Problemi da Mixed: quando ti chiedono di “abbandonare” un genitore.

La necessità della doppia cittadinanza da chi ha doppia nazionalità.

Non importa quanto in alto cresce l’albero, le sue foglie torneranno alle sue radici.

 

C’è un bellissimo concetto Māori,  Whakapapa, che esprime il sunto e l’accezione più profonda di identità.

Whakapapa significa, letteralmente, genealogia, ma racchiude in sé un mondo a parte, un mondo immenso e impregnato di significati che diventano, poi, il principio cardine che permea l’intera cultura Māori, il paradigma del dialogo culturale, che costituisce la base per stabilire, migliorare e perfino mettere in discussione le relazioni tra le famiglie, le tribù locali e quelli più estesi.

 

Whakapapa parla di persone: è un legame con il proprio patrimonio e la propria l’identità.  E’ una parola usata dai Māori per descrivere, recitare e discutere la loro genealogia, collegandoli ai loro antenati, gli Atua (dei), alla loro terra ancestrale e alle loro tribù. Conoscere il proprio Whakapapa significa acquisire la propria storia, la conoscenza della propria provenienza e la propria appartenenza. Per ricostruirlo è indispensabile identificare il luogo in cui ha avuto inizio il retaggio ancestrale.

 

Molti di noi Mixed si trovano un Whakapapa piuttosto complesso e, inserito in alcuni contesti culturali diversificati, a volte agli antipodi, ci obbliga a dover fare delle scelte drastiche causando frizioni e mal di testa insanabili. Parlo, nella fattispecie, della doppia cittadinanza di chi, tra noi, ha doppia nazionalità.

 

Innanzitutto vediamo di chiarire il fatto che Nazionalità e Cittadinanza non sono la stessa cosa: la prima indica il luogo in cui una persona o i suoi genitori sono nati, la seconda viene acquisita legalmente dopo aver soddisfatto i requisiti per diventare cittadini di qualsiasi paese. Nazionalità è una definizione utilizzata solo per indicare gli aspetti culturali, religiosi, tradizionali che ci legano ad uno Stato. La Cittadinanza, invece, rappresenta l’appartenenza (socio-politica) ad uno Stato, quello poi che, in definitiva, rilascia il passaporto e quindi viene considerata  giuridicamente, politicamente, socialmente rilevante perché è ciò che lega il cittadino alla nazione in termini di diritti e doveri. Mentre la Nazionalità è (quasi) scontata, la cittadinanza viaggia su binari più complessi, legata a bagagli legali di concessioni e acquisizioni. Quando poi parliamo di doppia cittadinanza, planiamo su un mondo a sé stante con tutto il suo bagaglio di vantaggi e svantaggi, probabilmente sconosciuti ai più.

 

Voglio oggi raccontarvelo invitando ad una riflessione più ampia di quella a cui siamo tutti abituati. E proprio da qui voglio partire, riassumendo, brevemente, le modalità di acquisizione di una cittadinanza in Italia.

 

 

Il nostro paese è il mondo e la cittadinanza l’umanità intera.

 

La doppia cittadinanza è l’acquisizione di una cittadinanza e di un passaporto di un paese o di uno Stato in aggiunta alla cittadinanza di cui si è titolare al momento della nascita e si acquisisce qualora si diventa cittadino per residenza di un altro paese acquisendone la cittadinanza per diritto. La cittadinanza indica il rapporto tra un individuo e lo Stato e in Italia la disciplina in materia fa capo, principalmente, alla legge 91/1992.

 

Come sappiamo, in Italia è possibile acquisire la cittadinanza italiana jure sanguinis oppure jus soli. L’acquisizione della cittadinanza jure sanguinis avviene nel caso in cui almeno uno dei genitori biologici o adottivi sia cittadino italiano. Però, qualora l’adozione sia revocata per fatto dell’adottato, questi perde la cittadinanza italiana, sempre che sia in possesso di altra cittadinanza o la riacquisti. Negli altri casi di revoca, invece, l’adottato conserva la cittadinanza italiana.

 

L’acquisizione della cittadinanza secondo il criterio alternativo dello jus soli, invece, è prevista per:

  • coloro che nascono nel territorio italiano e non possono acquistare la cittadinanza dei genitori in quanto la legge dello Stato di origine dei genitori stessi esclude che il figlio nato all’estero possa acquisire la loro cittadinanza;
  • coloro che nascono in Italia da genitori ignoti o apolidi, cioè privi di qualsiasi cittadinanza;
  • coloro che sono figli di persone ignote e che vengono trovati, a seguito di abbandono, nel territorio italiano, e per i quali non può essere dimostrato, da parte di qualunque soggetto interessato, il possesso di un’altra cittadinanza.

L’art. 2 della legge sopra citata prevede un altro modo di acquisto della cittadinanza italiana: il riconoscimento o la dichiarazione giudiziale della filiazione (da parte del padre o della madre che siano cittadini italiani) durante la minore età del figlio. Nel caso in cui tale riconoscimento o dichiarazione avvenga durante la maggiore età del figlio, invece, quest’ultimo può conservare la propria cittadinanza oppure eleggere quella determinata dalla filiazione con un’apposita dichiarazione da rendere entro dodici mesi dal riconoscimento o dalla dichiarazione giudiziale della filiazione, o dalla dichiarazione di efficacia in Italia del provvedimento straniero nel caso in cui l’accertamento della filiazione sia avvenuto all’estero.

 

Le persone straniere o apolidi che hanno un’origine italiana, cioè un discendente fino al secondo grado che sia un cittadino italiano per nascita, possono acquisire la cittadinanza italiana a condizione che facciano un’espressa dichiarazione di volontà e posseggano almeno uno dei seguenti requisiti:

 

  • prestazione di effettivo servizio militare per lo Stato italiano e dichiarazione preventiva di voler acquistare la cittadinanza italiana;
  • esercizio di pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero, e dichiarazione di voler acquistare la cittadinanza italiana.

 

“Il buon cittadino è quello che non può tollerare nella sua patria un potere che pretende d’essere superiore alle leggi.” – Cicerone

 

Un’altra modalità di acquisto della cittadinanza italiana è quella riguardante lo straniero nato in Italia che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino alla maggiore età, nel caso in cui dichiari di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data. Possono chiedere la cittadinanza italiana anche gli stranieri che risiedono in Italia da almeno 10 anni e dimostrino di avere redditi sufficienti al sostentamento, di non avere precedenti penali, di non essere in possesso di motivi ostativi per la sicurezza della Repubblica.

 

Ai sensi dell’art. 5 l. 91/1992, il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana quando risiede legalmente da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e se non sussiste separazione legale.

 

I requisiti per l’acquisto di cittadinanza per matrimonio sono stati modificati dal cosiddetto Pacchetto Sicurezza (l. 94/2009). La legge del 2009 ha raddoppiato la durata minima di residenza necessaria all’acquisto della cittadinanza da parte del coniuge straniero residente in Italia in caso di matrimonio con prole (dai sei mesi a un anno) e l’ha quadruplicata nel caso di matrimonio senza prole (da sei mesi a due anni). Invece, nel caso in cui il coniuge di un cittadino italiano risieda all’estero, la durata minima del matrimonio senza prole rimane pari a 3 anni e subisce un dimezzamento in caso di matrimonio con prole (da 3 anni a 18 mesi).

 

Vantaggi e svantaggi della doppia cittadinanza.

 

Abbiamo visto come si acquisisce la cittadinanza jure sanguinis (anche doppiamente), ma in alcuni casi è possibile ottenere la cittadinanza del Paese in cui si emigra mantenendo anche quella italiana. Vengono ambedue relegate all’ipotesi della cosiddetta doppia cittadinanza. La legge italiana 91/1992, infatti, consente di essere cittadini di più Stati. Tale assunto vale sia per i cittadini italiani che si trasferiscono all’estero in modo stabile e desiderano ottenere anche la cittadinanza del Paese in cui vivono, sia per coloro che giungono in Italia e decidono di viverci senza rinunciare a essere cittadini del loro Paese di origine.

 

I cittadini italiani divenuti cittadini di Paesi esteri perdono la cittadinanza italiana solo per espressa rinuncia, che può essere volontaria o imposta dalla legge del Paese estero del quale intendono acquisire la cittadinanza. Ottenere la doppia cittadinanza è un processo complicato e non è sempre possibile.

 

Ci sono Stati in cui, ad oggi, non è possibile avere una reciprocità con l’Italia in merito alla cittadinanza e, sorprendentemente, ci sono nomi alquanto inaspettati, come Spagna, Irlanda, Islanda e Norvegia. Ci si potrebbe stupire anche di incontrare realtà come Bielorussia, Bosnia Erzegovina, Estonia, Georgia, Kazakistan e Ucraina o alcuni stati come l’India, il Giappone e la Cina, che non la ammettono. Sono queste le ipotesi nelle quali in caso di ottenimento di una nuova cittadinanza estera si perde la cittadinanza del Paese di origine. Ed è qui che si innesca una lotta personale che mette molti davanti all’obbligo di scegliere da che parte stare, pur avendo il privilegio di essere nato con due nazionalità diverse.

 

 

“La sicurezza del potere si fonda sull’insicurezza dei cittadini.” – Leonardo Sciascia

 

La normativa varia da Stato a Stato e può anche dipendere da accordi internazionali tra i Paesi. Alcuni consentono di avere la doppia cittadinanza solo quando la seconda derivi da matrimonio, altri prevedono la perdita automatica della cittadinanza nel caso in cui la persona acquisti quella di un altro Stato. In Italia, per esempio, è il caso di tanti giovani cinesi, costretti a scegliere e che si ritrovano il più delle volte a rinunciare proprio a quella italiana, pur avendone diritto, perché il Governo cinese non permette la doppia cittadinanza e, acquisendo quella italiana si perde automaticamente quella cinese. E’ un caso particolarmente interessante per le motivazioni che portano a questa scelta, vuoi perché c’è un problema di mancata integrazione, vuoi per non sentirsi stranieri nel proprio paese di origine o, semplicemente, per motivazioni economiche poiché i loro investimenti in Cina potrebbero venire fortemente compromessi dalle leggi cinesi. Altri Paesi ancora riconoscono la doppia cittadinanza, ma con dei limiti all’esercizio di alcuni diritti, come quello di voto.

 

 

Sicuramente uno dei principali vantaggi della doppia cittadinanza è la possibilità di vivere e lavorare liberamente nei due Paesi di appartenenza senza un permesso di lavoro o un visto, quindi con relativa facilità e che può essere particolarmente importante se si dispone di una famiglia da visitare, o di un’attività commerciale in entrambi i paesi o, ancora,  se si è uno studente. Inoltre questo status consente di votare in entrambi i Paesi, di avere accesso a due sistemi di servizi sociali, e di frequentare le scuole con lo stesso tasso di istruzione dei cittadini. Un altro vantaggio della doppia cittadinanza è la possibilità di possedere proprietà in entrambi i paesi e questo potrebbe essere particolarmente utile poiché la proprietà può offrire un modo più economico per vivere in due posti.

 

Ovviamente non è tutto oro quello che luccica! Come dual citizen si è vincolati dalle leggi di entrambi i paesi. Innanzitutto si può essere passibili di doppia tassazione poiché alcuni Stati  impongono imposte sui suoi cittadini per i redditi guadagnati ovunque nel mondo. In altri casi può essere revocata la cittadinanza in determinate circostanze particolari, come, per esempio, se si è un cittadino italiano e di un paese con un servizio militare/civile obbligatorio (come per esempio la Nigeria).  Potresti non avere la possibilità di fare una carriera militare o presso organizzazioni di sicurezza nazionale.

 

“Il primo principio di tutti i cittadini deve essere l’obbedienza alle leggi e ai costumi del proprio paese, e in tutte le altre cose comportarsi secondo le opinioni più moderate e più lontane dall’eccesso.” – Cartesio –

 

 

Dunque, la doppia cittadinanza per una persona Mixed, è un privilegio o un diritto? Cosa succede quando un paese non consente la doppia cittadinanza in questi casi?

 

Chiedere ad una persona Mixed, appartenente a due nazionalità diverse, di scegliere una cittadinanza è paragonabile a chiederle di abbandonare un genitore. Come persone che hanno dovuto sopportare l’effetto di queste leggi e ne hanno subito le conseguenze, ci siamo proposti di approfondire la materia e cercare di capire perché questa resistenza all’allentamento delle restrizioni esista.

 

 

Sicuramente alcuni continenti, come Africa e Asia, hanno una pesante esperienza con la guerra e la colonizzazione, oltre che una forte tendenza nazionalistica verso la mono-culturalità. Poi, vi è una paura latente nella lealtà degli individui:  alcuni Stati temono che gli immigrati (includiamo qui anche coloro che vivono altrove ma che, per sangue, abbiano il privilegio/diritto di far parte della nazione) possano utilizzare la Nazione come un “trampolino” per migliori opportunità all’estero e in particolare utilizzare la loro cittadinanza secondaria per sfuggire all’arruolamento nel servizio nazionale. Una delle domande più controverse è proprio quella di porre alle persone duali (con doppia cittadinanza), quale paese sceglierebbero di difendere in caso di guerra. Ma rifiutare il diritto delle persone a godere del proprio diritto duale, su questa base così fragile, significa non tenere conto del desiderio intimo di connetterci e contribuire alle nostre radici  e di non provare un senso di perdita del legame che ci appartiene sin dalla nascita. Significa non porre l’attenzione sul risentimento che inevitabilmente quest’atteggiamento causa in chi, sentendosi parte di più identità culturali, si trova costretto a scegliere l’uno o l’altro. Questo approccio di chiusura, significa, anche, non tenere conto dei vantaggi dei cittadini multinazionali e cioè quello di rafforzare i legami tra i paesi e sostenere il multiculturalismo.

 

I Mixed di diversa estrazione affrontano, quotidianamente, discriminazioni, problemi di identità e stereotipi razziali. Trovarsi in una situazione di dover rinnegare/rinunciare/togliere una parte della propria identità, semplicemente perché non accettati, è un aspetto umano che riesce a destabilizzare anche la personalità più equilibrata. Ecco che bisognerebbe rifarsi al concetto di Whakapapa, dove vi è apertura verso tutta la propria discendenza, dove non vi è l’etichetta del “metà questo” o “quarto quello”. Whakapapa è semplicemente Whakapapa, chiaro e semplice. Punto.

 

Se tutte le nazioni  capissero il vero senso e valore di  Whakapapa, forse, la doppia cittadinanza non sarebbe illegale e il mondo sarebbe più disposto a concedere alle persone multietniche più di una cittadinanza. In quel mondo perfetto, vorremmo che i nostri figli e le generazioni future vivessero, respirassero e condividessero le stesse culture, lingue e ambienti che abbiamo vissuto noi. Quando una persona Mixed celebra una delle sue culture, la sua partecipazione non è proporzionata alla percentuale del suo sangue, ma impegna tutto il suo essere. Come minimo, dovrebbero avere il diritto di vivere, lavorare e relazionarsi nei paesi da cui provengono i loro genitori, nonni e maxi famiglie.  Per sentirsi visti, ascoltati e convalidati per quello che sono e non disprezzati per essere originari di un altro paese o nati altrove.

 

 

Métissage Sangue Misto Team

 

 

Bibliografia
  • Conforti, Diritto internazionale, Editoriale scientifica, XI edizione
  • Marella, D. Coarreau, Giuffrè, 2018
  • https://www.interno.gov.it

 

 

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