I capelli significano qualcosa di diverso per ognuno di noi, ma i capelli afro hanno una storia unica e significativa come simbolo di sopravvivenza, resistenza e celebrazione. È stato utilizzato come uno strumento di oppressione ma anche di emancipazione, e le percezioni della nostra società sui capelli afro influenzano ancora il modo in cui le persone di origine africana vengono trattate oggi.
Ci siamo sentiti dire cosa fare dei nostri capelli da così tante persone e per così tanto tempo; hanno cercato di convincerci che i nostri capelli sono brutti; hanno ridicolizzato il nostro modo di concepire la bellezza e i capelli, quali parte della condizione femminile e con le intenzioni più sinistre di controllare, dividere e danneggiare le donne attraverso una dura competizione e la corsa alla perfezione che non produce vincitori; hanno cercato di far passare il messaggio che le donne devono essere belle, ma non troppo belle; che possono preoccuparsi del loro aspetto, ma non eccessivamente.
Abbiamo convissuto con un latente pregiudizio dove le donne, in generale, devono, sì, prendersi cura di sé, e, contemporaneamente, dei propri capelli e del proprio trucco, ma non al punto in cui diventa ovvio per gli spettatori (maschi).
Se alla miscela di capelli e standard di bellezza, aggiungiamo la componente della razza, otteniamo nuovi livelli e problemi ancora più complessi relativi agli standard di avvenenza razzializzati. Gli ideali occidentali di bellezza, che possono essere brevemente definiti come bianchi, biondi e con gli occhi azzurri, sono in cima alla scala.
Man mano che si scende in questa gerarchia della bellezza, è ampiamente riconosciuto che le etnie africane, asiatiche e altre non bianche sono, erroneamente, collocate in fondo. Ciò significa che ci si aspetta che le persone non bianche “indossino” un certo tipo di bellezza e cultura dei capelli che è in diretta contraddizione con le loro caratteristiche, cultura e salute.
E dico salute, qui, non solo per riferirmi allo stress psicologico del razzismo, ma anche per riconoscere che i capelli dei neri/mixed e la pelle scura, spesso, richiedono un ingente routine di cura diversa, che non fanno parte della cultura occidentale.
Il modo in cui le persone nere/mixed sono state condizionate a pensare ai propri capelli, cioè come un fardello inguardabile e dispendioso in termini di tempo, ha portato a una voglia di recuperare quel tempo e cambiare il linguaggio spesso dispregiativo che usiamo quando parliamo dei nostri capelli. E’ un passo piccolo e radicale che tutte le donne nere/mixed hanno iniziato da un po’ di tempo a questa parte.
Quindi cosa dice questo sui capelli afro e sulla loro cultura? Una delle ripercussioni più complicate e dannose di questi ideali occidentali sui corpi e sui capelli neri/mixed è che essi, e probabilmente la scurezza in generale, sono sempre stati problemi in attesa di essere risolti attraverso il parametro bianco dei caucasici.
La problematizzazione della scurezza suggerisce che quando ci si relaziona con essa, al di fuori degli ideali occidentali, ciò risulta sbagliato. Esiste una falsa promessa di perfezione, perché anche se ogni uomo e donna di colore diverso dal bianco, sulla faccia della terra, fosse in grado di esibirsi e adattarsi alle nozioni occidentali di cultura bianca, sarebbero comunque problematici perché qualunque cosa facciano, rimarrebbero, comunque, ancora “di colore”.
È importante riconoscere questo gioco dannoso che è stato offerto ai neri/mixed di tutto il mondo, poiché sono proprio queste nozioni che modellano le discussioni contemporanee sulla cultura nera/mixed, dentro e fuori i paesi africani oggi. E’ giunto il momento di riappropriarci della nostra storia, della nostra creatività, della nostra espressione di sé e di far conoscere e far apprezzare, più a fondo, la ricca storia culturale, estetica e sociale dei capelli afro.
Quanti, tra noi, afrodiscendenti, non si è trovato nella condizione di sperimentare lotte particolarmente complesse mentre cresceva? Chi non ha combattuto con i suoi capelli e la struttura dei suoi capelli? Dal trovare le persone giuste per acconciarli, all’essere vittima di bullismo o disprezzati per avere i capelli “strani”, non allineato allo standard dei bianchi?
Questo tipo di lotta, come quelle sul colorismo e sulla consistenza dei capelli, si svolgono ovunque nel mondo, ma vorrei condividere con voi, oltre ai ricordi personali delle mie esperienze con la cultura e la bellezza dei capelli, uno sguardo critico sull’impatto della schiavitù sull’estetica africana, sulla cultura dei capelli e sulla bellezza (nella fattispecie Yoruba e Igbo ― nigeriana ― perché sono quelli che mi appartengono), sulle reazioni contemporanee alla scurezza e sul significato della meticolosa (la matematica e la geometria assumono un’importanza decisamente fondamentale!) cura per le acconciature, rispetto al mondo occidentale.
Un modo per ripensare al concetto di Blackness (ed oggi anche Mixedness) al di fuori delle costruzioni culturali occidentali, connesso, sì, al nostro passato coloniale, ma proiettati verso un futuro consapevole, omogeneo ed equilibrato.
I capelli afro spesso non vengono presi in considerazione perché sono una cosa che riguarda esclusivamente i neri/mixed. Essi sono un indicatore di ascendenza africana quanto il colore della pelle, il che significa che sono una caratteristica che ci rende vulnerabili alla discriminazione. I neri/mixed sono arrivati a provare vergogna per i loro capelli, come se fossero anormali o sbagliati.
Ripercorrere, poi, le diverse fonti storiche è stato un lavoro piuttosto elaborato ed a volte straziante, perché mi ha obbligata a riconoscere quanto sino ad oggi, vi è una mancanza di esplorazione della storia dei capelli neri/mixed e una mancanza di riconoscimento dei neri/mixed stessi, nei libri di storia.
Nonostante i risultati, inequivocabilmente grandiosi nei regni della fisica, della matematica, dell’organizzazione sociale e delle imprese ingegneristiche, siamo costretti a conoscere noi stessi dai libri mastri del bestiame nell’era coloniale o dagli avvisi di schiavi fuggiti al progetto di storia orale. O dalla meravigliosa storia degli Orisha Yoruba, che ci porta in un concetto di bellezza che va oltre quella fisica.
Una cronologia del viaggio dei capelli afro: momenti storici da ricordare.
Antiche origini: I capelli erano un sacro simbolo culturale e spirituale nelle antiche società africane. C’è un motivo per cui i capelli sono parte integrante della storia e del patrimonio dei neri/mixed. Sebbene complessa, l’evoluzione dei capelli afro e il suo impatto sulla società, nel tempo, racconta una storia dentro di sé, una storia che la dice lunga sull’esperienza e l’identità dei neri/mixed.
Dalle classiche trecce ai dreadlocks e alle forme afro, molte delle acconciature nere più iconiche si possono trovare in disegni, incisioni e geroglifici dell’antico Egitto. Quando il busto dipinto in arenaria della regina egiziana Nefertiti fu riscoperto nel 1913, la sua bellezza regale, accentuata da un’acconciatura imponente, era innegabile e divenne rapidamente un’icona globale del potere femminile.
Spesso usate al posto dei copricapi, le parrucche simboleggiavano il proprio rango ed erano essenziali per i reali egiziani e ricchi, maschi e femmine allo stesso modo. Il sarcofago della principessa Kawit ritrae la principessa mentre si fa pettinare i capelli da una serva durante la colazione. Parrucche come questa erano spesso abbinate a pezzi intrecciati di capelli umani, lana, fibre di palma e altri materiali posti su una spessa calotta cranica. La legge egiziana proibiva a schiavi e servi di indossare parrucche.
Le antiche comunità africane modellavano i loro capelli per qualcosa di più del semplice stile. In tutto il continente, l’acconciatura di una persona potrebbe dirti molto su chi era e da dove veniva. Nel libro “Hair Story: Untangling the Roots of Black Hair in America”, gli autori Ayana Byrd e Lori L. Tharps spiegano che le trecce e le altre acconciature intricate sono state storicamente indossate, soprattutto dai Yoruba, Mende e Wolof, per indicare lo stato civile, l’età, la religione, identità etnica, la ricchezza e il rango nella società.
I capelli erano fondamentalmente un segnale visivo significativo, con connotazioni spirituali che comunicavano vitalità, prosperità e fertilità, oltre a servire come mezzo per parlare con il Divino che si pensava avesse luogo attraverso i capelli. Per realizzare questi look così elaborati possono volerci ore e ore di lavoro, a volte intere giornate: questi procedimenti venivano anche utilizzati, in passato, per creare un legame con la comunità, la famiglia e gli amici, una tradizione che si tramanda da generazioni.
La persona che intrecciava i capelli, lo faceva sia come servizio per la società sia come gesto rituale, senza ricevere nulla in cambio. Non solo: si pensava che i capelli avessero un significato spirituale e grandissimi poteri. Siccome si trovano nella parte più alta del corpo, le persone pensavano che fossero il tramite utilizzato dalle divinità e dagli spiriti per raggiungere l’anima.
Intrecciare i capelli, per esempio nella cultura Yoruba, era una forma d’arte, tramandata dalle donne più anziane della famiglia, e le parrucchiere venivano considerate non solo figure sagge ma anche i membri più degni di rispetto della società, perché creavano un collegamento diretto con il divino a cui mandare messaggi.
In questo mondo sempre più connesso nella condivisione delle informazioni, le tradizioni culturali possono essere diluite e perse. Un ottimo lavoro, però, lo fece il compianto JD ‘Okhai Ojeikere, un’artista e fotografo nigeriano, noto soprattutto per il suo lavoro “Hairstyles“, dove ha immortalato oltre mille acconciature tradizionali di donne africane, tra gli anni sessanta e settanta, acconciature che venivano indossate prima che il dominio coloniale introducesse i rigidi ideali occidentali di bellezza.
Il suo lavoro rappresenta molto più dello stile e sembra aver avuto un triplice scopo. E’ certamente servito come testimonianza di una parte importante della storia della Nigeria, ma ha catturato la rinascita delle acconciature indigene che erano cadute in disgrazia sotto le potenze coloniali. Ha, inoltre, documentato le innovazioni nell’acconciatura mentre i cittadini ristabilivano la loro identità. E dopo un po’ il suo approccio è diventato più archivistico, per preservare la memoria degli stili di fronte alla globalizzazione.
I mercanti di schiavi rasarono la testa a tutti gli africani che catturavano: il primo passo in un processo di cultura sistemica e cancellazione dell’identità. Fu solo all’inizio della tratta degli schiavi transatlantica nel 15° secolo ― che spogliò il continente dei suoi oggetti di valore, le sue ricche culture e ridusse in schiavitù la sua gente ― che i capelli afro, così come i lineamenti neri e il corpo nero sono stati ridicolizzati, disumanizzati e “alterati” rispetto agli standard di bellezza europei. Durante la tratta, circa 12 milioni di uomini, donne e bambini africani furono rapiti e venduti come schiavi.
Una delle prime cose che i mercanti di schiavi fecero alle persone catturate fu radere i capelli. Considerata la forte importanza spirituale e culturale dei capelli in Africa, è stato un atto particolarmente disumanizzante, inteso a strappare via il loro legame con le loro culture.
Quando i loro capelli furono ricresciuti, non ebbero più accesso ai trattamenti a base di erbe, agli oli e ai pettini della loro terra natale. I capelli che un tempo erano motivo di orgoglio ed espressione di identità erano spesso nascosti sotto i panni per coprire trecce ruvide e aggrovigliate e proteggerle dalle ore trascorse a lavorare duramente sotto il sole. Con strumenti e tempo limitati per prendersi cura dei propri capelli, le persone sono diventate creative con ciò che avevano a loro disposizione: facendo affidamento su grasso di pancetta, burro e cherosene come balsami, farina di mais come shampoo secco e strumenti per la cardatura in pile di pecora come pettini.
In poco tempo le trecce, più di una comodità, sono diventate uno strumento salvavita. E così le donne, a cui generalmente veniva concesso di spingersi più lontano rispetto agli uomini, sono diventate responsabili del mappaggio delle vie di fuga. Dato che disegnare o scrivere le indicazioni sarebbe stato troppo rischioso (e anche piuttosto complesso, con un’istruzione scarsa o pressoché nulla), hanno iniziato a “disegnare” delle mappe nelle acconciature, nascondendo all’interno alcuni frammenti d’oro e dei semi per il sostentamento dopo la fuga.
Le leggi approvate nel 18° secolo negli Stati Uniti, obbligavano le donne nere a coprirsi i capelli in pubblico. Quando le donne nere libere del sud iniziarono a portare i capelli con acconciature eleganti e elaborate, attirando l’attenzione, molti lo hanno visto come una minaccia allo status quo e quindi minacciavano l’ordine sociale. Infatti erano diventate “indistinguibili” dalle donne bianche e attraenti agli occhi dei “loro” uomini, con le quali questi intrattenevano apertamente relazioni extraconiugali.
L’offuscamento di questa distinzione sociale e razziale cominciò a provocare rabbia nelle donne bianche. Così, nel 1786, Esteban Rodriguez Mirò, governatore della Louisiana, approvò la legge Tignon, con la quale proibì alle donne afrodiscendenti di mostrare i capelli in pubblico e richiedeva loro indossare un tignon (una sorta di sciarpa o fascia legato o avvolto intorno alla testa per formare una specie di turbante, che ricorda in qualche modo, il gele Yoruba).
Questa legge suntuaria aveva come obiettivo il declassare lo status sociale delle donne nere e creole libere, ristabilendo, visivamente, i loro legami con la schiavitù. Nonostante tutto ciò, grazie alla capacità di non lasciarsi scalfire dall’ennesimo tentativo di sopprimere la loro identità, queste donne si resero autrici di una reinterpretazione del “capo d’abbigliamento”, seguendo sì la legge, ma indossando tessuti belli e colorati adornati con gioielli, piume e nastri, trasformando i copricapi in dichiarazioni di moda glamour e potenzianti e modificare la punizione in una dichiarazione di bellezza. Praticamente ribaltarono completamente il significato e ottennero l’effetto opposto, restituendo dignità all’accessorio e alla propria persona.
Questa forma di protesta estetica divenne non solo una dichiarazione di orgoglio, ma un segno positivo di una cultura unica a sé stessa. Quando nel 1803 fu abrogata questa legge, molte donne nere continuarono ad indossare il copricapo come simbolo di resistenza al colonialismo bianco. Negli ultimi anni, varie interpretazioni del tignon hanno vissuto una rinascita culturale, poiché le donne della diaspora africana continuano a guardare al passato e trovare forza in questo esempio storico unico di ingegnosità di fronte allo svilimento istituzionale.
La nascita di “Bei capelli” contro “Brutti capelli” e l’evoluzione dei trattamenti.
La consistenza e lo styling dei capelli hanno giocato un ruolo importante nella sopravvivenza dei neri ridotti in schiavitù. Quando iniziò la tratta degli schiavi e milioni di schiavi africani furono venduti per aiutare a colonizzare l’America, i capelli neri furono disumanizzati e descritti come “lana” dai bianchi. Secondo diverse interpretazioni, questo è il momento in cui il termine “buoni capelli” è stato stabilito per la prima volta, creando una narrativa dannosa che avrebbe plasmato il modo in cui i capelli afro sarebbero stati visti nei secoli a venire.
La texturizzazione, cioè questa la convinzione che alcuni modelli di capelli siano migliori di altri, si è diffuso, appunto, durante l’era della schiavitù, portando a modificarne la consistenza con procedimenti chimici. La consistenza, infatti, dei capelli di una persona ridotta in schiavitù potrebbe determinarne il valore e le condizioni di lavoro, che a loro volta potrebbero influire sulla loro salute generale, sul comfort e sulle possibilità di libertà. Gli standard di bellezza eurocentrici imponevano che i capelli ricci e la pelle scura fossero poco attraenti e inferiori; “buoni capelli” era caratterizzato e associato a trame caucasiche, più lisci, più morbide, più leggere, più lunghe… praticamente più europei. Nel frattempo, le trame dei capelli neri erano considerate “cattive“.
Nelle aste i proprietari solitamente preferivano schiavi con pelle più chiara e capelli meno mossi, e quindi avevano quindi un “valore” più elevato. Venivano preferiti e selezionati per posizioni più desiderabili nella casa, quindi molti schiavi facevano di tutto per raddrizzarsi i capelli, usando coltelli da burro caldi o sostanze chimiche che bruciavano la loro pelle. Questa mentalità dannosa di “capelli buoni” e “capelli cattivi” è stata tramandata da generazioni e, ancora oggi, influenza la percezione di molte persone sui capelli neri/mixed naturali.
Nella psiche di intere generazioni si instaurò questa mentalità tossica e dannosa, tanto da portare le persone nere/mixed a conflitti continui con la propria identità. Passò l’idea che la particolare simbologia di alcuni elementi nella propria cultura fosse sbagliata e anormale; per questo motivo, nonostante la schiavitù fosse stata abolita nel 1865, in seguito alla nascita del 13° emendamento in America, gli stigmi che circondavano i neri/mixed ed i loro capelli hanno continuato a crescere, portando le nuove generazioni a sentire la necessità, quasi l’obbligo, di omologarsi ai bianchi.
Le persone nere continuarono ad essere vittime di traumi psicologici ed emotivi, come si nota chiaramente osservando i cambiamenti del tempo in ambito cosmetico e, in particolare, nella cura dei capelli. Nella seconda metà del ‘700 venne inventato un pettine particolare, chiamato “pettine caldo”, o pettine elettrico come lo chiamiamo oggi, inventato dall’hair stylist francese Francois Marcel Grateau nel 1872. A quel tempo, era semplicemente un pettine di metallo riscaldato progettato per raddrizzare e levigare le trame dei capelli afro crespi e ruvidi, a partire dalle radici verso l’alto. Mentre molte donne, comprese le donne bianche, usavano pettini caldi per raddrizzare i capelli per vari motivi, lo strumento dava alle donne nere/mixed la possibilità di avere i cosiddetti “bei capelli”.
I capelli lisci non solo erano ritenuti più attraenti, ma elevavano lo status personale, sociale ed economico di una donna e potevano anche portare a maggiori opportunità di successo. Era, quindi, ormai un requisito essenziale avere dei “buoni capelli”, fini e lisci, per essere accettati un poco di più dalla società. Per essere definita adeguata a ricoprire un determinato lavoro, frequentare certe scuole e chiese ed essere accettata da alcuni gruppi sociali, una donna doveva rinunciare alle acconciature afro tipiche della sua cultura.
Particolare menzione va fatta per l’afroamericana Annie Turnbo Malone, che è stata la pioniera dei prodotti specifici afro. Passò anni a testimoniare l’impatto dannoso del lavoro degli schiavi, delle condizioni meteorologiche e della mancanza di prodotti per la cura dei capelli adatti alle texture (struttura) afro. Testimoniò come molti soffrirono per le condizioni del cuoio capelluto, e come questo tipo di stress formò problemi come forfora pesante e alopecia.
Ciò ha ispirato la Malone a creare una gamma di prodotti per la cura dei capelli afro per aiutare soprattutto le donne nere/mixed a migliorare le loro abitudini di toelettatura per ottenere capelli più sani. Lanciò una gamma di prodotti per la cura dei capelli di successo dopo aver sperimentato diverse sostanze chimiche e alla fine ha creato una formula per il suo prodotto più famoso, “Hair Grower“, un prodotto progettato per migliorare la salute del cuoio capelluto e promuovere la crescita dei capelli.
Anche Garrett A. Morgan, ebbe il suo momento di gloria avendo creato il primo rilassante chimico, un trattamento per capelli che raddrizza (stira) permanentemente i capelli afro. La sua invenzione arrivò nel 1909, ispirata da un metodo utilizzato per ridurre l’attrito dell’ago sulla lana e dalla conoscenza di come gli schiavi usavano alcuni prodotti chimici allo zolfo (impiegati per trattare i pidocchi negli alloggi degli schiavi) e l’acqua di lavaggio dei piatti, il cui residuo chimico, per il suo effetto corrosivo sul cuoio capelluto, raddrizzava “capelli crespi” dello schiavo come gradito effetto collaterale. Questo tipo di tecnica veniva poi tramandato “amorevolmente”, dagli schiavi di seconda generazione nati schiavi, che non avevano l’esperienza culturale e l’autostima dei loro genitori di prima generazione cresciuti in Africa.
Questo articolo è stato poi ulteriormente sviluppato e migliorato da George E. Johnson nel 1956, provando la gamma di prodotti agli uomini prima di creare una versione per le donne. È stato un enorme successo, poiché questi relaxer venivano costantemente richiesti. Infatti, in quel tempo, gli uomini afroamericani indossavano l’acconciatura “conk”. Il nome conk deriva da congolene, una sostanza gelatinosa composta da patate, uova e liscivia (soluzione detergente e sbiancante ottenuta filtrando un miscuglio di cenere di legna in acqua bollente).
La liscivia è molto corrosiva, quindi doveva essere lavata via rapidamente e anche i parrucchieri dovevano indossare guanti protettivi durante l’applicazione del congolene. Questo rilassante chimico, che a volte non era altro che pura liscivia, è stato applicato sui capelli in modo che potessero essere acconciati in determinati modi. I conks richiedevano molto tempo e sforzi per mantenerlo e, a volte, venivano indossati come grandi pompadour. Gli uomini dovevano riapplicare ripetutamente questi rilassanti sui capelli per mantenere lo stile man mano che i nuovi capelli crescevano. Il conk era molto popolare tra i musicisti neri all’inizio e alla metà del 20° secolo con artisti del calibro di Chuck Berry, Little Richard, James Brown.
Negli anni ’60, il capello afro divenne un simbolo di auto-potenziamento e attivismo. I movimenti per i diritti civili hanno acceso una nuova prospettiva di speranza e unità tra gli afroamericani mentre combattevano per la giustizia sociale in America dalla metà degli anni ’50 agli anni ’60. Tuttavia, dopo un decennio di proteste e richieste di parità di diritti ai sensi della legge, molti giovani uomini e donne di colore sono cresciuti frustrati per la mancanza di risultati alla fine degli anni ’60, con molti che credevano che le proteste non fossero riuscite ad affrontare non solo la povertà, ma anche impotenza che generazioni di discriminazione sistematica e razzismo avevano imposto agli afroamericani.
Già le parole che l’attivista per i diritti civili Marcus Garvey aveva usato negli anni ’20 per incoraggiare le persone nere/mixed a rivendicare la propria estetica naturale “eliminando i problemi e non i capelli” vennero riprese dalla comunità nera, che organizzò la rivoluzione del “Black Power Movement”, il potere nero. Ispirato dagli insegnamenti di Malcom X, i cui ideali divennero ancora più popolari dopo il suo assassinio nel 1965, il Black Power Movement era radicato nell’orgoglio razziale, nell’autonomia e nell’autodeterminazione.
Portò una nuova era nella lotta per la giustizia sociale, incoraggiando i neri a reclamare la loro eredità cancellata e celebrare la loro identità e bellezza, concentrandosi sulla costruzione della propria economia nera, potere sociale e politico. Molti membri del movimento portarono i loro capelli afro naturali, abbracciando, per la prima volta, le loro trame naturali. L’acconciatura divenne rapidamente nota come simbolo del potere nero e della sfida con iconici attivisti neri come Angela Davis, Toni Morrison, Nina Simone e Nikki Giovanni in prima linea, indossandola come una dichiarazione di orgoglio radicale e simboleggiava la lotta duratura contro il razzismo.
L’obiettivo che stava dietro a questo movimento era quello di cambiare il modo in cui le persone nere/mixed vedevano sé stesse e il loro peso all’interno della società, risvegliando, appunto, l’orgoglio razziale e promuovendo gli interessi dei neri/mixed sul piano sociale e politico. Mantenere i capelli afro naturali rappresentò il liberarsi dei blocchi mentali che miravano ad eliminare le proprie radici, quindi i capelli diventarono una forma di espressione potentissima dell’orgoglio e del potere black.
Nonostante la valenza simbolica che i capelli afro hanno assunto e continuano ad assumere tutt’ora, la società attuale a volte diffonde ancora un’immagine negativa legata a questa tipologia di capelli, se non disciplinata. Oggi le treccine non sono più considerate come lo erano 50-60 anni fa, ma i capelli afro continuano ad avere una valenza politica e simbolica importante, perché radicata in eventi dolorosi forieri di traumi che le persone di colore stanno ancora cercando di superare.
Un’estensione del movimento per i diritti civili, il movimento del potere nero degli anni ’60 e ’70 mirava a cambiare la comprensione di sé stessa da parte della comunità nera e la sua influenza sulla società. E’ il momento dell’era “Black is Beautiful” dei turbolenti anni ’60, dove l’acconciatura afro debuttò e divenne ampiamente l’acconciatura preferita. Questo movimento è stato creato per celebrare la bellezza dei neri/mixed e li ha aiutati ad acquisire fiducia in sé stessi, oltre a mostrare al mondo che erano davvero belli.
L’afro naturale divenne una dichiarazione popolare di potere, orgoglio e resistenza, oltre che una manifestazione fisica della ribellione nera/mixed. Alcune persone sentivano che la stiratura dei capelli rifletteva una storia di assimilazione forzata, quindi abbracciare le loro trame naturali era un modo per reclamare le loro radici. Il movimento è andato avanti per tutti gli anni ’60, ma con il tempo il movimento pacifico iniziò a cambiare e gli estremisti ne presero in mano la guida. L’acconciatura afro cominciò ad intrecciarsi con atti violenti.
Anni ’70: i capelli neri vengono celebrati per la prima volta dai media mainstream. Nel 1972, la modella e attrice nera Cicely Tyson indossava treccine sulla copertina di una rivista. È stato un grande momento culturale in quanto ha segnato l’inizio della celebrazione della bellezza nera/mixed e delle tradizionali acconciature africane nel mainstream. Questo è stato sottolineato su scala più ampia due anni dopo, quando la modella mixed, Beverly Johnson è diventata la prima donna nera ad apparire sulla copertina di Vogue nel 1974.
La fine degli anni ’70 ha anche portato a una nuova tendenza per i capelli neri, il Jheri curl, uno stile che promuove i capelli ricci con boccoli definiti anziché attorcigliati. Ha creato un nuovo modo per gli uomini e le donne di colore di acconciarsi i capelli, lasciando un segno enorme nella cultura pop con molte celebrità e figure di spicco che fanno dei Jheri curl il loro look caratteristico. La sua popolarità è continuata fino agli anni ’80 con Michael Jackson che sfoggiava riccioli Jheri sulla copertina del suo album Thriller e Eddie Murphy che indossava lo stile nel film cult, “Il Principe cerca Moglie“.
Anni ’90: l’ascesa della cultura pop nera influenza gli standard di bellezza. Gli anni ’90 sono stati un’epoca d’oro per la cultura nera con il lancio di molte sitcom iconiche come, per esempio, “Il Principe di Bel Air“. Gli spettacoli hanno fatto scalpore non solo nella rappresentazione dei neri/mixed, ma hanno creato narrazioni positive attorno alle famiglie nere/mixed, celebrando la loro bellezza sia internamente che esternamente. Le donne nere/mixed, negli spettacoli, indosseranno, con sicurezza, una varietà di acconciature, dalle treccine, alle trecce, alle permanenti e parrucche. Hanno reso i capelli afro, “cool” per il loro pubblico mainstream, ispirando le giovani donne nere/mixed a portare i capelli con orgoglio.
Anni 2010: Michelle Obama e il revival di abbracciare i capelli naturali. Dopo due decenni di donne nere/mixed che hanno sfoggiato una moltitudine di acconciature e la crescita di parrucche, intrecci, trattamenti alla cheratina e altre procedure chimiche per capelli, nel 2017 viene rianimato un nuovo movimento naturale dei capelli con Michelle Obama al timone. L’ex First Lady ha portato i capelli lisci per gli otto anni in cui è stata in carica, ma pochi mesi dopo aver lasciato la Casa Bianca nel gennaio 2017, Michelle è stata vista per la prima volta portare i suoi capelli naturali in pubblico.
Il momento ha acceso una conversazione più ampia sugli stigmi in corso sui capelli afro, non solo negli Stati Uniti, ma anche nel Regno Unito. Molti sono stati ispirati da Michelle, esprimendo l’importanza di vedere una figura nera di alto profilo che indossa i capelli in modo naturale. Subito dopo, sui social media è iniziata una tendenza mondiale del viaggio #naturalhair con molte donne che hanno deciso di abbracciare le loro texture naturali, senza doversi scusare.
Fine anni 2010 – Il lancio della Giornata mondiale dell’afro nel Regno Unito. Mentre le celebrità e gli influencer neri negli Stati Uniti e nel Regno Unito hanno continuato a sostenere i capelli naturali, la britannica nera Michelle De Leon ha creato la Giornata mondiale dei capelli afro, nel 2017. Descritta come una “giornata globale di cambiamento, celebrazione ed educazione dei capelli afro”, l’iniziativa è stata approvata dall’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani con molti organi di stampa tradizionali che sostengono la giornata annuale. Questa nuova era ha anche dato il benvenuto a tutta una serie di prodotti per capelli afro progettati per nutrire, nutrire e modellare le questo tipo di texture afro.
Il pregiudizio istituzionale contro i capelli afro esiste ancora oggi e continuerà ad esistere se non spingiamo per il cambiamento. La maggior parte delle persone, indipendentemente dalla razza e dal sesso, ha dei pregiudizi nei confronti delle donne nere/mixed, in base ai loro capelli. Uno studio della Duke University del 2020 ha anche scoperto che le donne nere/mixed con acconciature naturali erano percepite come meno professionali, meno competenti ed era meno probabile che fossero raccomandate per i colloqui di lavoro rispetto ai candidati con i capelli lisci (che erano visti come più lucidi, raffinati e rispettabili).
Molte scuole e luoghi di lavoro, in particolare negli Stati Uniti, Sud Africa e Regno Unito, attualmente, stanno ancora applicando legalmente politiche prevenute contro i capelli neri. Da casi storici come quello di Chastity Jones, la cui offerta di lavoro è stata ritirata perché si è rifiutata di tagliare i suoi dreadlocks, a incidenti quotidiani come quello di Jenesis Jones, penalizzata nel liceo che frequentava perché la sua acconciatura afro era “inappropriata.
Il CROWN Act, acronimo che sta per Create a Respectful and Open World for Natural Hair (Crea un mondo rispettoso e aperto per i capelli naturali), fu creato nel 2019 in California ed è la prima legislazione nella storia degli Stati Uniti a vietare la discriminazione basata sull’acconciatura e sulla consistenza dei capelli, ed estendendo la protezione legale alla struttura dei capelli e agli stili protettivi come trecce e extentions nei luoghi di lavoro e nelle scuole pubbliche. Un segno tangibile per attuare una maggiore inclusività, accettazione e apprezzamento di tutti i tipi di capelli.
C’è ancora molto lavoro da fare, ma la crescente diversità di rappresentanza nei media, governo e nell’industria della bellezza sta aiutando a schiacciare gli stereotipi razzisti e ad avviare conversazioni significative, e questo è qualcosa che vale la pena celebrare. Per la prima volta nella storia legale americana, gli Stati sono costretti a riconoscere che il tipo di discriminazione basato sui capelli a cui i neri sono stati sottoposti per anni è, in effetti, una forma di discriminazione razziale.
La tipizzazione e la testurizzazione dei capelli afro.
Ho vissuto abbastanza tempo a fianco di mia madre, Hairstylist ed esperta di capelli afro, d’averne imparato abbastanza ed essermi fatta una cultura profonda. A causa della nostra eredità multiculturale, non è possibile individuare un solo tipo di capelli “tipici” afro. Essi, infatti, variano da fini a medi a ruvidi e possono essere lisci, mossi o stretti. Dal punto di vista cromatico, spazia dal biondo al rosso a diverse sfumature di marrone e nero. I capelli dei neri sono generalmente più ruvidi, hanno un riccio più stretto ed è più naturalmente delicato dei capelli dei caucasici o degli asiatici.
È anche più vulnerabile ai danni causati da sostanze chimiche aggressive. Hanno la stessa struttura proteica chimica della cheratina degli altri tipi di capelli. Tuttavia, la differenza è con l’onda, l’arricciatura, il modello di incollaggio e la forma della sezione trasversale, poiché i veri capelli afro testurizzati hanno una forma ellittica se visti in sezione trasversale, questo fa sì che i capelli si arriccino su se stessi, mentre crescono, causando il naturale effetto afro.
Quando la schiavitù terminò, negli anni ’60 dell’Ottocento, c’erano molti afrodiscendenti molto ben informati sulla cura dei capelli. Fu allora che iniziarono a lavorare nei negozi di bellezza e barbiere nelle proprie comunità e divennero sempre più importanti nella struttura economica e sociale all’interno delle comunità nere. Queste attività non erano solo un luogo in cui i neri potevano andare a farsi i capelli, ma servivano anche come luoghi in cui potevano riunirsi e discutere di ciò che accadeva nella loro comunità. I negozi di bellezza e barbiere avevano una funzione sociale unica e tale è ancora oggi.
Il sistema di tipizzazione dei capelli è stato molto importante nello spazio dedicato alla bellezza negli ultimi anni, ma il concetto è in circolazione dall’inizio del 1900. All’inizio del XX secolo, la tipizzazione dei capelli è stata creata per determinare la vicinanza di una persona al bianco, in base alla loro consistenza. Si trattava di categorizzazione razziale per sostenere le ideologie razziste. Uno dei primi sistemi di tipizzazione dei capelli fu inventato nel 1908 da Eugen Fischer, uno ‘scienziato’ nazista tedesco che creò il ‘misuratore dei capelli’ per determinare la vicinanza dei namibiani al bianco in base alla struttura dei loro capelli.
Un altro sistema di tipizzazione era il “test della matita dell’Apartheid“, usato, soprattutto, in Sud Africa: sosteneva che se le persone potessero tenere una matita tra i capelli mentre si scuotono, non possono essere classificate come bianche. Quindi, mentre oggi il sistema di tipizzazione dei capelli utilizza numeri e lettere, l’aspetto di classificazione è stato utilizzato, ovunque, per confrontare e contrastare la quantità di bianchezza mostrata da una persona nera.
Il sistema di tipizzazione dei capelli che conosciamo e a cui ci riferiamo oggi ha origini diverse. Lo stilista delle celebrità Andre Walker ha introdotto il sistema di tipizzazione dei capelli all’Oprah Winfrey Show negli anni ’90, per promuovere la sua collezione di prodotti per capelli. Walker ha classificato i capelli in quattro categorie: lisci, mossi, ricci e extra-ricci. Nel tempo, sono state aggiunte al grafico fino a tre sottocategorie per categoria per classificare ulteriormente le strutture dei capelli. Il sistema di Walker inizia con il tipo di capelli uno come la ciocca più dritta, il tipo due ha le onde sciolte, il tipo tre ha riccioli a forma di “O” e nel tipo quattro le ciocche sono più strette.
Il moderno sistema di tracciatura dei capelli può aiutare a identificare come i capelli di una persona rispondono allo styling e a prevedere e descrivere come diverse sostanze chimiche e processi potrebbero interagire con i capelli. Questo sistema ci aiuta anche a stabilire le aspettative sulla salute dei capelli, ma è importante non confondere il tipo e la salute dei capelli, poiché quest’ultimo è determinato da tre criteri: la porosità, come i capelli trattengono e assorbono l’umidità; elasticità, la capacità del capello di mantenere la sua forma dopo essere stato stirato; e plasticità, la capacità dei capelli di mantenere la loro forma.
Capire il proprio tipo di capello (puoi anche averne più di uno) può aiutare a identificare i migliori prodotti per i capelli. Ad esempio, sui capelli naturalmente lisci o mossi, puoi optare per spray e styler che aiutano a mantenere la forma e l’arricciatura. Le ciocche potrebbero aver bisogno di un’idratazione extra per i capelli ricci di tipo tre o quattro e beneficiare di burri per ricci e balsami senza risciacquo.
Sebbene la tabella dei capelli Walker sia comunemente usata nella cura dei capelli e nelle conversazioni, essa ha i suoi limiti. Il sistema, infatti, è stato ampiamente criticato per aver favorito riccioli più morbidi rispetto a strutture a spirale. Ciò presenta una questione più significativa della testurizzazione, quel procedimento, cioè, atto a rilassare (con aggiunta di un leggero rilassamento, o di una tecnica di taglio particolare dei capelli utilizzata per assottigliare o aggiungere strati ai capelli o, ancora, aggiungere consistenza ai capelli con l’uso di prodotti e strumenti per lo styling) i capelli crespi per allentare i ricci e rendere i capelli più gestibili. La questione, in sostanza, è una forma di discriminazione dei capelli afro-testurizzati a favore di modelli di ricci più sciolti e trame lisce.
Questo lo vediamo anche nel modo in cui parliamo di diverse strutture dei capelli, intrinsecamente basato sull’idea che i capelli afro-testurizzati abbiano meno valore degli altri. Un esempio è quando i social media hanno preso di mira Blue Ivy Carter (la figlia di Beyoncé e Jay-Z, per i suoi capelli strettamente arricciati e hanno confrontato i suoi a favore della consistenza più sciolta di North West (figlia di Kim Kardashian e Kayne West). La discriminazione delle strutture va oltre Hollywood e ha un impatto quotidiano sulla vita delle persone, a scuola e sul posto di lavoro.
Mentre il sistema di tipizzazione dei capelli può essere un modo utile per scoprire di più sul tipo e sulla consistenza dei tuoi capelli, è importante riconoscere la sua area grigia. Categorizzare la consistenza, in particolare i capelli afro-testurizzati nelle quattro gamme, può essere estremamente restrittivo e limitante. Tutte le strutture dei capelli meritano lodi e riconoscimenti e abbracciare i nostri capelli naturali è qualcosa che tutti dovremmo essere in grado di fare.
I Tipi di riccio
Contrariamente alla credenza popolare, i capelli ricci non sono solo una gigante categoria. Per cominciare, ci sono diversi tipi di ricci, dal 2a al 4c, e ognuno ha il proprio insieme di caratteristiche e tratti unici. La digitazione (il toccarli ed analizzarli con le dita) dei capelli è un punto di partenza, un modo semplice per iniziare a guadare tra i numerosi prodotti e opzioni di styling e non un modo per separare le persone in gruppi diversi. Sono stati classificati nove tipi di ricci, in base alla loro onda, la loro consistenza, la loro densità, porosità ed il loro spessore.
Tipo 2a: capelli leggermente ondulati a “S” che aderiscono alla testa e tendono ad avere una densità fine.
Tipo 2b: l’onda di solito si forma su tutti i capelli a forma di “S” come il tipo 2a, ma i capelli si attaccano più vicino alla testa. Le onde di tipo 2b potrebbero essere leggermente più crespi sulla sommità della testa e tendono a perdere facilmente la definizione del ricciolo.
Tipo 2c: queste onde sono i modelli di capelli mossi più ruvidi. Sono composti da alcuni ricci più reali, al contrario delle sole onde.
I ricci di tipo 3a mostrano uno schema a “S” definito, ben definito e solitamente elastico. I ricci di tipo 3a hanno una circonferenza della larghezza di un pezzo di gesso sul marciapiede.
I ricci di tipo 3b sono più voluminosi e hanno una circonferenza più piccola rispetto ai ricci di tipo 3a, le dimensioni di un pennarello.
I ricci di tipo 3c assomigliano a cavatappi stretti e hanno all’incirca la circonferenza di una matita o di una cannuccia. I capelli di tipo 3c tendono ad avere una densità maggiore e più grossolani rispetto ai capelli di tipo 2 o 3.
Tipo 4a: capelli strettamente arrotolati con motivo a “S”. Ha più umidità rispetto alle bobine di tipo 4b e ha un motivo arricciato visibile. La circonferenza delle spirali è vicina a quella di un ago all’uncinetto.
L’onda di tipo 4b hanno una forma a “Z” e un motivo arricciato meno definito. Invece di arricciarsi o attorcigliarsi, i capelli si piegano ad angoli acuti come la lettera “Z”. I capelli di tipo 4b sono strettamente arrotolati e possono sembrare ispidi al tatto.
I capelli di tipo 4c sono composti da ciocche che non si ammasseranno quasi mai senza l’uso di tecniche di styling. I capelli di tipo 4c possono variare da fini, sottili e morbidi a ruvidi con ciocche fitte.
È sicuramente possibile avere tipi di ricci intermedi e diversi tipi di ricci sulla testa, ad esempio, avere un 3b sulla maggior parte della testa, ma un 3c e un 4a sulla nuca e un 2c sulla corona. Fa parte del divertimento dell’avere capelli ricci. Tutti noi siamo nel mezzo, e non ci sono due strutture uguali. Il diametro dei capelli può essere diverso, la densità delle ciocche può variare e la porosità e i cicli di crescita delle ciocche cambieranno. Ognuno ha più di un tipo o struttura di capelli. Nella parte posteriore è può essere una trama, molto riccio, fine e fragile; la parte centrale può essere densa con meno ricci e più crespi; e l’attaccatura dei capelli anteriore può essere più morbida e meno arricciata e avere più rotture.
Le acconciature più conosciute.
Prima di offrirvi una rosa di acconciature conosciutissime in tutto il mondo, desidero raccontarvi un po’ di alcuni stili molto significativi nella cultura Igbo e Yoruba. Tra gli Igbo era molto pregiata l’acconciatura crestata, chiamata Ojongo, popolare fino alla metà del 20° secolo e caratteristica distintiva delle arti Igbo raffiguranti le donne. Le donne usavano ornamenti come filo, piume, conchiglie di ciprea (che poi era la valuta della maggior parte dei popoli del West Africa), ossa, legno, perline, o stoffa. Per stilizzarli venivano usati anche fango contenente minerali colorati, polvere o pasta di camwood (sandalo africano) gialla e rossa e olio di palma e carbone. Isi/Ishi owu, è, invece, un’acconciatura a filetto (forse l’avete visto indossata spesso dalla scrittrice nigeriana (Igbo) Chimamanda Ngozi Adichie) è ancora popolare tra le donne sposate nelle aree rurali.
Tra gli Yoruba, invece, le donne sono molto creative quando si tratta di stile, bellezza, moda e capelli. La loro storia e il loro folklore influenzano i loro design tradizionali e persino quelli moderni, che sono generalmente raggruppati per metodo di styling. I due metodi di base sono i capelli intrecciati a mano (irun didi) e i capelli legati con filo o intrecciati (irun kiko).
Ogni acconciatura Yoruba ha un nome significativo che celebra un’occasione, un evento storico o un design estetico. Alcuni indicano lo stato sociale, il matrimonio, la raffinatezza, la giovinezza o il lutto, mentre altri possono rappresentare un commento sociale. Tra i più conosciuti è lo Shuku (o aka suku), che prevede l’intreccio per formare una gobba sulla sommità della testa. Ci sono molte varianti di questo stile popolare, tradizionalmente riservata alle mogli dei reali, ma ora è comune tra le signorine, le studentesse e le donne sposate.
Poi vi è anche l’ Ogun pari, letteralmente significa “fine della guerra“, creata per commemorare la fine della guerra civile nigeriana. I capelli naturali sono divisi in grandi sezioni e il filo da intreccio di plastica viene utilizzato per realizzare trecce lunghe e sottili. Le trecce vengono quindi piegate in grandi archi, collegando le cime sottili alla parte inferiore delle trecce adiacenti. Altri due stili che vale la pena menzionare, tra le miriadi esistenti sono anche l’ Ilari Osanyin e il Dada.
Alcuni Yoruba credono che quando un bambino muore prima dei 12 anni, lo spirito rinasca nella loro famiglia. Questi bambini abiku hanno i capelli rasati su entrambi i lati ogni due settimane. Questo rituale onora la divinità Osanyin, il dio della medicina. Anche i messaggeri di corte indossano questa acconciatura. Il Dada, invece, rappresenta la spiritualità della persona. Alcuni Yoruba credono che i capelli naturali e densi abbiano un significato religioso, quindi i capelli vengono spesso lasciati crescere in dreadlocks fin dalla giovane età. Questa acconciatura è associata alla divinità Olokun. I genitori credono che se tagliano i capelli ai loro figli, possono causare malattie o morte.
I Cornrows (treccine). È facile sentirsi come se il mondo della bellezza fosse una porta girevole costante. Le mode e le formule arrivano – restano per un po’ – e scompaiono rapidamente mentre il prossimo sale sul palco. Tuttavia, pochi stili trascendono ciò che è di tendenza e hanno un ricco significato culturale. Le treccine sono una di queste. Lo stile è prevalente nel mondo di oggi, ma ha radici che risalgono all’antica Africa. Gli africani indossavano queste trecce strette disposte lungo il cuoio capelluto come rappresentazione dell’agricoltura, dell’ordine e di uno stile di vita civile. Questo tipo di trecce ha servito a molti scopi, da una comodità quotidiana a un ornamento più elaborato pensato per occasioni speciali. Mentre il look è una scelta comune tra molti, c’è molta storia ricca che passa inosservata.
Le cornrows, nello specifico, sono le treccine a raso testa, che partono cioè dalle radici e disegnano sulla nuca dei motivi decorativi. Letteralmente significa “spiga di grano” per la loro forma che ricordano i campi di grano. È particolare, per le forme che la caratterizzano: possono essere dritte, curve o formate da svariate e complicate forme geometriche.
E’ considerata, molti altri look intrecciati, come stile “protettivo” perché aiuta a proteggere i capelli dai danni dell’umidità e dalla rottura. La tecnica dell’intrecciatura è la tecnologia prima al suo interno, concentrandosi sull’intrecciare vari motivi (da dritti a zig-zag) contro il cuoio capelluto. Da sole, le treccine sono uno stile elegante e a bassa manutenzione che può durare per settimane. Tuttavia, fungono anche da base impeccabile per altri stili come estensioni e parrucche da cucire.
I Dreadlocks. Laddove lo stile di capelli afro aveva aspetti sociali e politici più ampi, la scelta delle persone di portare i capelli in dread, treccine e trecce aveva le sue radici nell’afrocentrismo. Il desiderio delle persone di riconoscere da dove provenivano i loro antenati e poterne essere orgogliosi. Nel 1930 Ras Tafari fu incoronato imperatore d’Etiopia con il nome di Hailé Selassié. Quando fu condannato all’esilio per aver guidato la resistenza contro l’invasione delle truppe italiane, i guerriglieri giurarono che non si sarebbero tagliati i capelli fino alla sua liberazione. Col tempo, i loro capelli sono diventati più folti, con lunghi boccoli.
E proprio quello stile è diventato il simbolo dei guerriglieri di Selassié, proprio perché così ‘temuti’: e così è nato il termine ‘dreadlocks’ (‘rasta’, in italiano). Il rastafarianesimo è arrivato in Giamaica nel 1935, dove Selassié veniva considerato una sorta di messia. Oggi molte persone equiparano i capelli rasta a uno stile di vita ben preciso, tuttavia non tutte le persone con questa acconciatura aderiscono necessariamente al movimento; piuttosto, esprimono la propria personalità con i capelli. In realtà l’origine vera e propria è da ricondurre in ciò che viene scritto nelle scritture vediche indù. Nelle sue origini indiane, il “jaTaa“, che significa “indossare ciocche di capelli attorcigliate“, era un’acconciatura indossata da molte delle figure scritte circa 2.500 anni fa.
Trecce Intricate. Le trecce erano usate per indicare lo stato civile, l’età, la religione, la ricchezza e il rango all’interno delle comunità dell’Africa occidentale. Le casalinghe nigeriane in relazioni poligamiche crearono lo stile noto come kohin-sorogun, che significa “voltare le spalle alla moglie rivale gelosa”. Questa acconciatura aveva uno schema che, se visto da dietro, aveva lo scopo di schernire le altre mogli dei loro mariti.
Se una ragazza del popolo senegalese Wolof non fosse in età da matrimonio, dovrebbe radersi la testa in un certo modo, mentre gli uomini di questo stesso gruppo si intrecciano i capelli in un modo particolare per mostrare la preparazione alla guerra e quindi la preparazione alla morte. Altri stili intrecciati come le trecce a scatola si ricollegano alle trecce eembuvi delle donne Mbalantu in Namibia.
Anche tra gli Himba i capelli e le acconciature hanno un ruolo importante e permettono di riconoscere lo status sociale degli individui all’interno della loro comunità; le giovani ragazze usano acconciarsi i capelli con due trecce rivolte in avanti mentre dopo la pubertà i capelli vengono sciolti e vengono realizzate numerose trecce rasta che vengono ricoperte dall’Otjize, la stessa crema di burro e pigmaneto d’ocra utilizzata per il corpo per proteggersi dal clima rigido del deserto. Le acconciature delle donne Himba sono dei veri e propri capolavori: le donne sposate aggiungono una sorta di diadema realizzato in pelle di antilope, chiamato omarembe o erembe, e mentre le donne che diventano vedove rivoltano il singolare copricapo.
Nodi bantu. Un’altra acconciatura, ancora popolare oggi, con ricche radici africane sono i nodi bantu. Bantu si traduce universalmente in “persone” in molte lingue africane ed è usato per classificare oltre 400 gruppi etnici in Africa. Questi nodi sono anche indicati come nodi Zulu perché il popolo Zulu del Sud Africa, un gruppo etnico bantu, ha originato l’acconciatura: dicono, infatti, che i riccioli e le spire dei capelli neri assomiglino a forme nel cosmo. Quando gli olandesi colonizzarono l’Africa meridionale, usarono la parola bantu come termine dispregiativo per emarginare gli africani del sud.
Alla fine, i sudafricani rivendicarono la parola zulu Bantu in segno di orgoglio sociale. In molte regioni africane, i capelli sono considerati potenti e si ritiene che abbiano un’energia spirituale unica grazie alla sua vicinanza al cielo. Per questo motivo, gli stili rialzati come i nodi bantu sono considerati sacri. Il look va anche sotto il nome di nodi nubiani.
La tecnologia dei nodi Bantu è semplice e consente molta creatività. Lo stile prevede la divisione dei capelli in sezioni, la torsione delle sezioni e l’avvolgimento delle torsioni su se stesse per creare chignon o nodi ben separati. Si possono realizzare nodi bantu su capelli lisci, bagnati o allungati. I nodi bantu sono classificati come uno stile protettivo in quanto nascondono le punte dei capelli, prevenendo o riducendo la rottura e la perdita di umidità. La parte migliore è che i nodi bantu sono super versatili, quindi se hai voglia di sciogliere i nodi, puoi districarli per ottenere dei riccioli arruffati.
Sebbene i nodi bantu siano una tecnica di styling semplice e comune, hanno un contesto occidentale politicizzato. Data la potente storia africana del look, i nodi bantu sono anche un simbolo pro-black e amor proprio e, come molti stili storici neri, gli standard sociali creano spazio per critiche, interpretazioni errate e appropriazione. Come per le treccine, i dreadlocks ed i Cornrow, anche i bantu nots sono indossati dalle celebrità non nere, seguendo una moda che scredita la loro storia ed il loro scopo.
L’acconciatura arricciata del Jheri Curls. Verso la fine del secolo scorso i capelli texturizzati erano di nuovo popolari. Comparvero i famosi Jheri Curls, un processo chimico in due parti: la prima parte utilizza un prodotto rilassante in crema a base di tioglicolato di ammonio per raddrizzare i capelli, quindi i bigodini per la permanente vengono posizionate nei capelli in modo che prendano la forma secondo il loro modello grazie ad un liquido re-bonding, comunemente indicato come neutralizzante. Era ampiamente usato per creare ricci lucidi, bagnati e sciolti per entrambi i sessi.
È noto che Michael Jackson e molte celebrità indossavano questo stile. Le persone cercavano una maggiore versatilità nello styling, ma l’aspetto oleoso e bagnato causato dai prodotti idratanti pesanti necessari per mantenere l’aspetto del ricciolo Jheri, il modo in cui questi prodotti macchiavano i colletti e i vestiti di una persona, oltre al tempo necessario per avere i capelli acconciato in questo modo, fecero perdere l’interesse in questo stile.
Io sono i miei capelli!
A volte, parlando di capelli, sale una certa angoscia tra noi afrodiscendenti perché si aprono sempre discussioni al limite dell’assurdo dove bisogna sempre giustificare e spiegare perché abbiamo questo tipo di capelli, perché portiamo un certo tipo di acconciature, quasi a voler sottolineare che non abbiamo il diritto di essere quello che vogliamo essere con i nostri capelli, naturali o elaborati siano. Ed entriamo in una sorta di spirale dove molti di noi sentono la pressione del non avere capelli “presentabili”. Lentamente, ma inesorabilmente, diventano più preoccupati per l’aspetto capelli, investendo su prodotti e acconciature protettive, pur di sentirsi, in qualche modo, a posto.
Sui social media, ci sono più chiacchiere sulle donne afrodiscendenti e sulle nostre scelte di bellezza, che ci portano, ancora una volta, al centro di un dibattito sulle nostre stesse scelte di bellezza (soprattutto quando il benessere fisico e mentale in questo momento critico dovrebbe essere la priorità). La critica culturale agli afrodiscendenti e al loro aspetto non è affatto un nuovo processo, sebbene sia dilagante negli ultimi mesi e anni.
Tuttavia, i dibattiti sui social media dimostrano ancora una volta che il mondo, e Internet, non è uno spazio sicuro in cui le donne nere/mixed possono esistere come meglio credono. Gli ultimi passi avanti per porre fine alla discriminazione dei capelli, e le relative conversazioni in merito, possono contribuire al ciclo tossico del pregiudizio, anche all’interno delle nostre stesse comunità.
C’è, però, da fare una distinzione critica tra discriminazione dei capelli e pregiudizi. Il pregiudizio è un preconcetto, una preclusione, dove le persone possono giudicarti o provare sentimenti per te. La discriminazione, invece, è quando il pregiudizio si manifesta come comportamento pregiudizievole. La discriminazione contro i capelli afro si rivela come negare ai neri ed afrodiscendenti opportunità economiche ed educative basate sui loro capelli. Legislazioni come il CROWN Act guardano alla politica, cercando di proteggere i neri/mixed dall’essere discriminati per i loro capelli naturali, che si tratti di trecce, chignon o ciocche, perché i capelli sono un’estensione della nostra identità razziale.
C’è grande potere nella conversazione. Vale la pena rivalutare ciò che riteniamo accettabile e perché le scelte di bellezza delle donne nere/mixed diventano conversazioni virali, mentre le nostre controparti non nere possono accessoriarle come vogliono. Ci sono ancora così tante differenze generazionali su come percepiamo il modo in cui ci presentiamo nel mondo come persone di colore diverso dal bianco. Molti di noi hanno vissuto un mondo in cui non era sicuro presentarsi in un certo modo che non si avvicinava così tanto al candore e agli standard di bellezza eurocentrici. C’era molto di più a rischio, motivo per cui il cambiamento delle politiche è importante.
Il cambiamento di mentalità e la rappresentazione sono ugualmente importanti e possono cambiare la politica e la percezione nel suo insieme. Il CROWN Act, e altri importanti momenti culturali e proteste, sono la prova del potere dell’opinione pubblica nera/mixed. Il modo in cui cambiamo cultura è esaurendo ogni opportunità. Dobbiamo usare il potere delle immagini e della narrazione per normalizzare i capelli afro e normalizzare l’estetica nera/mixed che è radicata nella storia dell’estetica africana. Dobbiamo riprogrammarci come persone nere e afrodiscendenti nella diaspora, ovunque nel mondo dove non si è mai capito o apprezzato l’estetica africana.
Parte di quella normalizzazione inizia con l’offrire ai neri l’autonomia sul loro aspetto. Inizia con difendersi a vicenda invece di essere ipercritici. Dopotutto, siamo già così duri con noi stessi come individui. In definitiva, un mondo perfetto inizia con il lasciare in pace le donne nere/mixed e lasciarle navigare liberamente nel mondo con i turbanti, le trecce o quello che vogliono.
I capelli naturali rivelano molto sull’identità di chi li indossa. Il corpo è mezzo di espressione. Vediamo i corpi umani come la forma fisica e simbolica attraverso la quale si manifestano le gerarchie sociali, il controllo e l’etichetta. L’aspetto dei corpi, il modo in cui i corpi vengono adornati e il modo in cui i corpi vengono trattati dagli altri possono essere tutti un punto di partenza per discutere le dinamiche più ampie tra un gruppo di persone. Dopotutto, ci muoviamo attraverso il mondo all’interno dei nostri corpi e le nostre interazioni più significative avvengono nello spazio fisico.
Sociologi, antropologi e storici che si concentrano sul corpo ricercano una gamma di pratiche, come la chirurgia plastica, la violenza, la riproduzione, lo sport, la bellezza e la moda. Ognuno di questi argomenti ha molto da dirci sulle nostre relazioni reciproche e con le ideologie. Esaminare l’acconciatura può essere particolarmente rivelatore delle dinamiche sociali perché i capelli sono la parte più malleabile del nostro io fisico.
I capelli possono essere tagliati, colorati, tinti, ricoperti, gelificati, cerati, strappati, laserati, intrecciati o texturizzati. possono indicare anche l’età (attraverso l’ingrigimento), la salute (attraverso la caduta o la crescita eccessiva), la razza (attraverso la consistenza e il colore) e il sesso (attraverso la presenza o l’assenza di caratteristiche sessuali secondarie e l’acconciatura). A causa di questa versatilità, i capelli sono la parte più adatta del corpo per l’espressione creativa di sé.
Il modo in cui qualcuno porta i propri capelli comunica molto sulla posizione di quella persona nei confronti del mondo. Per un’illustrazione familiare, la celebrazione collettiva dei capelli naturali è diventata un simbolo di accettazione di sé e amor proprio di fronte a stigmi più ampi che considerano i capelli ricci brutti, poco professionali o esotici. Poiché la lunghezza dei capelli è legata alla femminilità, il taglio grosso in una società patriarcale esprime un radicale amor proprio. E, poiché la struttura dei capelli è legata alla razzializzazione, indossare capelli naturali può essere utilizzato per abbracciare la propria eredità.
Oltre ai capelli naturali, vengono utilizzate altre acconciature per esprimere impegni e identità politiche. Al culmine del movimento per il suffragio femminile, le giovani donne flapper indossavano tagli di capelli corti in resistenza agli ideali di genere vittoriani che la loro generazione stava arrivando a considerare limitanti e obsoleti. Per un altro esempio, negli anni ’30, i cultori della bellezza afroamericani della classe media sostenevano che la stiratura dei capelli fosse una strategia per l’assimilazione nella cultura bianca tradizionale e per elevare la razza.
Successivamente, quando gli Stati Uniti aumentarono l’attività in Vietnam negli anni ’60, gli uomini hippie indossavano i capelli lunghi come critica performativa dell’imperialismo capitalista e della cultura militare. Anche le sottoculture come i goth e i punk usano i capelli per esprimere i loro orientamenti anti-establishment.
I capelli sono anche incorporati in vari rituali spirituali per esprimere il proprio impegno per la fede, la modestia o l’umiltà. Nell’induismo, la tonsura o la rasatura della testa viene spesso eseguita per indicare un diritto di passaggio o quando si soffre per la perdita di una persona cara. Nell’Antico Testamento della Bibbia, i capelli di Sansone erano la radice fisica della sua forza data da Dio.
Questa parabola costituisce la base del modo in cui molti gruppi pensano al potere dei capelli, come nel rastafarianesimo, dove i dreadlocks sono indossati sia nel rispetto delle scritture che dell’afrocentrismo. Per un altro esempio religioso, le donne ebree ortodosse indossano copricapi chiamati snood o parrucche per dimostrare modestia dopo il matrimonio. Allo stesso modo, alcune donne musulmane scelgono di indossare l’hijab negli spazi pubblici per praticare la modestia o come espressione esteriore culturale-religiosa.
In sintesi, i capelli sono più che semplici capelli. Il modo in cui indossiamo dice molto su chi siamo, il nostro contesto storico e ciò che apprezziamo. I capelli strutturati non sono completamente assimilati, non sono ancora visti come una cosa normale, ovunque. Anche quando le persone hanno cose carine da dire sui nostri capelli, molto spesso metteranno in evidenza quanto siano diversi. Non diverso dal loro, solo diverso.
Secondo me, è qui che sta il problema. Essere diversi l’uno dall’altro è inevitabile ed è ciò che rende la nostra società così ricca e multiculturale. Ma essere semplicemente definito “diverso” da qualcuno che si vede come la norma può essere frustrante, poiché mette quasi in discussione il nostro posto nella società. Credo che la percezione generale dei capelli ricci debba cambiare per essere pienamente accettata. Abbiamo ancora del lavoro da fare su questo.
Credo che una comunità che celebra l’indossare i capelli afro in modo naturale possa avere un impatto immenso su ognuno di noi. Si materializza l’idea che non dovremmo limitarci a ciò che i media mainstream ci stanno mostrando. Una community così ci può inviare un messaggio forte: non vederci rappresentati non significa che dovremmo lasciare che ciò accada senza cercare di creare e sconvolgere l’industria della bellezza come è oggi.
Tuttavia, si potrebbe fare di più. Aprire una discussione sull’esperienza dei capelli ricci è poiché è indispensabile associare i nostri capelli a qualcosa di più che semplici consigli e routine di bellezza.