L’aquila che credeva di essere un pollo: sulla rottura delle barriere mentali.

Come uso, nelle mie sessioni di Mentoring, una favola moderna per insegnare la lotta Mixed (e non solo) per l'identità.

 

Impossibile è solo una parola grossa lanciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, che esplorare il potere che hanno per cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto. È un’opinione. Impossibile non è una dichiarazione. È una sfida. Impossibile è potenziale. L’impossibile è temporaneo. Niente è impossibile.

 

Continua MELTING POT PROJECT, il Corso patrocinato da Métissage Sangue Misto Educational, spalmato in 30 ore d’aula complessive ed in cui si propongono metodologie, strategie e modelli di gestione per guidare una classe multiculturale e multirazziale. Essendo un percorso di didattica creativa, interculturale e innovativa, di ricerca e formazione, era di fondamentale importanza, per me, stabilire una partecipazione attiva di tutti gli iscritti, sul piano creativo ed emotivo, con l’obiettivo di facilitare la realizzazione di un clima di accoglienza, conoscenza e rispetto dell’altro. Ed in questa relazione sono nati scambi e feedback molto ricchi e al di là di ogni mia aspettativa.

 

 

Ho interagito con Aquile che hanno scoperto di non essere quei polli che credevano ed educatori delle nuove generazioni di aquile che dovranno imparare come non far sentire polli le loro preziose aquile. Ho deliberatamente preso spunto da uno dei libri più usati dai coaches, Messaggio per un’aquila che si crede un pollo. La lezione spirituale della consapevolezza di Anthony De Mello, per parlare del senso della consapevolezza di sé e far comprendere quanto possa essere cruciale l’influenza esterna per la creazione del sé. E’ uno strumento che uso spessissimo anch’io (insieme alla meravigliosa novella allegorica, della Fattoria degli animali di George Orwell), perché in essa è racchiusa tutta l’essenza della formazione di una identità, parafrasando la vita di cortile, come la nostra realtà sociale. Amo moltissimo questa storia antichissima, lì racchiusa, perché credo illustri come la nostra vita sia limitata o espansa, sia dal nostro ambiente quotidiano, sia dalle convinzioni limitanti che abbiamo su chi siamo capaci di diventare.

 

 

Nella fattispecie di questo corso e nel seguire i ragazzi Mixed e afro – discendenti nella loro conoscenza e ricerca della propria identità, avevo bisogno di introdurre e spiegare a loro, in primis, ai docenti ed a chi si occupa della loro educazione, il tema e lo scopo di una sessione del corso, dedicata a sviluppare una maggiore consapevolezza e conoscenza culturale ed esaminare come l’identità di discendenza africana sia stata modellata in tutta la diaspora. Avevo bisogno di uno strumento che facesse loro capire l’impatto duraturo e sistemico della discriminazione sulle persone di discendenza africana e da dove è originato. La favola di De Mello è quel prezzemolino che mi ci voleva e desidero condividere con voi come l’ho usato in questa Sessione del Corso.

 

 

La Storia

 

“L’aquila che credeva di essere un pollo”

Un giorno, un allevatore di polli,  trovò un uovo d’aquila. Non sapeva che fosse un uovo d’aquila, lo portò alla fattoria e lo tenne con tutte le altre uova che la gallina stava covando. Dopo qualche tempo l’aquilotto nacque con tutti gli altri pulcini e crebbe con loro,  facendo tutto quello che facevano i polli, vivendo come un pollo e credendo di essere un pollo. Chiocciava e ridacchiava, grattava la terra in cerca di vermi, sbatteva le ali e riusciva a volare a pochi piedi nell’aria. Era felice di essere un pulcino, ma a volte aveva il dubbio che fosse più di un pollo. A mettergli un tarlo, un giorno, fu quando vide un magnifico uccello sopra di lui nel cielo. Scivolava con aggraziata maestà tra le potenti correnti di vento, battendo,  appena,  le sue forti ali dorate.

Incantata e soggiogata, l’aquila chiese: “Chi è quello?”

“Quello è il re degli uccelli, l’aquila”, disse il suo vicino. “Appartiene al cielo. Noi, invece, apparteniamo alla terra, siamo polli”.

L’Aquila rise si disse: “Andiamo!!!! sono troppo pieno di me stesso. Devo essere  felice di essere un pollo perché è quello che sono. Non potrei mai essere come quel re degli uccelli ” e continuò la sua vita da pollo, nel pollaio.

 

Il caso volle che di lì passò un naturalista,  venuto all’allevamento di polli per vedere se ciò che aveva sentito su un’aquila che si comportava come un pollo fosse davvero vero. Fu sorpreso di vedere l’aquila impettita intorno al pollaio, beccando il terreno e comportandosi proprio come un pollo. Il contadino spiegò al naturalista che questo uccello non era più un’aquila. Adesso era un pollo perché era stato addestrato per essere un pollo e credeva di essere un pollo.

Il naturalista sapeva che c’era di più in questo grande uccello di quanto le sue azioni mostrassero mentre “fingeva” di essere un pollo. Era nato aquila e aveva il cuore di un’aquila, e niente poteva cambiarlo. L’uomo sollevò l’aquila sulla staccionata che circondava il pollaio e disse:

Aquila, tu sei un…Aquila. Spiega le tue ali e vola”.

L’aquila si mosse leggermente, solo per guardare l’uomo; poi guardò la sua casa tra le galline nel pollaio dove si sentiva a suo agio. Saltò giù dal recinto e continuò a fare quello che fanno i polli. Il contadino era soddisfatto. “Te l’avevo detto era un pollo”, disse.

 Il naturalista tornò il giorno dopo e tentò di nuovo di convincere il contadino e l’aquila che l’aquila è nata per qualcosa di più grande. Prese l’aquila e lo portò in cima al pollaio e gli parlò:

“Aquila, tu sei un’Aquila. Tu appartieni al cielo e non alla terra. Stendi le tue ali e vola.” Il grande uccello guardò l’uomo, poi, di nuovo, saltò giù sul pollaio e poi sul braccio dell’uomo.

Sapendo cosa sono veramente le aquile, il naturalista chiese al contadino di farlo provare ancora una volta. Sarebbe tornato il giorno dopo e gli avrebbe dimostrato che quell’uccello era un’aquila. Il contadino, convinto del contrario, disse: “È un pollo.”

Il naturalista tornò la mattina dopo all’allevamento di polli, prese l’aquila e il contadino e si diressero ad una certa distanza dal pollaio, su un’alta montagna. Non potevano vedere la fattoria né il pollaio da quel nuovo ambiente. L’uomo teneva l’aquila sul braccio e puntava in alto nel cielo dove il sole era molto luminoso.

Disse: “Aquila, tu sei un’aquila! Tu appartieni al cielo e non alla terra. Spiega le tue ali dorate e vola”.

L’aquila si guardò intorno, di nuovo verso l’aia (che non riuscì a vedere) e verso il cielo. Allora il naturalista lo sollevò dritto verso il sole e avvenne che l’aquila cominciò a tremare,  raddrizzò il suo grande corpo e, lentamente,  distese le sue ali massicce.  Le sue ali si mossero sempre più velocemente e con un grido di trionfo si librò nel cielo.

 

 

Morale

 

La morale di questa storia antichissima è profonda. Ti sei mai sentito nato per fare qualcosa di diverso da quello che vedi intorno a te? Quante volte vedi persone che si mettono in fila, fanno quello che ci si aspetta che facciano o quello che fanno sempre le persone nei loro panni? E quante volte le persone spingono per dirti cosa sei e cosa non sei, in realtà? La storia ha sicuramente uno scopo didattico perché mira ad insegnare, a grandi e piccini, l’importanza del contesto in cui si nasce e cresce, e di come le interazioni sociali contribuiscono a sviluppare la personalità in base all’esempio e all’emulazione. Si tratta di una storia sull’identità e su come la maggior parte delle persone, pur non sapendolo, è addormentata. E’ nata dormendo, vive dormendo, si sposa dormendo, alleva i figli dormendo, e muore dormendo, senza mai svegliarsi. Non arriva mai a comprendere la bellezza e lo splendore di quella cosa che chiamiamo vita.

 

In altre parole, non riusciamo a vedere veramente ciò che siamo e quello che possiamo creare nel corso della nostra esistenza senza uno strumento potentissimo come la consapevolezza. Essere consapevoli di noi stessi, di cosa ci limita, condiziona e ci fa vedere le cose in modo distorto ci permette di cambiare ciò che pensavamo fosse il nostro destino. Ci permette di percorrere strade nuove, esplorare nuovi territori, andare fuori dai confini della nostra mente condizionata dall’ambiente in cui siamo nati, cresciuti e in cui continuiamo a vivere, relazionarci, confrontarci, per creare qualcosa di più grande di quello che pensavamo di essere e di poter fare. Ci permette di evitare di darci quelle orribili risposte quando siamo alla ricerca del perché “gli altri ce la fanno e noi no“, come  “loro sì che erano nel posto giusto al momento giusto”, “loro sì che hanno qualità e talenti che io non ho”, “loro sì che conoscevano qualcuno di influente che li ha aiutati”, “loro sì che hanno fatto qualche compromesso con sé stessi per arrivare dove sono arrivati”…… e via di questo passo.

 

 

Queste sono le risposte peggiori, perché ci impediscono di crescere e percorrere, serenamente, il nostro cammino. Se, invece, ti prendi del tempo per conoscere la storia delle persone che ammiri e da cui prendi ispirazione, molto probabilmente scoprirai che si sono messe in gioco, hanno preso dei rischi, hanno creduto in sé stesse e nelle loro capacità, hanno investito tempo e denaro, sono riuscite ad acquisire una maggiore consapevolezza riuscendo a superare limiti, difficoltà e ostacoli. Sicuramente sono state anche sostenute e aiutate e hanno fatto delle scelte consapevoli e autentiche che hanno permesso loro di incontrare persone e fare esperienze che hanno tirato fuori il meglio di loro.

 

 

Anche noi Mixed – la maggior parte di noi Mixed – si trova spesso imbrigliata in questa situazione. Persone che continuano a dirci (vederci) come quello che non siamo e diamo loro credito, anziché guardarci dentro e capirne di più. Ci facciamo sballottare ora da una parte, ora dall’altra, arrovellandoci su quale delle nostre culture è meglio scendere a patti. E si finisce, troppo spesso, a scegliere quella che fa sentire più accettati e meno attaccati, quella che ci omologa agli altri per “non dare troppo nell’occhio” e per non sentirsi nell’occhio del ciclone, richiudendoci in una comfort zone illusoria, dimenticandoci della nostra completezza o, peggio, rinnegando quella parte che ci ha rifiutato per un intera vita. Ci rassegniamo, troppo spesso, ad un’ossessione fuori da qualsiasi logica, ad una consapevolezza che va al di là delle nostre capacità ci comprensione e non vediamo ciò che è semplicissimo da vedere.

 

Forse nemmeno noi, né i nostri sogni “apparteniamo al cielo“. Proprio come diceva il pollo nella storia, abbiamo bisogno di rimanere a terra con gli altri come noi, e questo ci porta, inevitabilmente a creare in noi una mentalità da blocco stradale: “non sono abbastanza intelligente, non valgo niente, non so chi sono, sono troppo nero per essere bianco, sono troppo bianco per essere nero, la mia famiglia non è abbastanza ricca, nessuno nella mia famiglia è andato all’Università ….. Ovviamente, niente di tutto questo è vero, ma ci vuole il suo tempo per superarlo.

 

 

Come uso questa favola per insegnare la lotta per l’identità Mixed, afro-discendente e non.

 

A parte questa piccola, grande digressione sul tema, la mia primissima considerazione nel svolgere il mio lavoro con i bambini ed i ragazzi, è che debbano essere ispirati prima di poter essere informati, prima di farli ingurgitare nozioni e formule. Come diceva Montaigne negli Essais, Insegnare, non è riempire un vaso, ma è accendere un fuoco. I ragazzi devono sapere che ci tieni a loro, che sei lì per guidarli. A loro non importa quello che sai. Importa semplicemente che tu sia presente. Con fantasia e con creatività. Educare, non è ammaestrare, ma accompagnare sul cammino personale del proprio sviluppo; è elevare, portare alla luce, far scaturire; è considerare ogni singolo ragazzo, NON un futuro adulto da plasmare, ma un essere in divenire, una persona globalmente intesa che dobbiamo aiutare a svilupparsi, rispettando le sue qualità intrinseche e la sua personalità. Nel caso dei ragazzi Mixed (di qualsiasi estrazione siano), questo guidarli nel loro divenire è un tantino più complesso perché è necessario tenere in considerazione la componentistica della pluralità delle loro varie culture.

 

 

Spesso mi concentro sui Mixed di estrazione razziale bianco/nero, perché è un tema che conosco molto bene, essendo una ricercatrice su questo campo, avendolo studiato approfonditamente e con cui ho dovuto fare i conti, sulla mia pelle, sin dalla mia nascita, ma ciò non significa che il ragionamento non sia applicabile anche alle mescolanze di altre estrazioni. Ho trovato il racconto di De Mello, da me riadattato anche secondo un antichissimo racconto popolare Nigeriano (Igbo – in cui cambia solo il finale della storia, dove, al posto del naturalista c’è un’altra Aquila che guida e rende consapevole l’Aquila-Pollo), uno strumento potente per esplorare una serie di questioni, dalla storia africana, al razzismo istituzionalizzato. In particolare, ho sviluppato un percorso utile per discutere l’empowerment culturale e l’oppressione interiorizzata, dove un gruppo razziale dominato, recita o rafforza le credenze razziste dominanti su sé stesso o sui membri del proprio gruppo razziale.

 

 

Questa storia, l’ho trovata raccontata anche nella tradizione dei proverbi, delle parabole e della narrazione dell’Africa occidentale, ed è una metafora della storia delle persone di discendenza africana nella diaspora dove si  racconta la tragedia del potenziale non realizzato delle aquile che non credono di poter volare. Per far comprendere meglio a questa generazione, molto legata ed interessata a tutto ciò che accade oltreoceano, il senso concreto della morale, ho parafrasato ed “usato” la storia degli schiavi (gli aquilotti) portati in America su una nave negriera e portati in un pollaio di una piantagione. Tenuti all’oscuro della loro eredità, perdono il loro senso di identità e sono disprezzati e ridicolizzati dai polli e dal sorvegliante, per essere diversi. Fatti sentire brutti e inferiori, non hanno fiducia in sé stessi come aquile e non sono in grado di volare.

 

Arriva la Grande Aquila, un’aquila che era sopravvissuta al Passaggio di Mezzo dall’Africa alle Americhe. Consapevole del suo passato e culturalmente orgoglioso, salva le aquile. “Non siamo polli“, dice loro la Grande Aquila. “Veniamo da una terra ricca di storia e patrimonio culturale. Non siamo nati per camminare come polli, ma per librarci tra le nuvole. Siamo i simboli di un popolo grande e orgoglioso”. Le aquile sviluppano un’immagine positiva di sé e imparano a volare. Da quel giorno le aquile si sono librate in tutto il mondo, aiutando gli altri a credere nella loro bellezza, nel loro splendore, nel loro potenziale e nelle straordinarie possibilità nelle loro vite.

 

 

Trovo il racconto particolarmente utile per discutere, in una classe mista, il concetto di oppressione interiorizzata e come la sottomissione della schiavitù (intesa anche nel suo senso più ampio) sia andata oltre le restrizioni fisiche e la violenza. Nello studio della schiavitù, una delle domande più comuni dei miei studenti afro – discendenti è come i padroni degli schiavi bianchi siano stati in grado di soggiogare i neri e tenerli incatenati durante centinaia di anni di oppressione e questi sono quesiti a cui vanno date risposte immediate, in modo da indurre il ragazzo a comprendere come si possa essere facilmente influenzabili dall’esterno. Stimolarli ad immedesimarsi nei personaggi della storia (i pulcini, le aquile, il sorvegliante del gallo e la Grande Aquila) e creare delle frasi da abbinare loro, come per esempio, i pulcini potrebbero dire: “C’è un nuovo bambino a scuola. Andiamo a picchiarlo e gli facciamo sapere chi comanda“, oppure, il pollo che dice “Non posso studiare con lui, non sa niente“, o, ancora “Quella ragazza è troppo nera, non posso andare in giro con lei“. Questo esercizio serve a parlare di come tali punti di vista umilianti siano modi in cui il razzismo e la discriminazione, dall’esterno viene interiorizzato all’interno del gruppo vittima e utilizzato come forma di controllo.

 

 

Durante tali discussioni, identifichiamo anche come la parola “negro” sia stata storicamente usata dai bianchi e, alla fine, da molti africani, come etichetta di inferiorità e disprezzo. Analizziamo perché era importante per i proprietari di schiavi che le persone di discendenza africana si considerassero non come membri delle tribù africane Mandingo, Igbo, Yoruba, Ashanti o Fulani, ma come schiavi, selvaggi, o pagani bisognosi della salvezza cristiana bianca. O, come ha scritto lo storico africano Ali Mazuri nei primi anni ’80, nel suo documentario girato in collaborazione con la BBC e la NTA Nigerian Television Authority.  In quel documentario, intitolato    The Africans: A Triple Heritage  disse: “Dimentica di essere africano; ricordati che sei nero.

 

 

 

Senza entrare ulteriormente nei tecnicismi del corso, posso solo dirvi che i feedback ricevuti sono stati davvero molto interessanti e, per me, stimoli fondamentali per ragionare maggiormente sulla differenza inespressa e zero valorizzata dei ragazzi Mixed, in particolare afro – discendenti, nati e cresciuti in Italia e di come la ragione prima di questa inadeguatezza si sviluppi proprio nelle aule delle nostre scuole, incapaci di creare un ambiente appropriato alla crescita ed alla formazione di una identità così complessa.

 

 

Direi che ciò che ha fatto più presa tra i partecipanti è stata la grande saggezza dell’Aquila, un simbolo di resistenza culturale, speranza e liberazione. Questa prospettiva è troppo spesso trascurata nelle aule, soprattutto in termini di insegnamento sui gruppi soggiogati. La Grande Aquila che aiuta l’Aquila-Pollo ad acquisire consapevolezza, a sua volta era stato picchiato e deriso, eppure è rimasto comunque resistente. Un docente bianco, partecipante al corso, dice che troppo spesso, in questo mondo, le persone ci persuadono attraverso l’intimidazione o l’azione a rinunciare a qualcosa o a fare marcia indietro. È bello leggere una storia su come prendere i colpi e continuare a sostenere le proprie convinzioni.

 

 

Per estendere ulteriormente la metafora della resistenza, ho chiesto ai partecipanti di fornire esempi storici e contemporanei di questa aquila attivista. Uso questa domanda anche per scoprire cosa sanno sulle tradizioni di resistenza e consapevolezza culturale nella cultura di origine africana. I partecipanti citano personaggi storici come Malcom X e Martin Luther King Jr. e le lotte come il Movimento per i diritti civili. Per aiutare i partecipanti in questa attività, ho messo insieme un elenco di citazioni di diversi attivisti di origine africana. Chiedo loro di selezionare le citazioni da questo elenco e di rispondere nel loro diario per discussioni successive. Nelle sessioni successive del corso, le aquile che pensavano di essere polli sono diventate un punto di riferimento mentre lavoravamo attraverso unità come i grandi imperi africani prima del colonialismo, lo sviluppo della tratta degli schiavi africani, l’istituzionalizzazione della supremazia bianca, l’impatto della pigmentazione del colore all’interno della comunità africana, la storia della resistenza delle persone di origine africana e il concetto di nazionalismo nero e il suo ruolo nel plasmare l’identità di origine africana. Ho anche utilizzato altre risorse per rafforzare i temi e i problemi del corso.

 

 

Sono particolarmente soddisfatta perché ho percepito che i partecipanti, proprio come gli aquilotti, avevano un maggiore senso di identità culturale e scopo. Così ha scritto uno degli iscritti, nella  valutazione delle sessioni fatte fino a qui: “Dobbiamo imparare ad amarci e lavorare insieme e dimenticare il colore. Siamo tutti africani indipendentemente dall’ombra. Dobbiamo anche decidere sulla nostra identità in modo da poter diventare un popolo forte, unito, in grado di dare vita alla prossima generazione di ribelli”.

 

 

 

Luisa Wizzy Casagrande, Biracial, Bicultural, Mixed & Matched with an Italian and Nigerian Heritage.

Sono un’imprenditrice multidimensionale, poliedrica, multipotenziale, con molti interessi e innumerevoli passioni. Appartengo alla tribù delle “donne rinascimentali” , dinamiche e vibranti e non vorrei che fosse diversamente. Non sono programmata per fare solo una cosa nella vita.

Ho una formazione di Antropologia Biologica, Co-Fondatrice e CVO di DOLOMITES AGGREGATES LINK NIG. LTD, ricercatrice e freelance di studi africani, cultura, tradizione e patrimonio, e fondatrice di Métissage Sangue Misto, un utile WebMag, una comunità riservata, basata sui principi dell’intelligenza Emotiva e Intelligenza Culturale, del mentoring e dell’auto-potenziamento dell’identità delle persone Mixed e multiculturali. Métissage Sangue Misto è stato fondato in Italia, per celebrare e aiutare le persone miste e multiculturali a trovare ispirazione e vivere la propria dualità/pluralità valorizzandole.  IG MBA Métissage Boss Academy , MBA Metissage & Métissage Sangue Misto. , Telegram Channel, e ClubHouse come  @wizzylu), sono spazi sicuri che ho creato, dove navigare in una profonda ricerca di sé stessi attraverso piccole grandi scoperte, condividendo l’esperienza del “vivere misto” ed agendo come un ponte tra due (o più) culture.

 

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