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Come mi sono presa cura delle mie necessità in un luogo dove non ero rappresentata da nessun altro.

Essere stati  improvvisamente catapultati in un mondo composto esclusivamente da persone bianche, in un età infantile precoce, non è stata una cosa facile. Essendo nata e vissuta in una società multiculturale, ed essendo, quindi, abituata ad interagire con un numero importante di costumi e  tradizioni da tutto il mondo, trovarmi ad esclusivo contatto con un mondo prettamente occidentale del dopo guerra e dalle tradizioni fortemente radicate, è stato più  difficile di quanto mi aspettassi.

La nostalgia per le espressioni linguistiche plurime a cui ero abituata (all’età di 6 anni parlavo fluentemente 4 lingue, escluso l’italiano, che ho poi imparato successivamente), le feste comandate per ogni gruppo sociale in cui ero immersa (Natale, Pasqua, Qiddush, Eid al-Kabir,  Id al-fitr, Uthsava-utsav, Vesak, Festa delle lanterne, Capodanno Cinese, St. Patrick, Dia de Muertos, Thanksgiving… e chi più ne ha più ne metta…), la naturalezza nel frequentare persone che arrivavano da tutte le latitudine e longitudini di questo pianeta… beh.. tutto questo mi mancava terribilmente e mi metteva una sorta di disagio nel relazionarmi con persone monoculturali, dalle vedute piuttosto limitate ed ancorate ad un’illusione sulla perfezione del proprio mondo, fatto dalla presunzione del “noi siamo civili, voi no”..

Ad un certo punto, sono stata costretta a pormi, in tutta sincerità, una semplice domanda: di che cosa avevo in realtà bisogno per sentirmi serena in una siffatta situazione?

Era chiaro che condividere le mie esperienze in uno spazio dove non venivo capita, o dove venivo vista come un’aliena, risultava psichicamente piuttosto “violento”. C’era una sorta di emarginazione che mi portava, inevitabilmente, a fare un lavoro emotivo su me stessa più forte degli altri e tutto, semplicemente, per guadagnarmi il mio piccolo spazio nella piattaforma sociale in cui ero stata, mio malgrado, inserita. Il mio scopo principale era divenuto il trovare una negoziazione sulla gradazione del mio “biancore” in modo tale da sopravvivere in una situazione di continua frizione con gli altri.

Per trovare un punto di equilibrio in questa negoziazione, ho dovuto focalizzare esattamente ciò di cui avevo bisogno ed arrivai alla conclusione che il mio più grande bisogno era non lavorare così duramente (e quindi sprecare un surplus di energia che mi avrebbe inevitabilmente portato ad un burn-out emotivo) semplicemente per stare (e farmi accettare) in questa società.

Capire se stessi – all’età di 6/7 anni non è stato per nulla una cosa facile, ma lo spirito di sopravvivenza mi mise nella condizione di sforzarmi ad agire – e capire di che cosa si ha bisogno, è un’espressione di compassione verso se stessi, fondamentale per sopravvivere in certe situazioni di adattamento. L’amore per se stessi ed una profonda compassione anche per gli altri è stato l’arma che mi ha permesso di adottare solide strategie di autoconservazione.

Fino a quando non sarai in grado di farlo, starai sempre in bilico in una situazione che potrebbe diventare dannosa per te. Quindi connettiti con ciò di cui hai bisogno per esercitarti al massimo livello e valuta quali risposte sorgono concentrandoti su te stesso. Ti assicuro che, improvvisamente, conoscerai una meravigliosa luce ignota ai più.

@WizzyAfro Bodhisattva, Businesswoman, Physical Anthropologist, Freelance researcher of African Studies, culture, tradition and heritage, CEO Dolomite Aggregates LTD and Founder MBA Métissage Boss Academy @metissagesanguemisto.

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