Mutaverso: Scoprire il “noi” nelle esperienze MIXED

 

A volte non sai cosa hai desiderato per tutta la vita finché non lo vivi. Come donna Mixed, non ho mai saputo quanto avrebbe significato, per me, relazionarmi con altre persone multirazziali in modo così consapevole, fino a quando, al mio mezzo secolo plus, ho creato il WebMag Métissage Sangue Misto. Non è la prima volta che creo uno spazio per gli altri, più che per me stessa, eppure, diventa sempre più chiaro che se hai bisogno di qualcosa che non esiste già, devi crearlo tu stesso.

 

 

Non sono mai stata una persona timida, e nemmeno ho mai avuto paura di parlare in pubblico. La curiosità è sempre stata il fulcro del mio progredire a passi incessanti in questa dimensione e non mi sono mai fatta particolari problemi a sconfinare in zone a me totalmente sconosciute. Tuttavia, i miei amici mi conoscevano in modo diverso e, in fondo, anch’io conoscevo me stessa in modo diverso, ma non ho mai perso il contatto con la realtà e, soprattutto, con la mia realtà, fatta di mondi, culture e tradizioni diversissimi tra di loro, ma naturalmente intersecanti. Quando ero più giovane, pensavo che i miei dubbi e le mie insicurezze provenissero dal mio essere adolescente o dal mio essere femmina. Ma più maturavo, più sono arrivata a chiedermi quanto del mio condizionamento – per sentirmi tranquilla, silenziosa e invisibile – fosse venuto dalla mia eredità di persona mixed?

 

 

Sono una donna afro europea. Mixed: padre bianco, italiano e madre nera, nigeriana.  E, a suo tempo, mi ero posta una miriade di domande.

 

Come ci si sente a crescere e non vedere mai riflessi parti di te stessa o della tua famiglia negli spettacoli che guardi o nei libri che leggi, o vederti raramente in posizioni di potere?

  

Come ci si sente nel percepire di “non esistere” nel mondo esterno, di non essere rappresentati né in un libro di storia, né in una raccolta di storie, né in un punto di vista di qualcuno vissuto prima di noi, in grado di tracciare il lignaggio di cui siamo parte?

 

Quanto sangue occorre per poter rivendicare un’identità? Una metà, un quarto, un ottavo, un sedicesimo, una goccia?

 

 

Per le persone Mixed, in particolare quelli di noi che hanno un genitore bianco, le risposte alle domande sull’identità possono essere fonte di grande confusione.

 

Imparare di più sulla storia della formazione delle società globali mi ha insegnato che le risposte alle domande sull’identità dipendono da quanto i bianchi hanno voluto sfruttare il loro controllo sui corpi o sulle terre degli altri e quanto è stato vantaggioso rivendicarci come loro “proprietà”. Ogni comunità razziale ed etnica ha una relazione unica con la formazione della storia delle identità Mixed e il nostro assorbimento o esclusione dalla Whiteness dipende dal cambiamento delle esigenze della cultura della supremazia bianca. Gli asiatici americani, ad esempio, sono stati addotti come “minoranze modello” per dimostrare il grande mito americano della meritocrazia e usati come un cuneo contro i neri: “Vedi, chiunque può avere successo qui se solo ci prova“. Ma siamo spesso visti come stranieri o pericolosi e, più recentemente, accusati della diffusione di virus mortali.

 

A molti di noi cresciuti in comunità a maggioranza bianca, è stato inconsciamente insegnato ad aspirare alla bianchezza. Al contrario, altri sono stati incoraggiati a negare tutti i legami con la bianchezza, oppure scegliamo di inclinarci in quella direzione noi stessi una volta che ci rendiamo conto di quanto siamo stati condizionati a vederci inferiori o privi degli standard della cultura della supremazia bianca. Ma sia che stiamo negando il nostro “colore” o negando la nostra “bianchezza, questi falsi binari possono a loro volta portarci a interiorizzare l’idea che una parte di noi è sbagliata, inferiore o troppo vergognosa per parlarne. Possono farci sentire come se dovessimo essere dei mutaforma per essere accettati o appartenere.

 

Sono cresciuta sia in un contesto integrato, sia in uno altamente ed esclusivamente segregato; ambedue  mi hanno insegnato a vedere le conversazioni sulla razza attraverso il binario del bianco e nero, ma ad accorgermi che vi sono anche altri tipi realtà che esulano da questa binarietà.

 

La maggior parte delle persone Mixed non sa mai cosa significhi far parte di una comunità in cui possiamo sentirci rilassati o avere un senso di appartenenza quando si tratta di catalogarsi nel costrutto e concetto di razza. Relativamente al contesto in cui siamo immersi continuiamo a interrogare la nostra identità razziale, attraverso la lente delle cultura in cui siamo immersi. In Italia, per esempio, i Mixed dalla pelle più scura vengono considerati neri, quelli di carnagione più chiara assimilati a latini o caraibici. La nostra “alterità” si contrappone alla bianchezza, quasi mai ad altre realtà. E’ diventato sempre più cruciale approfondire il proprio silenzio o il proprio attivismo quando si tratta di discutere sull’anti razzismo, sui pregiudizi impliciti e sulla ricchezza ereditata. Nei corsi di formazione sull’equità razziale, si tende sempre a dividere gli argomenti in due gruppi: uno per le persone di colore e uno per i bianchi.

 

Ci risulta molto chiaro di non essere bianchi, ma, molto spesso non ci si sente a proprio agio a occupare spazio per discutere dei nostri problemi di identità o del privilegio della pelle chiara in un gruppo dedicato alle persone nere. Eppure, anche noi abbiamo (e proviamo) discriminazioni razziali e per superare il proprio silenzio intorno all’oppressione degli altri, è necessario voce anche alla nostra.

 

Riflettere sulla propria interposizione razziale (Mixed) porta a sviluppare più di una lente contestuale. Si impara a vedere dove le proprie lotte si allineano con le altre persone di colore e dove divergono. Recentemente, come Founder del progetto Métissage Sangue Misto, ho iniziato a offrire spazi ad altre persone Mixed per condividere le loro esperienze. Avevo bisogno di raccontare questo mondo oscurato dai più e avevo bisogno di condivisione in comunità, perché mi sono resa conto che il disagio può vivere solo nel silenzio. Una volta che esprimiamo il nostro pensiero e le nostre riflessioni in uno spazio sicuro e ci sentiamo visti e ascoltati, il disagio può iniziare a dissiparsi.

 

La maggior parte delle persone Mixed non sa cosa significhi far parte di una comunità in cui possiamo sentirci rilassati o avere un senso di appartenenza quando si tratta di temi sulla razza. Anche nelle nostre famiglie, spesso la nostra parvenza è diversa da quella dei nostri genitori o parenti. Siamo ai margini di altre comunità che potrebbero accoglierci provvisoriamente, ma in fondo sappiamo benissimo di non appartenerci completamente. Siamo cresciuti con così tanti ricordi di come le nostre esperienze ci segnano come estranei, che abbiamo iniziato a diffidare anche di noi stessi.

 

Oggi posso dire che, dopo 55 anni passati a scrivere e interrogare le mie radici e le mie identità, le cose non devono essere necessariamente così. Ma da dove iniziare, soprattutto se conosciamo a malapena altre persone di Mixed consapevoli della propria pluri-identità e non abbarbicati a scegliere la parte che crea loro meno problemi?

 

Possiamo iniziare leggendo le storie degli altri. Non ce ne sono abbastanza là fuori, ma questo sta cambiando. E possiamo anche iniziare, in qualsiasi fase della vita, a raccontare e scrivere i nostri racconti. In questo modo, possiamo iniziare a comprendere come le nostre esperienze siano simili alle altre, ad esempio, come alcuni tratti che abbiamo interiorizzato come nostri disagi personali, possano effettivamente derivare da strutture sistemiche più ampie.

 

Inoltre, possiamo confrontarci  su dove le nostre esperienze divergono, dove le nostre identità intersezionali e privilegi relativi si affacciano nelle nostre storie uniche. Possiamo unirci a gruppi affini onlinepossiamo trovare terapeuti che rispecchiano le nostre origini, possiamo aprirci sulle nostre vulnerabilità e paure più profonde. Possiamo imparare a riconoscere come, a volte, il mutaforma ci danneggia e altre volte apre percorsi a nuove conversazioni. Possiamo iniziare, un piccolo passo alla volta, a rivendicare il fatto che la nostra voce e la nostra storia sono importanti e sono una parte essenziale del contributo alla conversazione mentre riflettiamo sul duplice mito e sulla realtà (costruita, ma ancora considerata un abitudine nella società in cui viviamo) della razza.

 

 

 

 

Luisa Wizzy Casagrande, Biracial, Bicultural, Mixed & Matched with an Italian and Nigerian Heritage. Sono un’imprenditrice seriale, multidimensionale, poliedrica, multipotenziale, con molti interessi e innumerevoli passioni. Non sono programmata per fare solo una cosa nella vita.

Ho una formazione di Antropologia Biologica, Co-Fondatrice e CVO di DOLOMITES AGGREGATES LINK NIG. LTD, investitrice, ricercatrice freelance di studi, cultura, tradizione e patrimonio africani, e fondatrice di Métissage Sangue Misto,  WebMag  e Lounge Community riservata. Oltre all’Azienda Mineraria, mi occupo di Consulenza sulla Diversità Culturale e Developmental Mentoring, sviluppando programmi di mentoring one-to-one, tagliati su misura per singoli individui, Istituzioni Scolastiche, Organizzazioni Multiculturali e Aziende.

 

 

 

 

 

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