisce.
Quando le donne si uniscono, rappresentano una forza di coesione, un’unità inconscia che le lega le une alle altre e che lega tutte noi a madre natura e all’universo che ci circonda. Ogni volta che ci incontriamo attiviamo questa forza, questa sorellanza che altro non è se non profondo legame che richiama la saggezza e l’intelligenza del femminile e ci dona un forte senso di appartenenza. E’ difficile comprendere la forza delle donne quando si ritrovano assieme. Qualcuno diceva che hanno la stessa qualità delle gocce d’acqua che cadono sulla roccia e la modella: le donne incontrandosi possono scavare valli tra le montagne. Il grande valore dello stare insieme sta nel prendersi cura l’una delle altre, nell’ascoltarsi, sostenersi, esserci, per noi stesse e per l’altra. E via via qualcosa nelle nostre vite si trasforma….
Partendo da questi presupposti, dovremmo realizzare momenti e spazi di incontro, tutti al femminile, dove trovare le amiche e le sorelle che pensiamo di non avere e dove ritrovare la gioia e la fierezza di essere donna. Desiderare di creare un tempo e un luogo di sorellanza dove ognuna di noi può trovare sostegno e accoglienza, dove sperimentiamo l’incontro vero e profondo con le altre donne, sperimentando l’ascolto e la possibilità di esprimerci senza necessariamente usare le parole. Danzare, scrivere, confrontarsi e prendersi cura l’una dell’altra. Un’occasione per imparare a condividere, sentire che siamo tutte collegate da un sottilissimo filo e che i passi di una singola donna sono i passi di tutte noi. Scoprire l’importanza del “potere” femminile; quel “potere sottile” inteso come il potere di sostenere certi valori; la capacità di portare in sé un seme sino a farlo fiorire. Il prendersi cura della continuità, sostenere gli ideali e i valori, nutrire ogni cosa di cui si è responsabili affinché possa fiorire, talvolta a costo di sminuire sé stessi. Nasce una nuova visione dell’esercizio del potere basato sul prendersi cura, che sostiene un potenziale innato in ciascuna persona: operare al fine di liberare i potenziali innati di ognuno.
Per “potere” non intendo “dominare”, ma “essere capace”. Dunque la capacità di agire, di fare, di essere. La semplice potenza, la potenzialità: non il fare ma la capacità di fare. “Potere”, che sembra essere il tema centrale dell’uomo, può avere due volti: può essere benefico o distruttivo. Ma il potere di per sé, è neutro, è l’uso del potere che lo porta in linee contrapposte.
Mai come oggi le immagini che ci vengono date della donna sono legate a stereotipi di efficienza, competizione, bellezza, etc. Tutte immagini che comprimono in “doverismi” il proprio femminile profondo, allontanando ogni donna dai sui contenuti più autentici. Molto spesso le donne chiedono agli uomini un “conto” che non li riguarda, e nel comunicare e agire usano modelli di comportamento maschili con il risultato di un profondo disagio. Il grande rischio che oggi la donna corre è quello che ha a che fare con la personalità o la maschera che indossa, con il ruolo che riveste, o con lo sforzo di conformarsi alle aspettative degli altri, seppellendo così ciò che realmente prova o sente vero, rinnegando ciò che intimamente è davvero importante.
Trovare la vera propria essenza.
L’insegnamento che ho avuto in questo lungo periodo della mia vita è stato quello di racchiudere, nel mio percorso, un cammino di rivelazione ed espressione del femminile profondo, attraverso una modalità non di contrasto e separazione con il maschile (come spesso nella storia delle donne è avvenuto con esiti spesso di disagio relazionale) ma di valorizzazione della differenza per favorire in un tempo successivo un incontro più armonioso tra le donne e gli uomini. Ho sempre cercato il mio spazio sacro dove, è stato possibile ri-contattare il mio femminile profondo. Spesso, riconettendomi, fisicamente e mentalmente, alla natura, ho incontrato la mia parte autentica, riscoprendo e dando valore ad una forma di apprendimento che dà priorità al “sentire” rispetto al “capire”. Uno spazio e un tempo da consacrare, in toto, a me stessa e da condividere con altre donne. Il sentimento che ha generato la condivisione di questo mio costante accorgimento , è quello che vede la donna finalmente consapevole di sé, della propria forza, della sua capacità di amore, di spiritualità profonda, di visione; una donna capace di andare verso l’altro, conscia della propria ricchezza.
Il mio principio base è quello di un viaggio archetipico all’interno di ogni donna che mi contraddistingue, alla scoperta delle diverse “forze” che la determinano, delle innumerevoli forme del femminile che la animano, il cui fluire dona creatività, magia e consapevolezza. Emotive, forti, passionali, volubili, a volte possono passare da un estremo all’altro senza essere consapevoli del motivo. Mentre alcune forme si manifestano frequentemente nella vita quotidiana e creano la nostra identità, altre si nascondono, a volte ostacolandoci nella realizzazione dei nostri desideri. La risposta è negli archetipi femminili. Modelli comportamentali originali che ogni donna ha dentro di sé, forze psichiche che modellano la personalità e le scelte di vita di ogni donna, che fungono da esempio e sono contenuti nell’inconscio collettivo. Per questo motivo è importante che ogni donna diventi consapevole dell’esistenza e della presenza di questi archetipi femminili. Appartengono a tutti noi, indipendentemente dal tempo e dallo spazio in cui viviamo, e sono responsabili delle principali differenze che distinguono le donne fra loro. Io, nel mio piccolo, ho la fortuna di averne una rosa molto ampia con cui confrontarmi: quelli della mia cultura Occidentale e quella della mia cultura Igbo/Yoruba.
Ciò che molte donne non riescono a realizzare è che sebbene possa sembrare più facile accontentarsi di meno, fingere che le cose vadano bene, nascondere le cose sotto il tappeto e continuare con un atteggiamento di sopravvivenza, la verità è che la mancanza di sapere chi sono è il nucleo fattore per molti problemi nella loro vita. Se si prendono il tempo per conoscere se stessi, come amare se stessi e capire veramente cosa vogliono dalla vita, molte delle circostanze della vita sarebbero inesistenti o, per lo meno, più facili da affrontare. Se sei stanco di lottare internamente, segui questi passaggi per scoprire chi sei veramente.
È necessario, se non fondamentale, diventare consapevoli. La consapevolezza è tutto.
Prendere esempio da figure mitologiche permette di avere una visione più distaccata delle situazioni e di ciò che ci accade. Essendo figure simboliche lavorano a livello inconscio aiutandoci a vivere appieno il nostro essere donna. E’ molto importante trovare uno strumento che metta in contatto ogni donna con la voce della sua anima. Ritrovare le nostre radici e a riappacificarci con esse. Comprendere e superare i nostri blocchi, acquisire maggiore autostima e consapevolezza delle proprie capacità. L’energia femminile va sviluppata dall’interno e per provarlo a fare, abbiamo bisogno di lasciare tutti quei condizionamenti ricevuti dall’ambiente sociale e familiare. E’ importante creare nuovi modelli di relazione tra femminile e maschile, ma per riuscirci prima di tutto è dentro di noi che dovrà realizzarsi questo matrimonio tra le due diverse energie. Oggi, grazie all’incontro di più donne, congiunte in un cerchio, che innalza il risveglio della nostra energia, impareremo a svilupparla e potenziarla attraverso la liberazione di vecchie ferite.
Fare un viaggio alla scoperta dei propri talenti e dei propri punti forza, libere da gabbie mentali. Spesso il viaggio parte dalla consapevolezza di essere carenti di femminilità, ma se non alimentiamo un atteggiamento di rifiuto verso noi stesse, impareremo ad entrare in ascolto di ciò che proviamo e di ciò che siamo in grado di essere. Non giudicare noi stesse ci aiuterà a comprendere come il femminile sia pazienza, tolleranza, amorevolezza e bellezza. Quando la donna non è radicata al femminile cade in pensieri di invidia, competizione e autocommiserazione che non permettono il fluire della comprensione che si alimenta da donna a donna. Impareremo ad osservare i nostri pensieri e a sentire ciò che generano, entreremo in contatto col nostro corpo e soprattutto realizzeremo come l’incontro con altre donne può divenire espansione per il nostro femminile.
E’ fondamentale andare al di là di quello che gli altri si aspettano da noi per riprenderci il nostro potere, non come idea o concetto, ma come fatto vissuto a partire dall’ascolto profondo di noi stesse. Come farlo?
- Scava a fondo e non aver paura: per scoprire perché sei dove sei nella vita, devi essere disposta a guardare la tua vita al microscopio. Parte di ciò che scopri potrebbe non essere piacevole, ma è necessario per la tua scoperta di te stesso.
- Datti una pacca sulla spalla: nella tua ricerca per trovare te stessa, potrebbero esserci alcune cose che non ti piacciono ma devi cambiare il tuo modo di pensare. Guarda tutto quello che hai passato e le scelte positive che hai fatto. Inizia a darti una pacca sulla spalla per i tuoi punti di forza, i risultati e le scelte sagge.
- Determina il tuo scopo – lo scopo è ciò che ti dà la motivazione per alzarti ogni giorno. Cosa vuoi realizzare nella vita? Scrivi una lista di cose che vorresti ottenere e concentrati su quella che ti colpisce davvero.
- Trascorri del tempo da sola: per la maggior parte, hai fatto affidamento sugli altri per aiutarti a scoprire chi sei. Ora è il momento dell’auto-riflessione, quindi trascorri del tempo da sola. Puoi scrivere in un diario, concederti un pranzo, dedicarti a un nuovo hobby o qualsiasi altra cosa ritieni possa interessarti, fallo da solo per il momento in modo da poter capire cosa ti fa sorridere, cosa conta per te e quali sono i tuoi valori fondamentali.
La scoperta del tuo vero sé non avverrà dall’oggi al domani, ma quando lo farai, il sollievo che sentirai ne varrà la pena. Molte donne assumono il peso del mondo mentre soffrono silenziosamente dentro di sé, morendo dalla voglia di trovare il proprio luogo di felicità. Se sei questa donna o conosci una donna come questa, sei incoraggiata a seguire questi suggerimenti nel lungo viaggio per scoprire e amare chi sei veramente e trovare quell’archetipo di Donna Selvaggia che ti riporterà alla tua vera essenza. Allora, e solo allora, avrai la vera soddisfazione di vivere appieno la tua femminilità.
Sono un’imprenditrice multidimensionale, poliedrica, multipotenziale, con molti interessi e innumerevoli passioni. Appartengo alla tribù delle “donne rinascimentali” , dinamiche e vibranti e non vorrei che fosse diversamente. Non sono programmata per fare solo una cosa nella vita.
Ho una formazione di Antropologia Biologica, Co-Fondatrice e CVO di DOLOMITES AGGREGATES LINK NIG. LTD, ricercatrice e freelance di studi africani, cultura, tradizione e patrimonio, e fondatrice di Métissage Sangue Misto, un utile WebMag, una comunità riservata, basata sui principi dell’intelligenza Emotiva e Intelligenza Culturale, del mentoring e dell’auto-potenziamento dell’identità delle persone Mixed e multiculturali. Métissage Sangue Misto è stato fondato in Italia, per celebrare e aiutare le persone miste e multiculturali a trovare ispirazione e vivere la propria dualità/pluralità valorizzandole. IG MBA Métissage Boss Academy , MBA Metissage & Métissage Sangue Misto. , Telegram Channel, e ClubHouse come @wizzylu), sono spazi sicuri che ho creato, dove navigare in una profonda ricerca di sé stessi attraverso piccole grandi scoperte, condividendo l’esperienza del “vivere misto” ed agendo come un ponte tra due (o più) culture.