Mixed di seconda generazione: come li classifichiamo?

Il dilemma dei Mixed 3.0 - Il Futuro che sarà, tra Quadroon, Octoroon e compagnia bella!

Alexander Masson. Statunitense. Suo padre è Francese e sua madre è Colombiana.

 

Fino ad oggi abbiamo sempre parlato delle persone Mixed, ed ancora si ha difficoltà a definirli e capire esattamente dove collocarli nel processo sistemico di classificazione del genere umano.

 

L’Italia ha, a malapena, capito il meccanismo delle relazioni interrazziali, ma abbiamo ancora un sacco di strada da fare. I figli delle coppie miste degli anni ’60 e ’70, come me, sono ora adulti, con figli propri, persino nipoti.

 

Ma, se proprio sentiamo questa grande esigenza di voler classificare il genere umano, in quale sezione li mettiamo? Neri, bianchi, asiatici, Mixed? Esiste una terminologia per i bambini Mixed di seconda generazione che non li metta semplicemente nella sezione “altro”?

 

Rose Bertram. Belga. Padre Scozzese e Madre Portoghese, Angolana, e Senegalese.

 

Io sono Italo – Nigeriana, classificata come Europea in Nigeria e nera Africana, Mista, Mulatta o “altro” in Italia. Come vedete, già a partire da me, negoziare etichette restrittive, diventa un procedimento piuttosto complesso, figuratevi quando si tratta di definire i miei figli. Loro hanno le idee molto chiare su chi sono, frutto di personali ricerche e di continui confronti con amici di seconda generazione Mixed, sparsi un po’ in tutti gli angoli del pianeta. Questo mi dà la convinzione che sia giusto ed importante che tutti i Mixed si possano identificare come meglio ritengono giusto, ma che non perdano mai di vista il fatto che sono una complessità di identità (inclusi quelli spiacevoli) e non solo lo specchio di quello che preferiscono.

 

Ciò non significa, tuttavia, che altre persone non possano identificarli come li vedono, anche in modo positivo e inclusivo. Durante i regolari viaggi dei miei ragazzi in Nigeria, per esempio, vengono tranquillamente abbracciati come un Nigeriani e chiamati “Umuaka Igbo“. Devo dire che il loro nome Igbo li ha aiutati molto in questo, e dopo il primo impatto fatto di stupore e sorpresa, vengono fatti sentire immediatamente in famiglia, nonostante il loro forte pallore. Senza contare il fatto che, in famiglia, celebriamo, indistintamente tutti i lati della nostra discendenza, alternando i nostri nomi (Italiani e Igbo), mangiando il cibo di entrambe le culture o, semplicemente leggendo o ascoltando musica tradizionale di ambedue le tradizioni.

 

Devo però constatare che, mentre ci sono stati molti studi sulle relazioni di coppie miste, ci sono poche ricerche preziose sulle famiglie Mixed. Non c’è stato nemmeno alcun studio su cosa le persone multirazziali pensano della prossima generazione, e dei loro figli misti di seconda generazione. E mentre questi individui Mixed di seconda generazione crescono ed hanno figli, loro stessi, ci troviamo di fronte a un panorama sociale affascinante ma sconosciuto. Non esiste una singola definizione ufficiale di “misto“. Quindi i figli di genitori multirazziali possono usare questa ambiguità anche per chiamarsi Mixed? In teoria sì, ma in pratica la società ha spesso altre idee. Mixed è quasi diventata una scorciatoia per qualcuno che ha un genitore nero e uno bianco. Qualsiasi deviazione da questo rapporto fa sollevare le sopracciglia.

Quando i miei figli si descrivono come Mixed, ad esempio, le persone non sono sempre convinte.

Tua madre è nera? O mista?” chiedendo sospettosamente e guardando i loro capelli più ricci che afro. Viene da ridere, ma spesso mi chiedono se sono obbligati a mostrare una foto come “prova”.

Esclusi dalla terminologia esistente, alcune persone di diverse razze hanno escogitato descrizioni alquanto creative, a volte piuttosto imbarazzanti, come “blasian” (nero e asiatico), “blackanese” (nero e cinese, vietnamita o giapponese), “blindian” (nero e indiano), o la trovata “cablinasian” di Tiger Woods (caucasico, nero, indiano e asiatico).

Alcuni si spingono molto in là, convinti di voler far riconoscere a tutti i costi la loro parte bianca, e si buttano a capofitto in una descrizione laconica, tipo, “sono bianco“. Personalmente lo trovo molto divertente, perché, chiaramente, non sembrano bianchi, nonostante il forte pallore, gli occhi chiari ed i ricci biondi.  Poi pensandoci bene, la cosa risulta un po’ disturbante e proprio per questo ritengo sia necessario avere una conversazione molto seria sul perché si senta il bisogno di definirsi “bianco”.

 

Se hai un genitore bianco e un genitore misto (che è per metà caucasico), chiamarti bianco potrebbe sembrare tu voglia rinnegare la tua parte NON bianca. Eppure definirti Mixed non è sempre accettato. Un esempio lo abbiamo con Mariah Carey. Nel 1998 disse, chiaramente, alla rivista Vibe, di essere Mixed, ma, nonostante questo, 5.400 persone, al mese, vollero verificare, online,  se fosse vero o no. Ed è qui che subentra un altro fattore molto disturbante, cioè quello del giudizio, da ambedue le parti, e questo succede semplicemente perché le persone non riescono a capirti, dal momento che non riescono ad inserirti in una delle classificazioni costruttamente esistenti.

 

 

Le etichette e le definizioni razziali, tuttavia, sono solo la punta dell’iceberg. I genitori Mixed possono anche provare sentimenti di perdita di identità o rifiuto culturale. Alcuni potrebbero preoccuparsi della reazione degli estranei a una donna mista con un bambino “bianco”. Altri potrebbero sentirsi mal equipaggiati per sostenere il loro bambino dalla pelle più scura attraverso esperienze negative che loro, come persone dalla pelle più chiara, hanno per lo più evitato.

 

Nonostante queste preoccupazioni, genitori e figli Mixed devono cercare di riconoscere anche il privilegio che deriva dall’essere di pelle più chiara o razzialmente ambigui nella nostra società attuale. Sono più spesso impiegati, supportati o pubblicizzati in uno spettacolo conscio o inconscio di diversità da gatekeepers bianchi che non vogliono apparire razzisti. (N.d.a = il gatekeeper è colui che subisce pressioni e condizionamenti che lo inducono a comportarsi in un certo modo, facendo prevalere logiche diverse rispetto alla vera informazione, oppure colui che sceglie di sostenere il sistema evitando di parlare di alcune verità che potrebbero demolirlo).

 

 

Anche i genitori di alcuni bambini meticci usano la loro prole in questo modo, mostrandoli come esempi di come “non vedano il colore” (colorblindness) o citandoli a difesa dalle accuse di razzismo.

 

Le persone Mixed potrebbero essere, ci viene detto, il futuro – un’idea che spesso contiene un sottotono anti-nero, come se questa fosse l’unica tonalità accettabile per una persona di colore. Fino a quando quel giorno non arriverà, ci deve essere uno spazio per esplorare come la nostra terminologia sulla razza influisca sul nostro senso di sé. Non aspettiamo l’inevitabile articolo dei Magazines, sul bambino “quadroon” di Harry e Meghan, prima di avere queste discussioni.

 

 

 

 

Luisa Wizzy Casagrande, Biracial, Bicultural, Mixed & Matched with an Italian and Nigerian Heritage.

 

Sono un’imprenditrice multidimensionale, poliedrica, multipotenziale, con molti interessi e innumerevoli passioni. Appartengo alla tribù delle “donne rinascimentali” , dinamiche e vibranti e non vorrei che fosse diversamente. Non sono programmata per fare solo una cosa nella vita.

Ho una formazione di Antropologia Biologica, Co-Fondatrice e CVO di DOLOMITES AGGREGATES LINK NIG. LTD, ricercatrice e freelance di studi africani, cultura, tradizione e patrimonio, e fondatrice di Métissage Sangue Misto, un utile WebMag, una comunità riservata, basata sui principi dell’intelligenza Emotiva e Intelligenza Culturale, del mentoring e dell’auto-potenziamento dell’identità delle persone Mixed e multiculturali. Métissage Sangue Misto è stato fondato in Italia, per celebrare e aiutare le persone miste e multiculturali a trovare ispirazione e vivere la propria dualità/pluralità valorizzandole.  IG MBA Métissage Boss Academy , MBA Metissage & Métissage Sangue Misto. , Telegram Channel, e ClubHouse come  @wizzylu), sono spazi sicuri che ho creato, dove navigare in una profonda ricerca di sé stessi attraverso piccole grandi scoperte, condividendo l’esperienza del “vivere misto” ed agendo come un ponte tra due (o più) culture.

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