La questione dell’accento tra i nigeriani, e in particolare il legame con la lingua inglese come lingua acquisita dai colonizzatori, è complessa e affonda le radici in dinamiche storiche, sociali e culturali.
1. Il legame con la lingua coloniale
L’inglese è stato introdotto in Nigeria dai colonizzatori britannici nel XIX secolo e, sebbene oggi sia la lingua ufficiale, molti nigeriani parlano diverse lingue autoctone come l’Hausa, l’Igbo, il Yoruba e altre. L’accento inglese di un nigeriano può quindi essere visto come un “accenno” della colonizzazione, che potrebbe evocare un senso di resistenza o di adattamento, a seconda del contesto. Per molti, parlare un inglese “puro” (senza accento nigeriano) può essere associato a un miglior status sociale, economico e professionale, sia dentro che fuori il paese.
2. L’accento come ostacolo sociale e professionale
L’accento nigeriano in inglese è spesso percepito come un ostacolo nelle interazioni con persone di altre nazionalità o, in alcuni casi, all’interno di una comunità globale. Le persone che parlano con un forte accento nigeriano possono essere giudicate come meno professionali, meno competenti o, addirittura, incomprensibili. Questo fenomeno non riguarda solo i nigeriani, ma anche altre popolazioni che parlano lingue diverse dall’inglese madrelingua, come gli italiani stessi, gli indiani, i filippini, i caraibici, ecc. Tuttavia, nel contesto nigeriano, l’adozione di un accento “neutro” è spesso vista come una modalità per superare la barriera sociale e per essere accettati in un mondo lavorativo, accademico e sociale dominato da culture occidentali.
3. La creatività nigeriana e la percezione dell’accento
I nigeriani sono noti per la loro incredibile creatività, che si esprime in molti settori: dalla musica (come nel caso della musica afrobeat), al cinema (con il Nollywood), alla moda, all’arte e alla scrittura. Questo spirito creativo si riflette anche nell’uso della lingua. Molti nigeriani parlano un “pidgin“ nigeriano, una lingua ibrida che mescola inglese e lingue locali, che diventa una forma di espressione culturale e sociale. Sebbene l’inglese con accento nigeriano venga talvolta giudicato negativamente, il pidgin rappresenta un’affermazione di identità culturale e un modo per comunicare in maniera più autentica e accessibile. Tuttavia, quando si tratta di interagire con un pubblico internazionale, l’accento “straniero” potrebbe essere visto come un ostacolo alla comunicazione fluida, portando alcuni nigeriani a cercare di migliorare la loro pronuncia.
4. Accettazione vs conformità alla globalizzazione
L’adozione di un accento “neutro” o occidentale, quindi, diventa anche una scelta pragmatica: alcuni nigeriani lo vedono come una necessità per integrarsi meglio in un sistema globale dominato dalla lingua inglese standardizzata, mentre altri lo considerano un atto di conformità che contribuisce alla disuguaglianza sociale, rafforzando la visione occidentale del mondo. Questa tensione tra adattamento e resistenza è un tema centrale, in quanto alcuni potrebbero sentire di perdere parte della loro identità culturale nel tentativo di adattarsi agli standard globali.
5. La modifica dell’accento come terapia
La modifica dell’accento è talvolta vista come una forma di “terapia linguistica”, un processo attraverso il quale le persone cercano di “eliminare” le caratteristiche che potrebbero essere percepite come un ostacolo alla loro integrazione. Tuttavia, per chi considera l’accento una parte fondamentale della propria identità, questo processo potrebbe sembrare una perdita di autenticità. Il dilemma si pone quindi tra il desiderio di migliorare l’integrazione professionale e sociale e il desiderio di mantenere viva la propria lingua e cultura.
Come la vivo io ….
La relazione tra accento, identità e integrazione sociale è una questione complessa che riguarda non solo i nigeriani, ma anche molte altre comunità che vivono in contesti globalizzati. Mentre l’adozione di un accento neutro può essere vista come una chiave per superare le barriere comunicative e raggiungere determinati obiettivi professionali, è fondamentale considerare che ogni tentativo di modificare l’accento deve essere fatto con il rispetto della propria identità culturale e con la consapevolezza che la lingua è anche un mezzo di espressione creativa e culturale.
Non posso pensare di assoggettarmi ad una cultura che mi richiede di essere quella che non sono per essere accettata e tanto meno assimilarmi in una nuova cultura adottando le strutture fonemiche e pragmatiche della lingua regionale, al solo fine di ridurre il disagio personale legato alla parola.
Trovo che la questione dell’adattamento linguistico e culturale, in particolare riguardo all’accento, non concerne solo una questione di “comunicazione efficace”, ma anche di identità e di rispetto per la propria cultura. La lingua non è solo un mezzo per trasmettere informazioni, ma anche un veicolo di valori, tradizioni e storie che sono intrinsecamente legate a chi siamo. Quando si richiede a qualcuno di modificare il proprio accento per essere “accettato” o per ridurre il disagio sociale, si chiede implicitamente di conformarsi a uno standard che spesso non tiene conto della ricchezza e della diversità culturale.
L’idea di “assoggettarsi” a una cultura dominante per essere accettati è comprensibile, ma allo stesso tempo problematico. Non dovrebbe esserci l’obbligo di rinunciare alla propria identità per essere riconosciuti o rispettati. È fondamentale che ogni individuo possa esprimersi autenticamente, senza sentirsi costretto a camuffarsi dietro un accento “standard” o “neutro”, che può risultare alienante, oltre che faticoso da mantenere nel tempo. La lingua è una forma di espressione creativa che deve essere celebrata, non omologata.
È possibile, anzi auspicabile, cercare un equilibrio: valorizzare la propria lingua e il proprio accento senza sentirsi obbligati a modificarli per essere accettati. Allo stesso tempo, è giusto perseguire la comprensione reciproca, ma questo non implica necessariamente rinunciare a ciò che ci rende unici. La vera inclusività dovrebbe consentire a ciascuno di esprimersi nella propria lingua e nel proprio accento senza temere di essere giudicati o emarginati.
In altre parole, la società dovrebbe essere in grado di apprezzare la diversità linguistica e culturale, invece di imporre un’unica norma come standard di “accettabilità”. L’idea di appartenere a una cultura globale, quindi, non dovrebbe significare omologazione, ma piuttosto arricchimento reciproco attraverso la comprensione delle diverse espressioni linguistiche e culturali.
Quindi, alla fine, mi sento legittimata ad invitare chiunque sia investito da questa opportunità linguistica a renderla parte integrante della propria identità poiché riflette un segno profondo sulla libertà di essere sé stessi, senza doversi adattare a un modello che non ci appartiene. Il valore della propria lingua, e di come viene pronunciata, è una parte fondamentale della propria identità che merita di essere rispettata.
𝑳𝒖𝒊𝒔𝒂 𝑪𝒂𝒔𝒂𝒈𝒓𝒂𝒏𝒅𝒆 | 𝑩𝒖𝒔𝒊𝒏𝒆𝒔𝒔 𝑬𝒙𝒆𝒄𝒖𝒕𝒊𝒗𝒆 | 𝑺𝒆𝒏𝒊𝒐𝒓 𝑴𝒆𝒏𝒕𝒐𝒓 | 𝑫𝒊𝒗𝒆𝒓𝒔𝒊𝒕𝒚 𝑻𝒓𝒂𝒊𝒏𝒆𝒓 | https://linktr.ee/metissagesanguemisto