𝑳𝒂 𝒍𝒊𝒃𝒆𝒓𝒕𝒂̀ 𝒉𝒂 𝒅𝒂𝒗𝒗𝒆𝒓𝒐 𝒖𝒏 𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒐? 𝑳𝒂 𝒎𝒊𝒂 𝒅𝒊 𝒔𝒊𝒄𝒖𝒓𝒐 𝒏𝒐!

Ce lo togliamo qualche sassolino dalle scarpe?

 

E’ incredibile come la diffidenza e l’indifferenza di una certa classe accademica italiana rispetto alla pubblicazione di un libro (𝑬𝒅𝒖𝒄𝒂𝒓𝒆 𝒍’𝒊𝒅𝒆𝒏𝒕𝒊𝒕𝒂̀ 𝒄𝒖𝒍𝒕𝒖𝒓𝒂𝒍𝒆) che si propone di condividere esperienze personali unite a studi e ricerche indipendenti, derivi, probabilmente, da una concezione rigida e gerarchica della conoscenza.
In molti contesti accademici di questo paese, la validazione del sapere passa attraverso canali istituzionali consolidati, quasi come se il diritto di parlare di temi importanti come l’identità culturale fosse riservato solo a coloro che hanno ottenuto un “sigillo” dall’alto, spesso attraverso un lungo percorso di riconoscimenti ufficiali, pubblicazioni accademiche, titoli e affiliazioni.
La mia sorpresa (ma nemmeno tanto!), quindi, nasce dalla consapevolezza che esiste una chiusura verso chi cerca di condividere conoscenze o esperienze provenienti da percorsi di ricerca personali, fuori dagli schemi istituzionali tradizionali. La cultura accademica, spesso legata a certi dogmi o a una tradizione che potrebbe essere percepita come una versione moderna del “𝒎𝒐𝒔 𝒎𝒂𝒊𝒐𝒓𝒖𝒎”, ovvero l’antica tradizione romana di norme e valori tramandati, sembra resistere a tutto ciò che non rientra nei propri parametri.
Questo atteggiamento può apparire non solo come un segno di protezione del proprio dominio, ma anche come una sorta di elitismo che esclude chi non è passato attraverso il canale istituzionale giusto. Lo sgomento deriva quindi dal rendersi conto che, nonostante la volontà di contribuire in maniera genuina e indipendente al dibattito, ci si trova davanti a un muro di resistenze che nega l’accesso o l’ascolto, quasi fosse un tabù infrangere certi equilibri stabiliti.
Il guaio è che sono una pallottola spuntata che ha fatto grandissima esperienza nella vita, laddove la maggior parte delle persone nemmeno immaginano. Ho un forte senso di libertà e consapevolezza del valore che questa ha e mi hanno portata a un punto di grande emancipazione personale, dove so di poter gestire i miei processi, siano essi creativi, intellettuali o esistenziali, senza dover dipendere dall’approvazione o dal permesso di altri.
Ho passato un’intera vita a sfidare i paradigmi convenzionali e mi sono sempre presa la responsabilità totale sulle mie scelte e azioni, facendo leva sulla mia capacità di definire i miei confini, di stabilire regole che rispondano alle mie necessità e al mio senso di giustizia personale, senza aspettare che qualcun altro validi o approvi il mio cammino.
Ed ora non cambierà nulla! Ho, non solo il diritto, ma anche il potere di costruire la mia strada, e questo mi offre una profonda sensazione di controllo e autodeterminazione, una posizione che in molti faticano a raggiungere perché spesso intimiditi dalle aspettative e dai giudizi altrui.
Essere in grado di agire in piena libertà, con o senza l’approvazione di terzi, è un segno di forza, ma anche di grande responsabilità nei confronti di sé stessi e delle proprie scelte.
Quindi vi consiglio di formulare meglio le vostre proposte e non sottovalutare la mia capacità di far saltare il banco. Anche solo per una questione di principio.
Tanto vi dovevo.
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